Il “caso Agrigento”: tra mafia, politica corrotta e degrado del centro-sinistra, la grande sfida del Pd
Caro Walter,
abbiamo molto apprezzato in questi mesi la tua azione di impegno per il Partito Democratico e riteniamo importantissimi i tuoi gesti e le tue parole soprattutto qui, in Sicilia, per confermare e rilanciare l’impegno contro la mafia e per la legalità di Pio La Torre, Piersanti Mattarella e di tutti gli altri che hanno sacrificato la loro vita per il riscatto della nostra Isola. E seppure i fatti che di seguito descriverò potranno dispiacerti, ritengo doveroso rassegnarli perché, tra i tanti prioritari impegni del Partito Democratico e del suo gruppo dirigente, deve esserci anche il ripristino di piene regole di democrazia e legalità in una terra difficilissima come quella agrigentina e perché sono molto ottimista e fiducioso per quanto tu sarai in grado di fare quale leader del Partito Democratico per questo nostro Paese.
Lo spunto di questa mia è dato dalla vicenda delle elezioni primarie, che comunque mi hanno visto eletto con oltre 1100 voti all’assemblea costituente nazionale, nella lista denominata “Con Veltroni. Ambiente, Innovazione, Lavoro”. I fatti di queste elezioni, però, nella loro crudezza e semplicità negativa, costituiscono soprattutto l’occasione per sottoporre a te, al nuovo partito ed all’opinione pubblica democratica un più generale contesto locale che oggi, come non mai, mi preoccupa parecchio. Anche in relazione ad aspetti che riguardano la mia persona ed all’impegno contro la mafia e contro i poteri corrotti che da venti anni mi vede in prima fila con la mia associazione, Legambiente, qui ad Agrigento e in Sicilia. Caro Walter, come capirai da quanto esporrò, penso di essere un uomo che, per la sua azione, corre qualche rischio, oggi particolarmente accentuato. E questo mio appello è soprattutto finalizzato a chiedere al segretario del mio partito, al mio leader nazionale, in che misura possiamo contare sul suo sostegno per continuare questo nostro impegno qui ad Agrigento. O se è meglio che Giuseppe Arnone rifletta sull’azione di chi lo vuole isolare, sui rischi che corre e su come sia pertanto più opportuno organizzare il suo futuro.
Il racconto degli imbrogli elettorali è solo lo spunto per questo mio accorato grido di allarme, affinché i vertici nazionali e regionali del Partito Democratico dedichino energia e attenzione all’inquinamento della democrazia ad Agrigento. Mi scuso per l’articolazione di questo racconto, forse utilizzo troppi dettagli, sono troppo specifico, metto assieme troppe vicende. Ma voglio ottenere soprattutto un risultato: far comprendere, mediante una narrazione organica ed approfondita, quanto sia grave il contesto in cui agiamo e ci scontriamo. E, obiettivo pure interessante, stimolare regole più incisive per evitare che in futuro le primarie possano subire in realtà degradate come quella agrigentina gravi operazioni di inquinamento come quelle che tra breve descriverò.
Scrivere queste cose è per me alquanto difficoltoso. Per due ordini di ragioni. La prima, perché vedersi costretti ad evidenziare pubblicamente gravi aspetti della forza politica in cui si crede è quasi come essere costretti a mettere in piazza, per affrontarli e risolverli, i problemi della propria famiglia. La seconda è perché, in queste righe, dovrò necessariamente riassumere la mia storia, cioè le cose che ho fatto esponendomi fortemente assieme ai miei amici, cioè al gruppo di Legambiente: parlare di sé stessi è sempre in qualche modo imbarazzante, ma in questo caso è necessario che io lo faccia per rendere comprensibili queste vicende.
Nel collegio di Agrigento le primarie del PD si sono svolte con modalità e comportamenti che non credo abbiano avuto eguali nel resto del Paese. Non mi risulta, ad esempio, che altrove consiglieri comunali od esponenti di spicco del Centrodestra, tra cui noti inquisiti, si siano recati alle nostre urne con le loro clientele. Qui è accaduto. Ne parlerò tra breve, rivelando nomi e cognomi. In qualche Comune del collegio si sono recati alle urne, almeno sulla carta, un numero di elettori ben superiore a quello che votò per l’Ulivo alle politiche del 2006. E in uno di questi, nel Comune di Cattolica Eraclea, lo “spoglio” ha dato addirittura questo clamoroso risultato: 980 voti per i “Democratici con Veltroni”, appena 2 voti ciascuno alle altre tre liste…! Cioè, come se in Italia avessero votato oltre 10 milioni di elettori, di cui 9.940.000 per quell’unica lista. Approfondiremo in seguito anche la truffa del voto degli extracomunitari, intruppati dai loro “caporali” o “capi comunità” e portati a votare “perché bisogna sostenere la lista a favore della immigrazione contro quelli dell’altra lista che ci vogliono mandare a casa”. Sì, è stato spiegato loro proprio questo. Più avanti dettaglierò questi e altri aspetti, alcuni anche tragicomici, che hanno fortemente inquinato il voto. Ma il mio resoconto sarà comunque parziale perché, ad oggi, domenica 21 ottobre, non ci è stato ancora concesso di poter prendere visione dei verbali elettorali. Vengono tenuti segreti: non mi pare che ciò possa essere nel DNA del nuovo Partito Democratico. Nella Repubblica Italiana, i verbali elettorali sono a disposizione non solo dei candidati, ma anche di tutti i cittadini. Ritengo che quello che è avvenuto ad Agrigento sia un caso eccezionale, che non può minimamente infangare l’enorme portata democratica delle primarie. E che la ragione di ciò che qui è avvenuto vada ricercata nella inusitata durezza dello scontro politico che ruota attorno alle ventennali battaglie di Legambiente, di cui sono da sempre protagonista. Purtroppo qui, come in tutte le realtà ad alto tasso di illegalità, di penetrazione mafiosa, di cultura della omertà e del silenzio, la battaglia politica e l’impegno democratico finiscono per essere altamente personalizzati. E si tende ad impedire, con i mezzi più svariati, a chi ha dimostrato di essere in grado di svolgere un’azione effettiva ed incisiva di rottura dei vecchi equilibri e di costruzione di nuove aggregazioni democratiche, ottenendo un grande consenso tra la gente, di poter continuare a farlo.
Ciò che immediatamente dico può sembrare una insopportabile vanteria a chi sconosce la storia del gruppo di Legambiente e mia personale in questa parte di Sicilia: queste primarie ad Agrigento sono state caratterizzate da pratiche affatto trasparenti, fortemente torbide ed inquinanti, allo scopo – esplicitato – di ridimensionare il gruppo degli ambientalisti, mettendo sostanzialmente fuori dal PD e soprattutto dal suo gruppo dirigente il loro principale esponente, cioè Giuseppe Arnone. Ecco quindi subito spiegata la necessità di dovere riassumere la mia storia per quella che è, cioè la storia di una persona che ha fatto una scelta di vita coerente con i propri valori e che talvolta, suo malgrado, ha fatto pagare prezzi alti persino ai familiari.
