I tre giorni che sconvolsero il Pd
di Furio Colombo
PRIMO GIORNO: 19 GENNAIO 2009
Il mitico CSM, che la ormai svilita e ammutolita società civile ha tante volte difeso contro l’assedio tenace dei legali, degli editorialisti e delle televisioni di Berlusconi, un giorno di gennaio 2009, che è già iscritto nella sottostoria italiana, è spontaneamente uscito dal bunker della difesa dei magistrati con le mani alzate.
Il gesto si è notato a causa della statura e della autorevole visibilità del vice-presidente del Csm Mancino. Ecco la motivazione della resa.
I magistrati di Salerno che stavano indagando sul clamoroso sabotaggio e mobbing organizzato da procura e procura generale di Catanzaro contro il magistrato (ormai trasferito a Napoli) De Magistris, sono stati duramente puniti. La ragione è avere preso l’iniziativa (ascoltare, come magistratura di competenza, la denuncia De Magistris) e di indagare sul possibile attacco dei colleghi a un magistrato che stava investigando illustri politici.
Questo voleva dire “acquisire atti” ovvero, se negati, sequestrarli.
Non a Catanzaro. A Catanzaro i giudici sotto accusa hanno la trovata geniale di sequestrare ai colleghi di Salerno gli atti appena sequestrati a loro stessi.
Dal Quirinale si “chiedono le carte” invece di chiarimenti. (E’ la prima volta nella storia della Repubblica). E i giornali, invece di constatare che, per qualche ragione, i magistrati di Catanzaro sono intoccabili, parlano di ”rissa fra giudici”.
La storica cerimonia di resa del CSM al potere politico comprende la cacciata del procuratore capo di Salerno Apicella, con vergogna e denigrazione. Per avere indagato su ciò che non va indigato e avere prestato attenzione a un reietto come il giudice De Magistris, il procuratore capo di Salerno ha perduto il posto e lo stipendio, qualcosa che non è mai accaduto neppure a giudici in odore di Mafia.
Ognuno di coloro che hanno partecipato alla indagine ha avuto la sua punizione, in proporzione al ruolo: quanto più efficace, attivo, tempestivo, tanto più dura la misura disciplinare. Tutti i giudici della procura di Salerno, anche i non coinvolti, hanno detto e scritto la loro totale solidarietà al procuratore capo di Salerno.
Ma ciò non ha impedito al vice-presidente del CSM, ex centro di difesa dei giudici dalla intrusione del potere politico, di esclamare “Giustizia è fatta”, come dopo il processo di Verona.
Quanto alla banda dei legali di Berlusconi e di altri intoccabili, avvranno potuto annotare quel giorno:
“CARO DIARIO, FINALMENTE CI SIAMO LIBERATI DEL CSM. D’ORA IN POI LA LEZIONE E’ CHIARA: CHI DEVE TACERE, TACE".
SECONDO GIORNO: 20 GENNAIO 2009
La storia che sto per raccontare segna il momento del cambiamento. Per la prima volta il Partito Democratico, votato da più di un terzo degli italiani per essere il maggior partito di opposizione, erede dell’Ulivo, della sinistra, di tutta la parte cattolica che si è sempre opposta a Berlusconi, annuncia di votare insieme con il Popolo della Libertà e con la Lega Nord.
Alcuni di noi, come sanno i lettori di questo blog, hanno sempre temuto questo momento. Però neppure i più pessimisti, i più sfiduciati verso l’incomprensibile e autistico percorso del Partito Democratico, avrebbero immaginato che il primo voto “insieme”, in cui praticamente si scioglie l’identità morale e politica di un partito di opposizione nell’Italia di oggi, sarebbe avvenuto nel punto peggiore del guado: sostenere, su esortazione di D’Alema e con il sostegno di deputati (dei loro voti) mandati alla Camera dal popolo della sinistra e della opposizione, la ratifica di un “trattato di amicizia” con la Libia.
E’ importante chiarire che questo trattato è molto peggiore di quello che sembra. Non è un trattato di amicizia. E‘ un patto militare che non ha precedenti. Infatti un paese democratico come l’Italia, integrato nella Nato, membro fondatore della Unione Europea e legato da una rete di legami profondi con gli altri paesi democratici ha deciso, con i voti del 20 e 21 gennaio, di diventare partner militare della dittatura libica.
Questo vuol dire fino allo scambio di “informazioni militari” (cioè segreti), di integrazione delle forze armate (unità miste terrestri e navali daranno la caccia ai dannati della terra che sopravvivono al deserto e tentano la traversata del mare).
Questo vuol dire che società italiane, che il Trattato lascia misteriose e anonime, sorveglieranno elettronicamente i confini Libia–Ciad. Senza prendere in considerazione il grave problema politico fra Libia e Unione Africana e fra Libia e Francia, tuttora pendente di fronte alle Nazione Unite.
Questo vuole dire che l’Italia, con il pretesto di risarcire “danni di guerra” del 1911, verserà ogni anno, per vent’anni, a partire da subito, 20 milioni di dollari ogni anno, nel pieno della peggiore crisi economica del mondo contemporaneo.
