I politici giubilanti
Raffaele Carcano
, segretario Uaar
Ancora una volta a Francesco è riuscito il miracolo: ha indetto un giubileo straordinario, e quasi tutti i mezzi di informazione hanno manifestato “sorpresa” per questa ennesima “rivoluzionaria” decisione. Ma Anni Santi straordinari hanno già avuto luogo nel 1983 (quando c’era da ripianare il crack del banco Ambrosiano), nel 1966 e nel 1933. Come dire: negli ultimi cento anni, anziché quattro, se ne sono avuti otto. Il giubileo straordinario pare ormai diventato routine.
Nella decisione di Bergoglio non manca nemmeno una sorta di continuità con l’ideatore dei giubilei, il famigerato Bonifacio VIII, il papa che volle rivendicare al papa la potestà diretta negli affari politici: il prossimo si chiuderà infatti il 20 novembre, in occasione della solennità teocratica di “Cristo Re dell’Universo”. Quella creata da Pio XI per combattere la “peste” del laicismo, negatore “dell’impero di Cristo su tutte le genti”.
Sottigliezze a cui nessuno bada. A cominciare dalle istituzioni italiane, che badano al sodo. Francesco non le aveva nemmeno consultate, e giustamente. Non c’è logica del fatto compiuto, quando puoi fare da solo. Ma farà da solo? O dà forse per scontato che non c’è nemmeno bisogno di chiedere, quando c’è una fila di politici pronti a concedere senza alcuna condizione? Viene da pensarlo, stando a certe reazioni. I due principali interessati, il primo ministro e il sindaco di Roma, si sono detti felici della notizia, e hanno entrambi assicurato che “Roma è pronta”. Tanto è pronta, che Ignazio Marino ha già chiesto al governo cento milioni. Ma già si parla di un miliardo. Il sottosegretario Angelo Rughetti ha azzardato che il Vaticano dovrebbe forse pagare una parte dei costi: ha fatto notizia perché è stato l’unico a parlarne.
Grandi eventi come il giubileo scatenano purtroppo diverse molle. Quella, per esempio, del narcisismo carrierista di chi li vede come trampolini di lancio: Rutelli, l’anno dopo l’Anno Santo del 2000, riuscì addirittura a candidarsi a premier. C’è poi chi pensa di sfruttarli per far affluire più risorse alla propria città, e poter quindi effettuare quei lavori che altrimenti non verranno mai portati a termine. Chissà perché, però, l’astuta operazione non va mai a buon fine: la linea C della metro romana, annunciata per il giubileo del 2000, non sarà completata nemmeno per quello del 2016, e chissà se ce la farà per il 2025.
C’è poi chi vuole guadagnarci, sui grandi eventi. Che ci riesca il settore pubblico è da escludere risolutamente: le grandi manifestazioni generano regolarmente giganteschi buchi nei bilanci, ovunque si svolgano (a cominciare dalle Olimpiadi, che hanno contribuito non poco al dissesto greco). E un giubileo è anche peggio, perché la maggioranza dei pellegrini non “ripaga” in alcun modo la città di Roma dei costi sostenuti. Viaggiano, mangiano e dormono in strutture embedded nel Vaticano.
Ma c’è chi giubila per gli affari che può fare, e che riesce a fare. Nonostante l’85% dei fondi fossero stati stanziati per opere non realizzate, l’Anno Santo del 2000 costò alle casse pubbliche italiane 3.500 miliardi di lire, disinvoltamente gestiti da Guido Bertolaso e Angelo Balducci. Anche “gentiluomo del papa”, quest’ultimo, almeno finché non è stato condannato per corruzione aggravata. Gli sono stati confiscati beni per tredici milioni di euro. Eh sì, ne girano veramente molti, di soldi, intorno ai grandi eventi e alle grandi opere.
È dell’altro ieri la notizia dell’arresto di Ettore Incalza, altro super-dirigente dei lavori pubblici. Arrestato anche il direttore dei lavori della metro C (si preannuncia un rinvio al 2050) nonché Francesco Cavallo, presidente del CdA di Centostazioni ma, soprattutto, uomo a libro paga della cooperativa ciellina “La Cascina”.
Una coop entrata pressoché in tutti gli scandali, dai tempi dello squalo Sbardella fino a Mafia Capitale.
Eppure continua a essere affidataria di appalti pubblici come se ne niente fosse. Tanto chi glieli assegna, come il ministro Maurizio Lupi, fa parte della stessa conventincola.
I grandi eventi sono un autentico bagno di sangue economico. I giubilei sono anche peggio, perché chi dovrebbe difendere esclusivamente le esigenze della popolazione ha, come dire, i piedi in due scarpe. Il nostro Stato è povero, a differenza della Chiesa cattolica che è patrimonialmente ricchissima. Anche per rispetto ai cittadini che dovranno subire i disagi di un evento che non li riguarda, non è giusto che diventi ancora più ricca. E lo Stato ancora più povero.
(19 marzo 2015)
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