Caro Walter, hai tutto il diritto di pensare a questo punto che io sia il solito estremista, pieno di fissazioni, pure simpatico, ma chiaramente un po’ fuori di testa. Tu conosci il mio impegno da tre lustri, cioè da quando venisti a concludere la campagna elettorale che mi vedeva candidato nel 1993 a sindaco di Agrigento. Fu forse il più grande errore nella storia della Doxa. Quel 20 giugno del 1993, i sondaggi comunicarono – errando – la vittoria, con grande distacco, del sindaco ambientalista. L’indomani, invece, per pochissimi voti risultai sconfitto. Vinse tale Calogero Sodano, di cui ora diremo. Quello del 1993 fu comunque un grande risultato democratico ne
lla mia Agrigento. Il Pentapartito, alle elezioni comunali, aveva storicamente il 90% dei voti. Tutta la Sinistra meno del 10%. E in questi 14 anni abbiamo continuato ad impegnarci ad Agrigento, con i fatti concreti. Alle ultime comunali dello scorso maggio 2007 sono stato il primo eletto in Consiglio Comunale, ottenendo quasi il doppio del più votato del Centrodestra, nonché il quadruplo dei voti del consigliere più votato dei DS. Gli agrigentini, dunque, caro Walter, non mi hanno né per pazzo né per esaltato, ma al contrario mi ritengono un importante punto di riferimento ed apprezzano il nostro coraggio. Sono stati, quelli che ci separano dal 1993, anni caratterizzati da scontri durissimi tra Legambiente ed il potere illegale, qui ad Agrigento. Dove la coerenza ci ha portato a scontrarci con mafiosi e delinquenti variamente “allocati” sotto il profilo politico. E la mia sovraesposizione – che anche da ultimo ha provocato intimidazioni e minacce nei miei confronti, alcune di chiara matrice mafiosa – è dovuta non solo al mio ininterrotto impegno in Consiglio Comunale, ma anche al ruolo di avvocato di parte civile di Legambiente nei processi più importanti che qui si sono svolti contro politici ed imprenditori collusi. Ho coinvolto i miei concittadini nelle nostre battaglie, pubblicando numerosi libri, a tiratura locale, che risultano essere tra i più venduti. Per capire di cosa trattano riporto solo alcuni titoli: “Alta Mafia”, “Alta Mafia 2, la stagione del fango”, “I sindaci briganti”, “La giustizia di Pinocchio”, “La banda”, “Mafia, il processo di Agrigento”. Anche se può far sorridere, questi titoli, localmente, hanno avuto più diffusione del “commissario Montalbano” di Andrea Camilleri. Legambiente, qui, ha interpretato, grazie anche al mio ruolo in Comune e in Tribunale, la battaglia per la legalità nel modo più efficace. Già nel 1992 provocammo lo scioglimento del Consiglio Comunale per “appaltini” fasulli concessi ad imprese di mafia. E nel 2000 l’arresto di metà della giunta del sindaco Sodano. Ancora, si devono a noi i processi per gli appalti truccati di un depuratore e di alcune opere di urbanizzazione, conclusi con pesanti condanne. Lo storico avversario delle amministrative del 1993, cioè Sodano, è oggi pregiudicato e pluricondannato ed ancora inquisito per vari imbrogli in Comune: il più clamoroso, quello di avere abusato del potere di sindaco per realizzare personalmente una villa abusiva, di sua proprietà, in piena Valle dei Templi. Tra i processi in corso, quello dell’appalto, per oltre 40 miliardi, della nettezza urbana: scoprimmo che il bando truccato era stato redatto direttamente con i computer della ditta vincitrice, casualmente imparentata con il sindaco. Ovviamente, ho subito varie aggressioni: nel 1996 un PM raccolse le testimonianze di alcuni politici, fu arrestata la sovrintendente di Agrigento ed entrambi fummo accusati e processati quali capi di una “potente lobby affaristica”. Ne parlarono ampiamente i media nazionali, che si schierarono a nostra difesa. Poi intervenne il Ministro della Giustizia del primo Governo Prodi – Veltroni, ritenne che quel PM mi stesse perseguitando e ne promosse la rimozione da Agrigento. I suoi testi mendaci furono processati per falsa testimonianza: si accertò che erano tutti miei avversari politici e che avevano scientemente mentito. La battaglia per la legalità, da queste parti, provoca inimicizie e livori. Odii sanguinosi. E quello che abbiamo sin qui sintetizzato forse comincia a far comprendere le ragioni e le forze che hanno provocato l’inquinamento elettorale delle primarie. Tra breve, caro Walter, ti esporrò i fatti avvenuti quest’estate, che hanno un “sapore” inequivocabile e che mi preoccupano non poco. Fatti che, a parer mio, non sono estranei alla delegittimazione ai miei danni, fortunatamente fallita, posta in essere con l’inquinamento delle primarie. In questi ultimi anni Legambiente si è frontalmente scontrata con i gruppi e gli interessi di maggiore rilievo di Cosa Nostra nella mia provincia. I vertici della mafia qui fanno riferimento allo storico capo agrigentino Cesare Calogero Lombardozzi, arrestato lo scorso marzo, ed al latitante Giuseppe Falsone. Falsone è il capo della cupola provinciale di Cosa Nostra, è di Campobello di Licata e risulta essere strettamente collegato all’ex parlamentare Calogero Gueli, colui che, sino al suo arresto del giugno 2006, è stato per trent’anni uno dei principali leader agrigentini del PCI prima e dei DS dopo. Proprio lo scorso 10 ottobre 2007 la Procura di Palermo ha chiesto la condanna a complessivi 40 anni di carcere per Gueli, il figlio ed il genero, con la gravissima accusa di essere parte del contesto mafioso facente capo al boss latitante Falsone. La pena maggiore è