I pazzi e i ciechi
Angelo d’Orsi
“È la piaga dei tempi quando i pazzi guidano i ciechi”. la citazione è assai nota (dall’Atto IV del “Re Lear” di Shakespeare, e sono parole messe in bocca al povero conte di Gloucester), persino abusata, e mi scuso, ma oggi più che mai utile a descrivere la situazione in cui ci troviamo. Nel Rapporto Censis diffuso due giorni or sono, emerge un quadro impressionante della situazione generata, si dice, dalla pandemia, ma forse dovremmo aggiungere: “e dalle politiche dei governanti, nazionali e locali”: sono loro i pazzi, nelle cui mani abbiamo lasciato le nostre vite, troppo spaventati per negar loro la fiducia (“agiscono per il nostro bene…”), troppo frastornati per avere piena coscienza della situazione reale, troppo disorientati per il susseguirsi e il sovrapporsi di notizie contraddittorie e incomplete, per reagire, per riprendere almeno un poco in mano il nostro destino.
Loro i pazzi, noi i ciechi; una cecità che non è solo quella che nasce appunto dalla paura dell’ignoto (e qui il pensiero corre allo straordinario romanzo “Cecità” di Saramago, che già mi è capitato recentemente di citare), ma è anche frutto di un atteggiamento rinunciatario, di base, pronto a “lasciar fare” ai governanti, appunto. A costo di apparire il solito pedante professore, voglio richiamare un altro autore, Benjamin Constant (e stavolta andiamo nel secolo XIX, per l’esattezza 1819) il quale, pur liberale orgoglioso che polemizzava contro l’ingerenza dello Stato nella vita degli individui, concludeva il suo discorso invitando a non rinunciare a occuparsi della vita pubblica, a “non fare ai nostri governanti questo favore”. E invece lo abbiamo proprio fatto, questo favore. Per di più a una banda di incompetenti, spesso disonesti, cialtroni. Possibile che qualche frammento di verità ci debba giungere da un programma tv, che è riuscito finora a sottrarsi alla manipolazione e al controllo? (Alludo a “Report”, su RaiTre). Possibile che ministri (Speranza, tanto per fare un nome) e sedicenti governatori (Fontana, tanto per fare un nome) coinvolti in losche vicende, siedano tuttora tranquillamente sui loro scranni? Possibile che alcune parole di buon senso debbano venire dalla destra (al netto ovviamente delle infami speculazioni di personaggi miserabili, che le sorreggono), mentre PD, LEU e M5S sono immersi nel brago, ripetendo tutti i loro esponenti frasi preconfezionate, che poi il sedicente “capo del governo” si incarica di dettare, con i modi perfettamente democristiani che lo caratterizzano, nelle conferenze stampa?
Nel rapporto Censis mi ha colpito non solo ciò che all’ingrosso sapevo – la catastrofe socioeconomica in cui il Paese sta precipitando, i cui effetti si vedranno soltanto nell’arco di qualche anno – ma la risposta di circa l’80% dei nostri concittadini intervistati sulle misure approntate dalle autorità per contrastare la diffusione del virus, i quali chiedono misure “più severe” verso coloro che non rispettano tali misure.
Questo mi ha provocato un senso di angoscia e di ripulsa. È vero, intorno a me, sento ogni giorno dire: certo “la gente” non rispetta le norme, ecco perché si va male… Questo che cosa significa? A mio parere semplicemente che la narrazione governativa è transitata dentro i nostri cervelli, e ne siamo diventati portatori, spesso inconsapevoli, esattamente come accade ai contagiati “asintomatici”. Ci siamo lasciati persuadere, non con dati precisi, con informazioni esatte, con indicazioni univoche e chiare: no, ci siamo abbandonati, come i bimbi tra le braccia della mamma, fiduciosi di essere protetti. Certo, il compito di esser vigili, lo ammetto, è sempre più difficile: paradossalmente, nell’era della comunicazione digitale onnipresente e onnisciente, siamo a corto di verità; ossia all’eccesso di comunicazione corrisponde un deficit di informazione. E questo nella vicenda che stiamo drammaticamente vivendo è tanto più evidente. Si aggiunga il ruolo davvero infame dei media e in particolare della TV che ha trasformato esperti e sedicenti esperti (come possiamo distinguere gli uni dagli altri?) in “personaggi”. Dunque quelli che “bucano lo schermo”, ossia coloro che risultano più efficaci sul piano della comunicazione sono stati premiati, con “passaggi” pressoché quotidiani sugli schermi delle varie emittenti, pubbliche e private, ed è stata loro concessa facoltà di parola, anche quando si sono contraddetti a distanza di giorni, o addirittura di ore. Qualcuno di loro sta già costruendo una nuova carriera, forte del successo televisivo. Ma la cittadinanza, trasformata in “audience” quanto beneficio ne ha ricevuto? Come facciamo a difenderci dal bombardamento di false notizie di questa “guerra”, come viene chiamata fin dallo scorso marzo, e come guerra richiede provvedimenti “eccezionali”, misure “eccezionali”, piani sanitari “eccezionali”, e via seguitando sulla strada melmosa e sdrucciolevole dell’eccezionalismo.
