I “mille volti” di un Gesù che non esclude. Un convegno per “fare memoria” di Giuseppe Barbaglio

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Un anno fa si spegneva improvvisamente a Roma uno dei più importanti biblisti italiani, Giuseppe Barbaglio. Stava lavorando al progetto di un nuovo libro, di cui è rimasto il titolo, alcuni appunti e una bibliografia, ordinata capitolo per capitolo. Si doveva intitolare "I mille volti di Gesù": "Mille, appunto, non uno soltanto come vorrebbe una vecchia lettura cattolica dei testi", scrive sul Manifesto (30/3) Filippo Gentiloni. In che senso Barbaglio – che aveva portato a fondo una ricerca puntuale su Gesù ‘Ebreo di Galilea’, e poi su Paolo Di Tarso, che di Gesù fu il primo e più importante interprete – si proponeva un’indagine sui "mille volti di Gesù"? "Pensava che fossero di molteplice significato e intrepretazione i gesti e le parole raccolti nei vangeli sinottici, negli Atti degli apostoli, nei testi discussi ma non ammessi nel canone"?, si è chiesta sulle colonne del Manifesto (27/3) Rossana Rossanda; oppure che i mille volti non fossero di colui "che per i cristiani è il figlio di Dio, ma di coloro che in Occidente, nei duemila anni seguiti, si sono veduti in lui", "teologi, filosofi, esegeti e gente semplice, che sullo scandalo della Croce hanno rifratto idee, dubbi, bisogni, speranze, angosce"? In ogni caso, sottolinea la Rossanda, quello di Barbaglio sarebbe stato uno studio assai lontano dal Gesù "giovane biondo e un po’ melenso appeso ai muri delle sagrestie della chiesa devozionale", ma anche da "quello tranquillo ed edificante" descritto nel libro di Ratzinger. Il volume cui Barbaglio stava lavorando – purtroppo – non vedrà mai la luce. Ma per dare voce e continuità alla sua idea, per provare a riprendere il filo della sua ricerca interrotta, teologi e amici (tra questi Alfio Filippi, Yann Redalié, Romano Penna, Stefano Levi della Torre, Jean Noel Aletti, Gabriella Caramore, Severino Dianich, Ernesto Borghi, Giancarlo Martini, Antonio Guagliumi, Carla Busato, Rossana Rossanda, Mario Tronti, Raniero La Valle e Claude Geffré) si sono ritrovati per discutere sui "mille volti di Gesù". Il fatto che il convegno si sia svolto presso la Facoltà Valdese a Roma ("Barbaglio è stato un amico e un collaboratore della nostra Facoltà – ha ricordato Redalié -, un uomo solare e vicino alla gente"), la dice lunga sulla ricezione ed accoglienza del lavoro storico-critico di Barbaglio da parte degli ambienti cattolici istituzionali. Ma se Oltretevere l’opera del grande biblista (vicino tra l’altro alle Comunità Cristiane di Base) è stata sempre vista con diffidenza, la presenza di oltre 500 persone alla giornata di apertura dei lavori testimonia invece come, tra i credenti e tra coloro che sono in ricerca, il lavoro di Barbaglio continui a rappresentare un fondamentale punto di riferimento.

Un cristianesimo policentrico
"Un convegno non per celebrare, ma per fare memoria e perché si possa continuare a pensare in libertà, come ha sempre fatto Giuseppe", ha sottolineato aprendo i lavori la moglie di Barbaglio, Carla Busato. I "mille volti di Gesù", ha aggiunto, traducono l’idea di Barbaglio secondo cui "va sempre ripensato come declinare il Vangelo a seconda delle diverse situazioni storiche e sociali". Un pensiero condiviso da mons. Romano Penna, uno dei maggiori studiosi delle origini cristiane e docente emerito alla Pontificia Università Lateranense, che, riflettendo sull’ultima opera di Barbaglio (Gesù di Nazaret e Paolo di Tarso. Confronto storico, Dehoniane, 2006), ha sottolineato come il cristianesimo del primo secolo fosse "policentrico": ci fossero cioè, oltre l’annuncio e l’ermeneutica paolina, "numerose comunità cristiane che davano di Gesù e del cristianesimo diverse interpretazioni, prima che, con l’imperatore Costantino, si realizzasse una sorta di reductio ad unum, sia dal punto di vista dottrinale che dell’istituzione". Sono questi, secondo Penna, "più che i mille volti, i mille ritratti di Gesù, il quale ha un solo volto che però può essere rappresentato in molti modi. Ed è meglio così – aggiunge –, perché non venga racchiuso unicamente nella nostra idea".
Le relazioni si sono articolate attorno a quattro temi, corrispondenti ad altrettanti aspetti dell’ultima ricerca intrapresa da Barbaglio. Innanzitutto, "I molti volti di Gesù e la ricerca biblica", l’aspetto forse più specialistico del convegno (curato dai biblisti Yann Redalié, Romano Penna, Stefano Levi della Torre e Jean Noel Aletti). Poi "I molti volti di Gesù nella varietà dell’esperienza cristiana" (con gli interventi di Gabriella Caramore, Severino Dianich, Ernesto Borghi, Giancarlo Martini e Antonio Guagliumi) e "I molti volti di Gesù oltre le Chiese", tema che ha evidenziato l’impegno di Barbaglio come studioso della Bibbia nel dialogo con le altre religioni e con i non credenti. Significativa, in questo senso, la presenza a questa parte dei lavori di Rossana Rossanda e del filosofo Mario Tronti, che hanno conosciuto Barbaglio durante i periodici incontri nell’eremo camaldolese di Montegiove, sopra Fano.