stata chiesta proprio per il leader diessino. E secondo i giudici, questo gruppo mafioso aveva tra gli obiettivi perseguiti quello di condizionare appalti ed edilizia nel Comune di Campobello di Licata, il cui sindaco, appunto, per decenni e sino al suo arresto, era stato l’onorevole Calogero Gueli. Lo scontro di Legambiente e mio con Gueli, che ha contribuito ovviamente a condizionare negativamente i nostri rapporti con l’intero gruppo dirigente provinciale dei DS, è stato da me ricostruito su Micromega lo scorso luglio 2006. Ma la gravità dei fatti, caro Walter, dal punto di vista politico, merita ancora qualche battuta, perché essi forniscono il metro del degrado e dell’inquinamento della politica anche a Sinistra, con inquietanti trasversalismi, rafforzando la necessità di una tua assai incisiva azione. Siamo nel novembre del 2003, il sindaco Gueli è già imputato per reati contro la P.A., connessi alle vicende di una villa di sua proprietà. Rappresento Legambiente nel processo. Il 1° novembre il principale teste dell’accusa a carico del sindaco, tale Giuseppe Sferrazza, viene fermato nella piazza del paese, alle 9 del mattino. Viene pestato a sangue. Starà ricoverato per giorni in ospedale. Ad aggredirlo sono un pregiudicato per l’omicidio di un carabiniere e un figlio del sindaco Gueli, quel figlio ancora oggi in carcere con l’accusa di mafia. A Sferrazza viene intimato di non rompere più i co….ni al sindaco. Prendo le difese di Sferrazza, mi reco a Campobello di Licata, convoco le televisioni, e chiedo alle forze politiche democratiche della provincia di prendere posizione. La risposta è il silenzio assoluto, tutti si girano dall’altra parte, Gueli per i partiti è un intoccabile. Omertà e bocche cucite, anche da parte dei segretari provinciali dei partiti e dei parlamentari locali. Mi costituisco parte civile per Sferrazza anche nel processo per il pestaggio. Questa mia azione, fortunatamente, rincuora gli oppositori di Gueli in quel Consiglio Comunale, che fanno capo alla Margherita: si autosospendono e chiedono l’intervento del Prefetto. Per Gueli sarà l’inizio della fine. L’impegno di Legambiente e mio su Campobello di Licata dà molto fastidio. Chiediamo l’accesso antimafia. Ricevo qualche avvertimento. Il più sconcertante è la telefonata dell’onorevole Calogero Lo Giudice, potente assessore regionale del Centrodestra. Lo Giudice verrà arrestato quattro mesi dopo, nel marzo 2004, nell’ambito dell’inchiesta “Alta Mafia”, con gravissime accuse di mafia e appalti truccati che lo tengono tuttora in galera. Lo Giudice mi chiede, in quella telefonata, se è possibile promuovere la “riappacificazione” tra me e Gueli, affinché io non mi occupi più dei fatti “politici” di quel comune. Mi viene anche prospettata una di
sponibilità loro a “favorire” il mio studio legale. Ovviamente con Legambiente ho continuato la battaglia e sono oggi teste a carico di Gueli nel processo per mafia. Prodi ha sciolto il Comune per mafia. Penso che la vicenda Gueli non sia indifferente alla lacerazione che esiste tra noi e il gruppo dirigente dei DS di Agrigento (che non ha mai preso le distanze da Gueli e che, anzi, mantiene i suoi familiari ai vertici del Partito a Campobello) e per conseguenza agli imbrogli perpetrati in queste primarie. Anche dopo la richiesta di condanna a 14 anni di carcere per Gueli, da parte della politica solo silenzi, gli stessi silenzi che fecero seguito al pestaggio a sangue di Sferrazza.
Purtroppo la vicenda Gueli non è isolata. Per rimanere a questo ottobre 2007, proprio mentre scrivo questo documento la Procura di Palermo, in un’altra retata antimafia, ha accusato di concorso esterno con i capi di Cosa Nostra il sindaco diessino in carica nel vicino Comune di Siculiana. Secondo i magistrati questo sindaco favoriva i capimafia della costa. E’ dato come imminente lo scioglimento per mafia anche di Siculiana. E si tratterebbe, nell’arco di poco più di due anni, del terzo Comune a guida DS, dopo quelli di Campobello e Canicattì, ad essere commissariato per inquinamento mafioso. Anche il Sindaco diessino di Canicattì fu arrestato per mafia nella grande operazione denominata “ Alta Mafia” che ha messo in galera il potentissimo Vicepresidente della Regione, On. Lo Giudice. Anche lì trasversalismi mafiosi.
Dicevo, caro Walter, che gli odi ed i livori di cui si nutre la volontà di annientare politicamente me ed il mio gruppo di Legambiente trovano ragione nelle nostre battaglie per la legalità combattute a 360°. Un altro esponente di primissimo piano dei DS è imputato di associazione per delinquere assieme a numerosi personaggi riconducibili al Centrodestra di Agrigento. Legambiente, con una mia battaglia dentro il Comune di Agrigento, ha messo a nudo e portato a processo un gruppo criminale che stava realizzando una colossale lottizzazione abusiva con tanto di timbri, bolli ed autorizzazioni illegali rilasciate dall’Amministrazione comunale. Il valore di quella mega-lottizzazione, secondo la magistratura, sarebbe di alcune decine di milioni di euro. Quaranta ville sequestrate a seguito del dossier di Legambiente. Tra i protagonisti oggi trascinati in Tribunale, quello che, appunto, sino allo scorso maggio è stato il sindaco di Favara, altro importante Comune della provincia di Agrigento. Ricandidato malgrado il processo in corso, è stato però mandato a casa dagli elettori: lì, a Favara, ha vinto il Centrodestra che candidava una persona perbene .