Non appartengo al novero di coloro che hanno creduto o comunque ripetuto che il virus è una invenzione, o che i dispositivi di protezione (leggi mascherine, innanzi tutto), siano inutili, o che hanno pensato, neppure per un attimo, che la Covid 19 fosse poco più di una influenza (alla Trump o Bolsonaro). Ma trovo inaccettabile il ricorso a un lemma pericoloso e ambiguo come “negazionismo” usato non soltanto a fini di delegittimazione di chi prova ad esprimere dei dubbi, non sul virus, ma sulle politiche sanitarie gestite dal ministero, dagli assessorati regionali, dalle giunte comunali, dai sindaci di singoli comuni: una babele politica frutto della sciagurata “devolution” imposta dai leghisti prima maniera e accettata dal PD. L’inefficienza del sistema è sotto i nostri occhi. E lo dico con dolore, pensando agli amici che ho perduto, a quelli tuttora ricoverati in gravi condizioni, o tormentato dall’ansia che la malattia possa colpire persone care. Ma non posso tacere davanti all’improntitudine con cui Giuseppe Conte, in coro con i suoi ministri, ripete “non dobbiamo abbassare la guardia se vogliamo ripetere una terza ondata”, alludendo, direttamente o indirettamente, alle “colpe” dei cittadini che si sono lasciati andare ad “assembramenti”. E le autocritiche dove sono? Perché il ministro della Sanità non ammette che nulla è stato fatto dal suo dicastero nei mesi estivi per prevenire una seconda ondata del virus, o almeno attrezzarsi a fronteggiarla? Quante sono le persone affette da grave patologie cardiache o oncologiche che non ricevono più le cure, dato che i reparti specifici sono stati chiusi o trasformati in reparti-Covid? Quanti morti dovremo conteggiare tra loro e a chi daremo la responsabilità? E la ministra dell’Istruzione, che ora finge di piagnucolare sulle scuole chiuse, perché non ha predisposto il piano scuole? E le Regioni? Perché non hanno preveduto un piano trasporti? E ancora: chi ci fornirà una volta per tutte dati certi sui malati e sui morti? Quanti di loro sono deceduti per la Covid? O “con la Covid”? ed è vero che le aziende ospedaliere ricevono un bonus monetario per ogni vittima da Covid?
E poi, perché come in primavera alla prima ondata ora in autunno con la seconda il governo mette su giganteschi apparati di “tecnici ed esperti” (di nomina governativa, in totale mancanza di trasparenza) per “gestire l’emergen
za”? E a che servono gli staff ministeriali? E dove è finito il super manager Colao che da Londra doveva salvare l’Italia, con un esercito di un migliaio di consulenti? E ora si ripete lo schema…
La seconda ondata non è arrivata per le colpe dei cittadini, ma per quelle dei governanti: le loro inadempienze, i loro ritardi, i loro errori… E intanto, un anno scolastico è praticamente perduto (le proteste di studenti insegnanti e famiglie non vengono neppure prese in considerazione), con danni gravi alla formazione della personalità degli adolescenti. E danni altrettanto gravi, come accertato dai servizi di monitoraggio delle ASL, si sono già prodotti nella psiche di centinaia di migliaia di italiani, a causa del timore del contagio, certo, ma soprattutto delle misure spesso assurde e terroristiche che dovrebbero prevenirlo.
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Insomma, a me pare davvero che siamo nelle mani dei pazzi. E noi abbiamo fatto finora, troppo spesso, adagiandoci nella comodità di essere guidati, la parte dei ciechi.
L’Atto IV della tragedia shakespeariana si conclude così: “Le notizie variano. È tempo di stare in guardia. Le forze del regno si avvicinano in fretta.” Risponde un personaggio: “È probabile che l’esito sia sanguinoso”.
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