In questo mondo o di questo mondo?
Tronti, alla fine del suo intervento, spiegando le ragioni del suo intenso rapporto intellettuale ed umano con Barbaglio, ha detto: "Intuivo che con lui c’era una consonanza di fondo". "Alla domanda che ritengo radicale per l’esistenza, se cioè in questo tipo di mondo ciascuno di noi si sente a proprio agio oppure no, se si adatta o si contrappone all’esistente, sapevo che – pur provenendo da storie e culture diverse – entrambi avevamo risposto allo stesso modo": "Lui era un cristiano perché questo mondo non lo accettava. E io ero comunista per lo stesso motivo". Del resto, ha spiegato Tronti, "l’irruzione di Gesù nel mondo spezza la continuità storica, ne rappresenta la discontinuità, la frattura". Allo stesso modo, il messaggio del Nuovo Testamento è l’annuncio di un "antimondo, di un’antistoria", della possibilità di una radicale trasformazione. Tronti ha richiamato invece l’immagine attuale di Gesù, considerato "maestro di morale" e non "rivoluzionario", perché "oggi rivoluzionario è un concetto indicibile". Questa, ha affermato il filosofo, "è la prova della riduzione del cristianesimo a etica". Gesù è il simbolo della protesta contro il mondo, "mentre oggi vedo un appagamento per il mondo così com’è. Per me è uno dei modi per indebolire l’annuncio di Cristo".

Il paradosso dell’incarnazione
Il convegno si è chiuso, la mattina del 30 marzo, con l’intervento di Claude Geffreé, teologo del pluralismo religioso, sui "molti volti della fede". Geffrè ha cercato nella sua relazione (intitolata "Il paradosso dell’incarnazione di fronte al pluralismo delle religioni"), di evidenziare la possibilità di un dialogo interreligioso che, lungi dal rimuovere la "spinosa" questione dell’incarnazione, fa al contrario dell’incarnazione la condizione stessa della possibilità del riconoscimento di quei "semi di verità e bontà" che il documento conciliare Nostra aetate afferma essere presenti nelle altre confessioni religiose. Perché è vero che "Gesù si rivela a noi come la figura dell’amore assoluto di Dio. Ma Dio non può manifestarsi agli uomini che in termini non divini, cioè nell’umanità di un uomo particolare. Noi confessiamo che la pienezza di Dio abita in Ges&ugrave
;. Ma questa identificazione ci rinvia al mistero stesso di Dio che sfugge ad ogni identificazione", dice Geffré. Insistendo sul paradosso stesso dell’incarnazione, cioè l’unione dell’assolutamente universale e dell’assolutamente concreto, si è in grado di de-assolutizzare il cristianesimo, di intenderlo non come una religione esclusiva di tutte la altre, ma piuttosto come religione storica, e di verificare il suo carattere dialogale. Per questo, dice Geffré, "il compito di una teologia delle religioni non sta nell’edulcorare lo scandalo dell’incarnazione con il pretesto di rendere più facile il dialogo interreligioso". In questo senso, il teologo francese riesce a salvare anche la Dominus Iesus: la dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede non va per lui considerata "un arresto imposto alle ricerche più promettenti della teologia cattolica delle religioni", ma "un avvertimento molto serio indirizzato ad alcuni teologi che, per favorire il dialogo inter-eligioso, sono tentati di porre in discussione l’unicità salvifica di Cristo": proprio ciò che invece "permette di rispettare il valore irriducibile delle altre tradizioni religiose".
da www.adistaonline.it

(8 aprile 2008)



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