Andiamo adesso allo scontro che ci sta impegnando ad Agrigento contro interessi per milioni di euro, collegati a società di imprenditori corrotti, pesantemente coinvolti in rapporti con i vertici di Cosa Nostra. La principale delle vicende ruota attorno ad un grande centro commerciale che si vorrebbe realizzare a Villaseta, frazione di Agrigento ai margini della Valle dei Templi. Si tratta di un grande affare, con palesi coinvolgimenti di mafia, che ha già provocato contratti per decine di milioni di euro. Ma prima di approfondirlo, va evidenziata la connessione di questa vicenda con l’evidente inquinamento elettorale del voto alle primarie. Ai seggi ha votato e fatto votare il capogruppo di uno dei partiti del Centrodestra al Consiglio Comunale, tale Ennio Saeva. Questi è semplicemente il figlio di tale Calogero Saeva, imputato di associazione per delinquere e molti altri reati a seguito delle nostre denunzie relative appunto agli illeciti del grande centro commerciale di Villaseta, tanto ben visto da Cosa Nostra. E proprio nella frazione di Villaseta, quella ove i progressisti ottengono solitamente pochissimi voti e i candidati imparentati con mafiosi hanno notevoli successi, anche in queste primarie si è avuto un risultato inquietante. Tutto, ovviamente, a mio sfavore. Ampiamente diverso da quello del resto della città di Agrigento, che mi ha permesso di essere eletto. Ricostruiamo adesso “l’affaire” del grande centro commerciale e delle sue connessioni con la mafia. I lavori sono stati in un primo momento di fatto sospesi perché i titolari delle imprese edili che vi lavoravano sono stati colpiti lo scorso marzo dalla Procura di Palermo che ha sequestrato loro tutti i mezzi meccanici. La DDA le ha ritenute imprese di Cosa Nostra. Si tratta dell’operazione antimafia che ha portato all’arresto del boss Lombardozzi. Lo scorso luglio, dopo che i lavori erano ripresi con altre imprese, la Procura di Agrigento ha dato seguito alle denunzie e ai libri di Legambiente e ha ottenuto il sequestro dell’intero cantiere, perché aperto, come da noi provato, con autorizzazioni amministrative illegali. Abbiamo iniziato a denunziare gli illeciti di quella vicenda nel 2003. Nel 2004 la grande inchiesta denominata “Alta Mafia”, quella che portò anche all’arresto di Lo Giudice (ma guarda quante connessioni! Lo Giudice al centro delle vicende della mafia di Agrigento, nonché strettamente collegato, come abbiamo visto, al sindaco diessino Gueli) svela un pesante inquinamento affaristico che ruota attorno all’imprenditore Gaetano Scifo e al suo socio occulto Calogero Russello. Questi ultimi sono poi stati condannati anche per corruzione in relazione ad un appalto di 40 miliardi di lire del Comune di Agrigento, al centro appunto dell’inchiesta “Alta Mafia”. Secondo i pm di Palermo, Russello sarebbe socio occulto di Scifo nelle due società interessate all’appalto della corruzione, la Imedil e la Sogeme. E Russello, secondo i pm, sarebbe un importante uomo d’onore, collegato a doppio filo con il boss Lombardozzi. Il ruolo di Russello è oggi confermato da importanti pentiti (anche se sull’appartenenza di Russello a Cosa Nostra si attende la Cassazione). Dunque, gli arresti di “Alta Mafia”, che coinvolgono oltre a Lo Giudice anche Scifo, Russello e altri, mettono in luce il condizionamento, la penetrazione di interessi facenti capo a questi imprenditori dentro il Comune di Agrigento. Gaetano Scifo è inoltre fratello di un ex sindaco di Agrigento, Angelo, fuoriuscito dalla politica dopo la condanna procuratagli da Legambiente per una enorme speculazione edilizia abusiva. Con Russello e i fratelli Scifo noi già ci scontravamo da anni. Russello era rimasto coinvolto nella vicenda giudiziaria dell’appalto miliardario per le opere di urbanizzazione di Favara Ovest, per cui chiese di patteggiare la pena. Già all’epoca l’ottimo prefetto di Agrigento Giosuè Marino, nel 1999, relazionò all’Antimafia, confermando i sospetti di Legambiente in ordine a quell’inquietante contesto. Russello ha proprio un “ottimo” rapporto con il Comune di Agrigento, confermato dalle intercettazioni telefoniche e dalle parentele. Ad esempio, un’intercettazione testimonia che ha pagato le tangenti a soggetti del Comune di Agrigento denominati “i sodani”. Ognuno può chiedersi liberamente in che rapporti sia con tali “sodani” tangentisti l’ex sindaco Calogero Sodano che, per coincidenza, ha firmato un po’ di carte di quell’appalto truccato. Purtroppo, l’indagine sui sodani tangentisti si è persa nei meandri della Procura di Palermo. E’ sperabile che venga conclusa prima della prescrizione. Al momento dell’arresto di Scifo e Russello, nel marzo 2004, Sodano era senatore, il sindaco era Aldo Piazza e l’assessore di fiducia di Piazza era tale avvocato Salvatore Falzone. Per coincidenza Falzone è nipote di Calogero Russello. E sempre per coincidenza, Falzone, da assessore, si occupava intensamente delle società di Scifo e del grande centro commerciale di
Villaseta. Non è stata una coincidenza, invece, la pesante ma vittoriosa battaglia da me condotta in Comune per buttare fuori Falzone dalla Giunta, dopo l’arresto per mafia dello zio Russello. Lasciato l’incarico assessoriale dopo i miei attacchi, Falzone è stato nominato avvocato di fiducia dall’imprenditore Scifo. Come si può comprendere, ho ritenuto centrale, nel mio impegno per la città di Agrigento, battere questa cordata del grande centro commerciale facente capo a Scifo e a Russello, che tra l’altro ha pure goduto di sconcertanti ambiguità a sinistra, sulle quali, per ragioni di brevità, mi limito a questo accenno. Per questa ragione, lo scorso aprile 2007, riteniamo che bisogna evidenziare alle Istituzioni la enorme gravità della vicenda di questo centro commerciale in odore di mafia: tappezziamo i muri di Palermo con un manifesto a mia firma, contenente le foto del cantiere chiedo la chiusura dell’inchiesta, prima che sia troppo tardi e la mafia e i suoi protettori l’abbiano vinta. A luglio, una coraggiosa pm, la dottoressa Lucia Brescia (impegnata anche in altre importanti indagini contro potenti) chiude l’inchiesta, conferma e amplia il contenuto delle denunzie di Legambiente, ottiene il sequestro dell’enorme cantiere: tutte le autorizzazioni sono illegali! Il pm Brescia contesta ad un bel po’ di persone ed in primo luogo all’imprenditore Scifo, al padre del “votante” Saeva e a funzionari comunali, l’accusa