I dubbi che lascia il copione Alitalia

MicroMega

di Salvatore Bragantini – dal Corriere della Sera, 5 settembre 2008

Da tempo Alitalia- come la Rai- non è più un’impresa, e chi rifiuta di “svenderla” somiglia al nobile decaduto che, fra le macerie del palazzo avito, dica che non lo venderà mai. Per l’osservatore spassionato il conto del funerale- non si parli di salvataggio- è presto fatto. Come ha detto Francesco Giavazzi (Corriere 27 agosto), la nuova soluzione è peggio della precedente, che esisteva, e come! Non si può negare l’evidenza per sfuggire al confronto. Air France offriva 300 milioni per le azioni- contro zero della cordata Cai- e si dava carico dei debiti della società. Il piano Fenice, partito dopo che sindacati e nuova maggioranza avevano fatto fuggire Air France, prevede la liquidazione a carico dello Stato, stimata forse ottimisticamente da Giavazzi in un miliardo. Anche per quanto concerne concorrenza ed efficienza era meglio Air France, meno esposta dell’italocentrica Cai ai ricatti sindacali. L’unico punto a favore di questa sarebbe l’italianità, che l’armatore Aponte difende da Ginevra: logico che la UE sia all’attacco, magari dietro pressione dei concorrenti. Altri proteggono i loro campioni nazionali? Questo ci può aiutare a Bruxelles, ma ai nostri interessi dobbiamo pensare noi. Con tutti i nostri problemi, specie nell’attrarre investimenti esteri, una soluzione protezionistica ci nuocerà. La Svizzera, che certo cura bene i propri interessi, ha lasciato che Lufthansa raccogliesse i cocci di Swissair, senza chiamare a raccolta i capitali elvetici.
Ora il capo del governo, con bronzeo umorismo, invoca la mancanza di alternative, e i coscritti, resisi conto della situazione, hanno sfruttato la propria forza negoziale: ormai siamo noi contribuenti ad avere il revolver alla tempia. La colpa non è né di Intesa San Paolo- chiamata quando i danni erano stati già fatti, non poteva che uscire con una proposta come Fenice- né dei componenti la cordata, che fanno legittimamente il loro interesse. È chi ha scritto il copione ad avere pesanti responsabilità politiche.
Stupisce l’eccezionalità degli strumenti, adottati per una crisi da tempo annunciata: sono previsti oneri eccezionali a carico dello Stato, saranno sospese le norme Antitrust- cosa illegittima e non necessaria, dato l’imminente arrivo della TAV- e avremo una vendita a trattativa privata, che sa di combine. L’offerta di Cai, poi, non è nemmeno vincolante, e degli imprenditori seri (nella cordata ci sono) sanno che, se non altro per decenza, il Commissario deve poter cercare offerte alternative: non si dica, in una vicenda ultradecennale, che manca il tempo, Alitalia vola a debito da decenni! Non si farà avanti nessuno, ma almeno ci potremo meglio difendere in sede UE. Il decreto prevede poi che lo Stato risarcisca i piccoli (?) azionisti, ma chi è rimasto in Alitalia ha fatto una scommessa ad alto rischio. Perché lo Stato dovrebbe salvarlo, e a che valore? Piuttosto sia la Cai a dare un warrant, come nei casi Ambrosiano e Parmalat, a chi possa dimostrare una permanenza minima nel capitale.
Al punto in cui siamo, bisogna guardare i dettagli, che contano molto. Quasi nulla sappiamo dei patti parasociali, vero cuore dell’accordo, e fondamentali per giudicarne la sostanza. Ad esempio, forse andrebbero approfonditi i vari aspetti del rapporto con Air One, né sappiamo se ci siano accordi particolari per tenere indenni i soci di Cai dalla procedura UE sugli aiuti di Stato, o sull’uscita dall’investimento, che presumibilmente potrà avvenire con la vendita al partner estero, che pare sia Air France. Il fatto che questa sia disposta a tornare in pista conferma solo che era meglio, per lo Stato, la soluzione precedente. Infine, l’unanime richiesta dei soci della Cai sulla indispensabile presenza del partner straniero contraddice la generale soddisfazione per l’italianità. Se davvero solo la competenza e le connessioni dello straniero possono assicurare il successo dell’iniziativa, l’italianità non può che essere temporanea, ed allora era meglio sbrigare subito la pratica.
Ora, se ci fosse una logica negli eventi, il funerale toccherebbe alla Rai, l’altra “non azienda” politicizzata, ma a proteggerla dalle procedure concorsuali c’è nientemeno che Mediaset, l’impresa di casa. Non accadrà.

(10 settembre 2008)



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