Massimo D’Alema è stata la sola voce che ha interpretato il Trattato e ha guidato, o piuttosto ordinato, il “sì” del PD alla legge che vìola Costituzione, Carta dei Diritti dell’Uomo e Carta dell’Onu. Ma attenzione, in cambio accoglie e sostiene il furore anti-immigrati della Lega Nord (“Vadano a pisciare nelle loro moschee” aveva ammonito Borghezio).
Tutto il Pd ha taciuto e votato, come chiedeva D’Alema, tranne due soli ”NO”, mio e del deputato Sarubbi, e dell’intero pattuglia Radicale, e di venti astensioni. Per capire il caso si tenga conto che Udc e Italia dei Valori hanno votato no. Ma anche Giorgio La Malfa, Rocco Buttiglione e Antonio Martino.
IL PD, PER RAGIONE INSPIEGATE, E’ STATO DUNQUE IL SOLO PARTITO DI OPPOSIZIONE A VOTARE IL TRATTATO MILITARE CON GHEDDAFI CHE CAMBIA LA POLITICA ESTERA ITALIANA.
IL PDL RINGRAZIA. LA LEGA RINGRAZIA. GIUSTAMENTE CANTANO VITTORIA.
P.s. Leggo adesso un Ansa: “Visita lampo ieri a Tripoli di Massimo D’Alema durante la quale è stato insignito dell’ordine del Fatah come riconoscimento per gli sforzi compiuti mirati al consolidamento dell’amicizia e della cooperazione tra Italia e Libia”.
TERZO GIORNO: 22 GENNAIO
IL 22 GENNAIO IL PARTITO DEMOCRATICO, CON UN GENTILE VOTO DI ASTENSIONE, HA SMESSO DI OPPORSI ALLA FRANTUMAZIONE DELL’ITALIA. LO HA FATTO AL SENATO SUL FEDERALISMO FISCALE.
“FEDERALISMO FISCALE”: Nessun progetto politico è più generico e dunque più rischioso. Le due parole non significano nulla perché la seconda (fiscale) ha senso solo con una cifra accanto. E “federalismo” non descrive nulla perché l’Italia non è una federazione di diverse entità nazionali o etniche o politiche.
Al contrario, è un unico Stato-Nazione con una sola Costituzione. Ha un solo codice, un solo sistema giudiziario, un solo sistema scolastico, un solo sistema di polizia e di ordine pubblico. Tutto ciò si caratterizza per un decentramento di poteri locali in parte storico (i sindaci, che hanno compiti quasi solo amministrativi) e in parte previsti di leggi fondamentali ma realizzati solo di recente: sono le regioni, istituite con un ambito di autonomia prefissato dalla Costituzione e uno specifico esercizio di responsabilità solo sul sistema sanitario, sulla rete ospedaliera, i trasporti locali.
Dunque “Federalismo Fiscale”, come progetto politico, ha senso soltant
o in presenza di una nuova legge costituzionale che ridefinisca giuridicamente funzioni, responsabilità, limiti e costo della frantumazione della Nazione-Stato Italia. E con una nuova identificazione di soggetti (i Presidenti e le Assemblee), di codice (non esiste finora un codice regionale) e di competenze giudiziarie e di polizia, visto che fino ad ora tutto è regolato, sanzionato e deciso in ambito nazionale.
Infatti l’Italia è l’unico Paese del mondo per il quale la destra di governo prefigura una “federazione” attraverso la divisione di uno Stato unico, invece che la creazione di uno Stato unico attraverso la federazione di unità minori. E’ l’unico in cui non gli stati che si federano cedono alla entità più grande una parte del potere, ma è l’entità più grande, lo Stato italiano, che cede potere alle prima inesistenti entità minori. Dunque occorre, per discutere, esaminare e decidere, un progetto politico. Un progetto sorretto da specifiche strutture giuridiche e organizzative, e da una visione d’insieme. Ci federiamo perché non possiamo più vivere insieme o perché “federati” si vive meglio?
Tutto ciò è necessario per passare alla valutazione del “Quanto costa il Federalismo”. Solo allora possiamo parlare di “Federalismo Fiscale”.
Tutto ciò non è avvenuto. Non sappiamo quanto costa la frantumazione dell’Italia che la Lega Nord, il grande affare di Bossi, esige per rinunciare alla secessione della sua immaginaria Padania. Non sappiamo con quali leggi, quali codici e quali cambiamenti della Costituzione.
Ma quando si è trattato di votare in Senato questo concetto inutile perché vuoto, ma proprio perché vuoto, rischioso come un assegno senza la cifra, il PD, principale partito di opposizione, ha apposto la sua firma sul rischio, sul vuoto, sull’assegno senza firma con l’espediente amichevole della “astensione”. Vuol dire;
“NOI CI STIAMO. L’OPPOSIZIONE NON SI OPPONE”.
CONTINUANO DUNQUE I TRIONFI DELLA MAGGIORANZA, RESI POSSIBILI DAL MISTERIOSO PD.
GLI ELETTORI (O EX-ELETTORI DEL PD) HANNO SMESSO DI FARSI DOMANDE INUTILI. NON VOTANO.
PARTE 3 – FINE.
(28 gennaio 2009)
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