di far parte di un’associazione per delinquere. Tra gli imputati dell’inchiesta in relazione ai favori concessi a Scifo vi è anche il sindaco di Agrigento Aldo Piazza, che per tre anni si è scontrato con me, difendendo questi imbrogli. Qualche giorno dopo, la segreteria telefonica dello studio medico di mia moglie, viene raggiunta da telefonate dal contenuto inequivoco: viene registrata una voce che pronunzia più volte l’espressione “la mitragliatrice, la mitragliatrice…” e ne simula sinistramente il crepitio (quando le minacce pervengono al mio studio legale vengono immediatamente cancellate o cestinate e posso scegliere se mantenere la mia famiglia al riparo da queste ragioni di preoccupazione). Pochi giorni dopo, accanto al muro di cinta della mia villa in aperta campagna, rinvengo una automobile che appare essere stata portata lì di peso ed abbandonata. Segnaliamo il caso alle forze dell’ordine. Si scoprirà, dopo qualche ora, che l’automobile, appunto, è stata prelevata di peso innanzi all’abitazione, distante alcuni chilometri, del suo proprietario. Ed è un autentico colpo di scena scoprirne l’identità: si tratta del senatore della Margherita Benedetto Adragna. Adragna è l’unico politico che, nell’ultimo anno, si è organicamente schierato con noi, a nostra difesa, prendendo sempre coraggiosamente posizione e favorendo il mio ingresso nella Margherita e nel Partito Democratico. La scorsa primavera, prima e dopo le elezioni comunali di maggio 2007, Adragna era stato “allietato” da lettere e telefonate anonime che lo minacciavano esplicitamente di fargli pagare questo suo sostegno ad Arnone e alle battaglie di Legambiente. Per gli inquirenti più avveduti, il messaggio lanciato con l’iniziativa notturna di un carro attrezzi che preleva l’auto da casa di Adragna e la porta innanzi al mio cancello, è inequivoco. Si è inteso dire al senatore: “tu cu chiddu un t’a stricari” ovvero: “Tu, senatore Adragna, con questo Arnone è meglio che non hai rapporti, devi isolarlo”. Purtroppo, il problema dell’isolamento mio e dei miei amici è estremamente grave ed espone a pericoli. Si tratta, caro Walter, di un’altra particolarità di Agrigento e della mia situazione. L’episodio dell’auto di Adragna e delle minacce telefoniche viene riportato con una certa evidenza dagli organi di informazione. Ci si poteva attendere una qualche presa di posizione, un messaggio di solidarietà, un appoggio, cioè quello che avviene normalmente, in qualsiasi parte d’Italia, innanzi a simili episodi. Dalle forze democratiche agrigentine non è stata pronunziata neanche una parola, anzi si registrano due episodi significativi e fortemente negativi. Il primo riguarda direttamente la costituzione del Partito Democratico. Malgrado il mio ruolo nazionale con Legambiente e soprattutto alla faccia della barca di voti ricevuta alle elezioni comunali, pochi giorni dopo l’intimidazione vengo escluso dai 50 nomi del comitato promotore provinciale del PD. Nessuno di Legambiente vi viene designato: noi ad Agrigento non siamo neanche la società civile! L’altro episodio si svolge al Comune: il presidente del Consiglio Comunale invita la conferenza dei capigruppo a stilare un messaggio di solidarietà nei confronti miei e del senatore Adragna. Si oppone, in particolare, il capogruppo del Partito Repubblicano. Costui, ridicolizza la questione asserendo che ci siamo inventati tutto. Passa la sua linea, nello sconcertante silenzio dei due capigruppo che fanno capo al Partito Democratico. Il capogruppo del Partito Repubblicano è tale Carmelo Picarella, imputato a seguito di una mia battaglia, per una grave truffa ai danni del Comune di Agrigento. Costui è, assieme a Saeva, uno dei consiglieri comunali del Centrodestra certamente presenti alle urne di domenica 14 ottobre, con l’esplicitato obiettivo di far fuori politicamente Arnone, battendolo in quelle elezioni. Sarebbe facile verificare quante decine o centinaia di persone facenti capo alle loro posizioni politiche questi signori hanno portato alle urne delle nostre primarie, ma appunto, caro Walter, non mi viene consentito di prendere visione dei verbali. E, rimanendo alle primarie, hanno votato anche alcuni dei protagonisti, oggi imputati pure essi per associazione per delinquere (di cui abbiamo già accennato in precedenza), per una lottizzazione abusiva, molte decine di ville sequestrate dalla magistratura, scoperta, come detto, proprio da Legambiente.
Potremmo poi aprire un paragrafo e intitolarlo: “minacce e primarie”. Ad esempio, il signor Picarella, in più occasioni, si è permesso di minacciarmi di morte. E vorrei anche sentire l’opinione tua, caro Walter, e dei lettori, su quest’altro inusuale episodio che coinvolge un congiunto di uno dei fratelli Scifo, di cui ho detto poc’anzi, in relazione al grande centro commerciale. Ad Agrigento si pubblica, da qualche anno, un settimanale, esattamente da quando abbiamo cominciato ad occuparci della vicenda del grande centro commerciale, con connessi interessi di mafia. Questo giornale ha come direttore il giornalista Francesco Castaldo e come coordinatore il suo congiunto, ex sindaco, Angelo Scifo, come detto, già condannato per la speculazione abusiva e oggi sotto processo per corruzione ed altro ancora. Angelo Scifo è appunto fratello di Gaetano Scifo, già condannato per corruzione per l’appalto gestito dalla mafia. Che la corruzione sia un “vizietto” di famiglia? Ce lo diranno i giudici. Questo foglio ha pubblicato, in prima pagina, per cinque volte, la foto della mia tomba di famiglia. Vorrei che qualcuno mi spiegasse che razza di messaggio sia questo. E’ diritto di cronaca o altro ancora? Lo spunto della pubblicazione era l’asserzione, ovviamente ridicola, che uno dei più noti esponenti nazionali di Legambiente aveva realizzato una tomba abusiva. Questo giornale è in grave perdita e dedica la grandissima parte del suo inchiostro con titoloni enormi a denigrare, calunniare ed insultare me, Legambiente, il senatore Adragna, i miei amici, i miei familiari ed ovviamente è impegnato a difendere gli interessi di quel grande centro commerciale dell’imprenditore Scifo. Quel giornale è una
delle cose più incivili che vi siano ad Agrigento. E si è trovato normale che il suo direttore, Castaldo (già pregiudicato per diffamazione in danno a Legambiente e con una storia border line già raccontata su questa rivista), venisse a votare alle primarie del Partito Democratico.
