Il 25 aprile e quella “Maggioranza silenziosa” che disprezza la Costituzione

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Siamo alle soglie del 25 Aprile data storica, ma controversa. Paolo Pansa dice che vi furono partigiani che non combatterono per la libertà, ma per costruire una dittatura comunista. Una tesi di per se non completamente falsa, se non fosse, a mio avviso, per una valutazione poco obbiettiva delle dimensioni e per una analisi poco attenta alla realtà del cosiddetto comunismo italiano .
Poco obbiettiva nelle dimensioni perchè i partigiani comunisti ideologizzati e in sintonia con il marxismo-leninismo di stampo sovietico erano una sparuta minoranza, anche in ragione delle radici storico-culturali dell’Italia. Poco obbiettiva della storia perchè il comunismo italiano ha più i connotati di un anticlericalismo, diffuso storicamente in certe regioni dell’Italia fin dal tempo dei Guelfi e dei Ghibellini e poi su fino a Mazzini e Garibaldi e spesso, anche se inconsciamente, si rifà a radici cristiane eretiche che richiamano ai Dolciniani del nord italiano o ai movimenti Catari e Albigesi del sud dell’Europa in contrasto con la chiesa di Roma che li perseguitò ferocemente. Queste comunità cristiane avevano anche una regola comunitaria molto simile al comunismo.
Questo spiega anche il fervore ideale quasi “religioso” dei comunisti Italiani che non a caso in certe fasi vengono assimilati ai cattolici di sinistra definiti “cattocomunisti”. Pretestuoso quindi assimilare il comunismo italiano a quello sovietico e assimilare la visione della società che essi proponevano a quello di una dittatura dell’Est.
Altrettanto arduo e velleitario sarebbe riassumere in poche righe la storia dell’Italia dal dopoguerra ad oggi.
Vorrei tuttavia cercare qui non tanto di rielaborare le vicende attraverso le date e gli avvenimenti, ma più ancora attraverso il vissuto personale di cittadino che osserva la storia e la politica e che si è fatto delle opinioni attraverso i mille contatti quotidiani con la società e l’informazione senza la pretesa di una vera analisi storico-politica.
Già negli anni sessanta, da quando cioè io ebbi modo, per quanto giovanissimo, di osservare la società e gli avvenimenti che mi circondavano, ho avuto la sensazione che la preponderante retorica ufficiale legata alla resistenza e alla liberazione dell’Italia dal fascismo fosse mal tollerata da una parte consistente anche se minoritaria della società.
Frequentando famiglie borghesi, anche negli anni successivi constatai che al di la delle manifestazioni ufficiali una parte di quella società rimpiangeva in parte privilegi che datavano non solo dal ventennio fascista, ma erano presenti già prima di quel periodo . I concetti alti di uguaglianza dei cittadini, il valore dato al lavoro, spesso frainteso come valore dato alle classi meno abbienti, era mal digerito da una borghesia che si riteneva da sempre tenutaria di un potere reale e che vedeva nella nuova costituzione repubblicana una sovversione ai loro privilegi, quand’anche solo virtuali. Con gli anni 70 e l’esplosione delle piazze e dei movimenti di sinistra quella parte di società si sentì oppressa e piena di rancorosi sentimenti che si trasformarono sempre più in un forte desiderio di rivalsa sulla classe politica dominante e sulla sinistra del PCI visto come la causa di ogni male .
Perfino le aperture della DC di uomini come Aldo Moro portarono a reazioni al limite del colpo di stato. Ricordiamo il piano Solo del generale De Lorenzo all’indomani dei un vuoto di governo e al tentato golpe Borghese degli anni 70 .
Fu del 71 la nascita del movimento detto “Della maggioranza silenziosa” di Massimo De Carolis in pieno periodo in cui le piazze “rosse” erano sempre gremite di folle. Quella sedicente “maggioranza” formata da ex monarchici, uomini della destra democristiana e dell’estrema destra, clericali, anticomunisti viscerali, borghesi nostalgici, sembrava allora più un movimento folcloristico che non un vasto strato di popolazione conservatrice con una gran voglia di rivincita.
Fu un errore sottovalutarli perchè essi sono di fatto la società oggi dominante nel nostro paese. Furono essi i promotori e la linfa avvelenata che diede origine al Craxismo prima e al Berlusconismo poi, fu da quella esperienza e da quelle forze che nacque la P2 di Licio Gelli e il suo programma di Rinascita Democratica.
Mi bastò frequentare alcuni ambienti borghesi della “buona società” anni 70 per intuire quanto disprezzo vi fosse per i valori della costituzione, quanto fastidio per quei “cafoni” che in piazza pretendevano diritti e uguaglianza. “Troppa democrazia” si diceva, la democrazia era la causa di una società ribelle e incontrollabile che andava messa in riga.
Con un sotterraneo e costante lavoro ai fianchi delle istituzioni, piano piano, poco alla volta presero sempre più il potere e quando il loro nemico per antonomasia, il PCI, sotto l’urto dei cambiamenti epocali del 1989 iniziò a sfaldarsi videro finalmente aprirsi le porte all’agognata restaurazione di un’Italia prebellica e per certi aspetti perfino prefascista.
Ecco quindi tradursi in leggi quel progetto tanto anacronistico quanto propagandato per riformista, un ritorno alla “sacrosanta” disuguaglianza che vuole leggi capaci di dare certezza di pena ai reati comuni, ma lasciando fuori tutti i settori sociali appartenenti alle caste privilegiate: politici, grandi manager, e più in generale uomini di potere, non esclusa quella mafia dei colletti bianchi capaci di intraprendere senza lasciarsi alle spalle squallide e inopportune storie di massacri e aperte violenze. Ecco nascere leggi che frenano e imbavagliano o soggiogano l’informazione perchè bisogna “coprire”, “celare”, “sopire” e lasciare il popolo nell’ignoranza e nella beata convinzione che tutto vada per il meglio sempre e comunque, specialmente nei sacri palazzi del potere.
Quei “poteri forti” tanto evocati da magistrati coraggiosi come De Magistris o politici decisi a resistere come Di Pietro, altro non sono che il compimento, il materializzarsi di quella “Maggioranza silenziosa“ sempre esistita fin dal dopoguerra che ha visto nella vittoria della democrazia repubblicana e nella Costituzione non un valore da difendere, ma un impaccio, una catena che impediva loro di agire indisturbati secondo antichi schemi castali. La “libertà” di cui essi parlano e di cui si fregiano altro non è se non questa. La “Maggioranza silenziosa” ha trovato nel PDL la sua massima espressione uscita dall’ombra e dal silenzio.

Diego Fiore

(23 aprile 2009)



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