Il cardinal Bagnasco e il vero “scontro di civiltà”

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Quando il cardinal Bagnasco, nella prolusione al Consiglio permanente della Cei, ha parlato di uno «spartiacque» e di uno «scontro di civiltà» fra due opposte visioni dell’uomo, religiosa e secolare, non ha fatto che riprendere un tema caro al papa, ribadito durante la recente visita in Campidoglio: i mali della società di oggi derivano dalla «eliminazione di Dio e della sua legge» e la morale è inadeguata «se non ha come perno l’ispirazione e la sottomissione a Dio». L’idea di uno spartiacque, di una divisione netta, si trova nel Vangelo di Matteo a proposito del giudizio finale: «Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra». Qui però l’elemento discriminante non è una diversa visione antropologica, non è il credere o no in Dio, ma è unicamente il comportamento concreto verso gli altri: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare… Ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare…». I giusti non ricordano di aver mai incontrato Cristo: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare?». Essi non hanno amato i fratelli riconoscendo in loro la presenza di Gesù: li hanno amati semplicemente come esseri umani, fuori da ogni richiamo al trascendente. Giusto è chi aiuta gli altri, anche se non vede in loro Cristo, anche se non si ispira a Dio, anche se non crede in Dio. È una morale totalmente laica, il cui perno non è la sottomissione a Dio ma l’amore per l’uomo. Lo spartiacque è tra chi “dà da mangiare agli affamati” (da intendere oggi non in senso caritativo, ma come impegno per la giustizia e i diritti) e chi non si cura del prossimo; tra chi si sentirà dire «ero straniero e mi avete accolto» e coloro a cui sarà detto «ero straniero e mi avete perseguitato, incitando alla cattiveria contro di me». Il vero scontro di civiltà non è tra una concezione religiosa della vita e il secolarismo: è tra chi rispetta e chi calpesta i diritti e la dignità delle persone, si tratti dei migranti o dei lavoratori precari, delle coppie omosessuali o di quanti chiedono di non essere espropriati del loro corpo nella malattia.

Roberto Blanco

(2 aprile 2009)



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