Caro Walter, qui ad Agrigento è normale che i nostri avversari partecipino e talvolta decidano la selezione e gli incarichi dei nostri gruppi dirigenti. Come se il management della Coca Cola venisse deciso dalla Pepsi Cola. O se il capo della Polizia venisse scelto con il contributo determinante di Cosa Nostra. E’ avvenuto anche al Comune, con l’elezione del vicepresidente del Consiglio Comunale riservato alla minoranza di Centrosinistra. I nostri elettori chiedevano che ci presentassimo in Consiglio con un candidato scelto con un criterio. Il criterio più ovvio era quello del consenso elettorale. Criterio, peraltro, scelto dal Centrodestra per il presidente e il suo vicepresidente. O, altro criterio, quello di mettere in condizioni il consigliere più impegnato e conoscitore degli atti amministrativi, di svolgere al meglio la sua attività al Comune, trascurando il suo lavoro (come ho fatto nei cinque anni precedenti). Ho chiesto che i consiglieri del Partito Democratico formulassero appunto un criterio e vi si attenessero. Il consigliere comunale Salvatore Lauricella, nella nostra riunione, ha invece asserito tassativamente che il segretario dei DS aveva deliberato che il vicepresidente del Consiglio Comunale dovesse essere un DS, cioè lo stesso Lauricella. Immediatamente questa proposta è stata sostenuta dai consiglieri comunali del Centrodestra facenti capo agli inquisiti: addirittura il solito consigliere Picarella (quello imputato per truffa e autore di minacce di morte) ha chiesto una riunione dei consiglieri di Centrodestra perché dessero il loro contributo a “fottere” Arnone, impedendone l’elezione a vicepresidente. E ciò per la esplicitata ragione che bisognava, per quanto possibile, impedire ad Arnone di dedicarsi a controllare gli atti del Comune. Impedire che Arnone potesse godere dell’aspettativa e dell’indennità di carica e dedicare quindi meno tempo al suo lavoro e più tempo al controllo degli atti comunali. Ed il partito degli inquisiti ha avuto la meglio: hanno eletto Lauricella vicepresidente, sconfiggendo Arnone. Tutte vicende pubbliche, alla luce del sole, che hanno sconcertato l’opinione pubblica. Lauricella, per questi consiglieri è perfetto: ha avuto meno di un quarto dei voti che ho preso io e quindi umilia il mio elettorato. E, soprattutto, pur essendo consigliere uscente è stato totalmente assente da tutte le battaglie per la legalità e non ha mai detto una parola sulle tante vicende affaristico – giudiziarie (tranne posizioni assai ambigue, come dimostrano le emergenze giudiziarie, sull’affaire dei centri commerciali). Per tacere su altri aspetti di inopportunità collegati al suo ruolo di professionista che viene fortemente a beneficiare delle scelte del Comune sulle aree da assegnare alle cooperative edilizie. Non mi pare che processi decisionali assunti in questo modo possano far parte del modo di procedere del Partito Democratico in una terra di mafia come quella di Agrigento. Prima di proporre alcune considerazioni conclusive, voglio ritornare sulla squallida vicenda degli immigrati. Non solo sono stati portati, “intruppati”, al voto quelli residenti ad Agrigento, ma anche sono stati trasportati ad Agrigento, per farli votare “contro” la mia lista quelli che risiedevano fuori dal mio collegio, ad esempio nella folta comunità di Racalmuto. Come abbiamo scoperto l’imbroglio? In modo semplice ed evidente. Conosco uno degli immigrati incolonnati innanzi al seggio di Agrigento, insieme ad altre decine di suoi connazionali. Lo chiamo e gli chiedo: “Mohamed, come mai siete tutti qui?” e candidamente ottengo questa risposta: “siamo qui per votare per la lista che vuole difendere gli immigrati, contro l’altra lista che è contro di noi e ci vuole mandare a casa”. Mohamed mi conosce come un politico che li ha sempre difesi dai fascisti in Consiglio Comunale, in calde sedute mandate pure in tv, quindi pensa che io sia il capo della lista che li difende e tira fuori il fac simile che lui e i suoi amici hanno ben visibile in tasca. E mi dice: “Questa è la lista che ci vuole difendere”. E aggiunge: “E’ la tua lista, vero?”. Era invece la lista “Democratici per Veltroni” che, elegantemente, aveva stampato un fac simile cancellando i nomi degli altri candidati. A quel punto interviene l’”accompagnatore” che tenta di portarselo via e di tappargli la bocca. Ma le molte persone presenti al seggio hanno sentito tutto e Mohamed ha ripetuto più volte la sua convinzione. L’imbroglio, dopo mezz’ora, si manifesta ancora più gravemente. Si mettono in fila al seggio una decina di donne immigrate, coperte da veli e tuniche. Chiedo da dove vengano e mi rispondono che sono partite da Racalmuto, dove risiedono, per votare ad Agrigento, spiegandomi che a Racalmuto “non si può votare contro la lista che li vuole mandare a casa” e dunque sono state accompagnate a votare ad Agrigento. Io insisto perché votino a Racalmuto che ovviamente è in un altro collegio e il loro voto ad Agrigento altera il risultato: e le povere donne si mettono ad urlare, perché affermano concitatamente che a Racalmuto non si può proprio votare e insistono dicendo che loro hanno affrontato un vero e proprio viaggio per venire lì, al seggio di Agrigento. Quando comunico al presidente del seggio che intendo far venire i Carabinieri affinché si chiarisca chi non vuole farle votare a Racalmuto e le ha mandate ad Agrigento (raccontando la panzana della “legge per mandarli a casa”) gli accompagnatori, fino ad allora defilati, immediatamente intervengono e li portano via. Credo che in nessuna parte d’Italia abbiano votato tanti immigrati come nei seggi di Agrigento. Oltre 100, forse 200. Ma non potremo fare il calcolo perché non possiamo consultare i verbali. Come non potremo capire perché in alcuni paesi siano andati a votare più elettori per le primarie del PD, rispetto ai voti dell’Ulivo alle politiche, votando tutti per la stessa lista. Oltre all’incredibile risultato di Cattolica Eraclea (980 a 2), merita di essere citata Lampedusa (200 a 1). Se ci facessero consultare i verbali, potremmo verificare se sia o meno una fantasia quella di coloro che affermano che una stessa mano ha posto decine o centinaia di firme di elettori fasulli. Già, questo sospetto, quando si tengono segreti i verbali, prende sempre più fondamento! E sarebbe interesse di tutti chiarire limpidamente queste situazioni, conoscere la verità, potere fugare in un senso o nell’altro ogni dubbio.
Caro Walter, questo è il quadro che ti volevo rassegnare. Non ritengo che le elezioni ad Agrigento celebrate con questi sistemi siano state una buona cosa. Il messaggio ampiamente lanciato e raccolto dai cialtroni era quello che, aumentando il numero dei votanti, anche con gli evidenti imbrogli, anche con le clientele del Centrodestra, si sarebbe ottenuto il risultato fortemente voluto e pubblicizzato, di impedire ad Arnone di ottenere il quoziente e quindi di essere eletto. E ciò avrebbe consentito di mettere Arnone ai margini, fuori dal gruppo dirigente del Partito Democratico. Alla faccia degli elettori che alle elezioni vere del Comune di Agrigento mi avevano plebiscitato.
La mattina di domenica 14 ottobre ho incontrato in un seggio il principale leader locale dei DS, il viceministro Angelo Capodicasa, con cui i rapporti si sono fortemente incrinati da quando nel 1996 fu in prima fila ad esprimere solidarietà al
pm e ai testi mendaci dell’inchiesta persecutoria contro di me e la sovrintendente Fiorentini. Mentre da Roma Luciano Violante, Pietro Folena, Edo Ronchi e molti altri presentavano le interrogazioni parlamentari contro quell’inchiesta, che poi portarono all’intervento del ministro contro il pm, qui si plaudiva, anche a sinistra in favore di chi mi voleva mettere in galera. Per la cronaca, furono quelle interrogazioni parlamentari che, come accennato, consentirono al ministro Flick e al Governo di cui tu, Walter, facevi parte, di disvelare quella immonda congiura giudiziaria ai miei danni. Io, domenica 14 ottobre, ho ritenuto di lasciarmi alle spalle tutti quei fatti e di dare un contributo utile a guardare in avanti, a costruire il nuovo Partito con uno spirito unitario. Ho teso la mano al viceministro dicendo “costruiamo nuovi rapporti, così vuole la nostra gente”. Platealmente, la stretta di mano ed il saluto mi sono stati rifiutati. Sono gesti che in Sicilia assumono un significato più marcato che altrove ed ovviamente consentono di comprendere perché sono avvenuti alle primarie i fatti che qui ho riassunto. In compenso, anche all’interno del Partito Democratico, il povero senatore Adragna nelle riunioni, formali ed informali, seguite alla mia elezione alla costituente, ha subito aggressioni e processi. Qualche suo amico sarebbe “responsabile” di avermi, nel segreto dell’urna, votato e di avere manifestato pubblicamente simpatie nei confronti di Legambiente. Contribuendo a far fallire il disegno di chi mi voleva a tutti i costi sconfitto per mantenermi fuori dal gruppo dirigente del Partito Democratico. Di tutto ciò vi è ampia prova, se qualcuno ne vuole discutere.
Da quanto ho fin qui descritto emerge una cultura politica assai deteriore e degradata. E questo modo di intendere la politica crea enormi danni e rischia di bruciare irrimediabilmente anche le grandi occasioni che i risultati del nostro lavoro tra la gente certamente ci offrono.
Prima di concludere apro un inciso su ciò che sta avvenendo al Comune di Agrigento. La scorsa primavera la città, dopo anni di malgoverno da parte del Centrodestra, ha mostrato di essere finalmente pronta a votare il cambiamento. Purtroppo il Centrosinistra ha voluto indicare come “sindaco del cambiamento” un uomo del Centrodestra, peraltro dal profilo e dalla storia che ora vedremo. Il risultato è stato che queste logiche politiche incomprensibili e un po’ perverse hanno finito per condizionare e probabilmente vanificare la volontà di cambiamento che in questi anni è maturata grazie, in primo luogo, alle battaglie politico-giudiziarie di Legambiente contro i sindaci del malaffare di Agrigento. I fatti: le elezioni dello scorso maggio hanno visto il Centrodestra battuto da un Sindaco, Marco Zambuto, appoggiato dai partiti del Centrosinistra in nome del cambiamento. Grazie al voto disgiunto ed alla fortissima volontà di rinnovare espressa dagli agrigentini, il candidato ufficiale del Centrodestra è stato infatti sconfitto al ballottaggio. La città di Agrigento da tre anni, cioè dall’esplodere dell’inchiesta giudiziaria “Alta Mafia”, ha vissuto un fortissimo scontro politico tra me e Legambiente, da un lato, ed il sindaco del Centrodestra Aldo Piazza dall’altro. Questi, benché al primo mandato, non è stato ricandidato. Dal 2004, ogni anno, il Centrodestra, preoccupato della ricaduta in termini di consenso dello scontro Piazza/Arnone, ha misurato con sondaggi il rispettivo gradimento mio e di Piazza. I sondaggi hanno offerto sempre un verdetto chiarissimo: Arnone aveva una popolarità ed un gradimento ben superiori al doppio di quelli del sindaco Piazza. Il Centrodestra ha preso atto dei sondaggi ed ha cercato di porvi rimedio cambiando “cavallo”. E’ intuibile perchè i sondaggi fossero a me così favorevoli: nel ‘93 ho perso le elezioni raggiungendo oltre il 49% dei consensi e, da allora ad oggi, ho continuato ad impegnarmi in Comune all’opposizione, mettendo a nudo innanzi ai cittadini gli imbrogli, le inefficienze ed i reati dei sindaci del Centrodestra e delle loro squadre. È facile quindi comprendere perché gran parte della gente apprezzi molto la mia azione e quella degli amici di legambiente che mi sono stati sempre vicini. Ho un rapporto bellissimo con la mia città. Non credo capiti a molti politici, soprattutto locali, di essere applauditi per strada dai ragazzi, di vedersi richiedere gli autografi, di essere fermati da persone che vogliono farsi fotografare assieme. Ed in effetti tantissimi concittadini, la scorsa primavera, chiedevano che mi ricandidassi a sindaco interpretando coerentemente il reale cambiamento possibile. Invece vi e’ stato un accordo di vertice affinché il Centrosinistra candidasse l’allora segretario provinciale dell’UDC, ex assessore della giunta di Piazza. Cioè un uomo del Centrodestra. Nel mese di gennaio il vice Ministro Angelo Capodicasa per i DS e il Senatore Nuccio Cusumano per l’Udeur concordano con l’On. Angelo la Russa, un ex assessore regionale democristiano dai trascorsi non proprio indimenticabili, l’operazione politica della candidatura di quello che in quel momento era, appunto, il segretario provinciale dell’UDC, nonché pupillo del presidente della Regione Totò Cuffaro. In quel momento – ah, Agrigento, terra di Pirandello… – Zambuto era su tutti i giornali come uno dei probabili sindaci della coalizione di Centrodestra, con la benedizione appunto del presidente Cuffaro. L’on. La Russa è il suocero di Zambuto, nonché la sua “mente” politica. Il volto dell’on. La Russa lo scorso anno è tornato alla ribalta televisiva nazionale per il seguente memorabile siparietto. Teatro della scena sono gli uffici della Procura di Palermo. E’ appena terminato un impegnativo interrogatorio di Totò Cuffaro. Il presidente è visibilmente stanco e provato. Ecco allora le telecamere riprendere un distinto signore che affettuosamente avvicina alle labbra di Cuffaro un delizioso cioccolatino. Quel signore così premuroso altri non era che l’on. La Russa, all’epoca consulente per i problemi internazionali(!?!) del presidente della Regione. L’accordo Capodicasa-Cusumano-La Russa prevedeva che, nel caso in cui la candidatura di Zambuto a candidato sindaco del Centrodestra non fosse decollata, quella stessa candidatura sarebbe stata sposata e rilanciata dal Centrosinistra. Un sindaco quindi buono per tutte le coalizioni! Anche il vice Sindaco di Zambuto, Piero Luparello, ha una storia simile. A marzo Zambuto era già il candidato di DS ed UDEUR, mentre Luparello per qualche settimana era stato indicato come il suo possibile competitore, cioè come il candidato ufficiale del Centrodestra, per conto sempre del presidente Cuffaro. Il Centrodestra si orienta però su un’altra persona ed anche Luparello, scontento, “trasloca” armi e bagagli nel Centrosinistra con Zambuto. Se la politica ad Agrigento si nutrisse di solo buon senso, molti fattori avrebbero sconsigliato al Centrosinistra di realizzare l’operazione Zambuto. Già il solo buon senso l’avrebbe sconsigliata, per non parlare del nostro sistema di valori. Zambuto è infatti un giovanotto di 33 anni, senza particolare arte né parte, votato alla politica e… basta. Nella vita ha svolto l’attività… lavorativa di consigliere comunale, di assessore comunale, di segretario provinciale dell’UDC. Alla fine dell’anno 2006, poche settimane prima del suo “salto della quaglia”, ad Agrigento scoppia l’ennesimo scandalo, questa volta relativo a concorsi truccati alla AUSL. Sotto inchiesta finisce un pezzo del gruppo di vertice dell’UDC. Vengono operati
pure alcuni arresti. Le prove dei concorsi, secondo la magistratura, erano state truccate per distribuire i posti al fine di favorire l’elezione, poi avvenuta, di una parlamentare regionale dell’UDC, incriminata assieme al padre, potentissimo capo dell’AUSL. Con una coincidenza, tanto eccezionale quanto singolare, il principale di questi concorsi truccati dai capi dell’UDC vedeva ai primi posti in graduatoria proprio… l’allora segretario provinciale dell’UDC, cioè l’inoccupato Marco Zambuto! Da quel momento, cioè dall’esplodere dell’inchiesta in poi, Marco Zambuto sarà sempre attentissimo ad esprimere solidarietà e plausi alla magistratura agrigentina (che intanto indaga su quei concorsi). Non altrettanto solidale, come vedremo, appare nei confronti della magistratura di Palermo. Quindi, Zambuto, lo scorso febbraio, viene scelto da Capodicasa e compagni come candidato sindaco. Sino a quel momento però i giornali non ricordano alcuna posizione del giovane rampante che riguardi qualsivoglia tematica scottante. Una posizione che appaia non di Sinistra ma quantomeno democratica o liberale. Scoppia lo scandalo dell’inchiesta “Alta Mafia” che coinvolge proprio l’UDC e gli appalti del Comune di Agrigento, e Zambuto tace, è distratto, guarda altrove. L’amministrazione Piazza di cui faceva parte come assessore aumenta le tasse, la gente scende in strada e protesta, e Zambuto ancora tace. Vengono fuori tutti quei casi di malaffare che in precedenza abbiamo descritto e Zambuto è sempre silenzioso. Com’era allineato e coperto, nonchè solidale, col sindaco Sodano quando emergevano le malefatte di quell’amministrazione. Anzi, nel più incredibile degli scandali del sindaco Sodano, quello della villa abusiva nella valle dei Templi, assieme a Sodano è stato condannato pure uno stretto congiunto di Zambuto, uomo di strettissima fiducia del sindaco. Era l’autore, per conto di Sodano, di un bel po’ di falsi e di imbrogli per far edificare la splendida dimora. Comunque, malgrado molti elementi avrebbero sconsigliato i capi del Centrosinistra di candidarlo, oggi Zambuto è il sindaco della città di Agrigento. Votato per cambiare radicalmente i metodi di governo. Sono soddisfatti in primo luogo coloro che attraverso la sua candidatura hanno potuto evitare che si riproponesse quella tanto temuta di Arnone. Ma anche all’interno del Centrodestra si comincia a gioire e a brindare. Anzi, a dire il vero il Centrodestra, che comunque ha una larga maggioranza in Consiglio Comunale, si è prontamente messo a disposizione del Sindaco e molti segnali fanno ritenere ormai prossimo il ritorno di Zambuto nel suo schieramento di sempre. E’ stato persino tra i primissimi a criticare la Procura di Palermo per aver chiesto la condanna qualche giorno addietro del presidente Cuffaro, cui ha offerto piena ed incondizionata solidarietà. Zambuto non ha rimosso alcun dirigente comunale fiduciario inquisito, non ha minimamente toccato l’impianto ereditato dalla precedente giunta del Centrodestra (di cui peraltro faceva parte fino all’inizio del 2006), ha largamente confermato gli assetti di potere del Centrodestra in tutti i sottogoverni, non ha mosso un dito per annullare le concessioni e le autorizzazioni del grande centro commerciale di Scifo (al centro delle vicende di mafia descritte in precdenza) sequestrato dalla magistratura. E soprattutto, per quel che interessa al potentissimo partito dei nemici di Legambiente, Zambuto non perde occasione per aggredire pubblicamente Arnone prendendone le distanze e rilanciando i triti argomenti già brevettati dagli ex sindaci Piazza e Sodano: “ Il moralizzatore Arnone, con la scusa della legalità, paralizza gli uffici comunali e l’economia dell’intera città”. Ovviamente Zambuto era distrattissimo quando, a luglio, i giornali diffondevano la notizia delle intimidazioni ad Adragna ed Arnone. Eppure al ballottaggio il più attivo sostenitore di Zambuto sono stato proprio io, sono entrati nella piccola storia di Agrigento i miei scontri elettorali televisivi in sua difesa col massimo capo del Centrodestra, l’on. Angelino Alfano. Da quando è stato eletto, Zambuto non ha coltivato nessun rapporto, quanto meno istituzionale e trasparente (ciò che avviene eventualmente di nascosto tra i notabili non è dato sapere) con gli esponenti del Partito Democratico. Si è costruito una giunta di amici e marcia per conto suo, nella più totale irresponsabilità. I risultati cominciano ad essere disastrosi e la gente è sempre più sconcertata. Gli agrigentini avevano votato Zambuto come sindaco del cambiamento e ritenevano che la principale garanzia del cambiamento fosse proprio il rapporto di Zambuto con chi aveva da sempre combattuto al Comune il vecchio Centrodestra, gli interessi di mafia, il coacervo di scandali dei vecchi sindaci e dei loro uomini. E che, principalmente, la garanzia del cambiamento fosse proprio la presenza di Arnone. Ed adesso invece scopre, attraverso le stesse parole, spesso proprio in libertà, di Zambuto, che il sindaco del cambiamento, proprio come i suoi predecessori travolti dagli scandali e dalle inchieste giudiziarie, ha appunto individuato in Arnone l’unico ostacolo ai “progetti politici” della sua famiglia. Se esistesse in politica ad Agrigento il principio di responsabilità, oggi qualcuno dovrebbe cominciare a battersi il petto per aver fatto a gennaio quell’insensato accordo di vertice… Il Partito Democratico, ovviamente, ad Agrigento non si sta accorgendo di nulla. Non sta comprendendo (o fa finta di non comprendere?) ciò che è chiaro agli occhi di tutti: e cioè che attorno a Zambuto, in questi mesi, si è riaggregato il vecchio Centrodestra, con a capo l’UDC. E che di cambiamento siamo destinati a vederne sempre meno… In qualche occasione Zambuto in Consiglio Comunale ha perso le staffe ed ha profferito pubblicamente gravi insulti alla mia persona. Gli altri tre consiglieri del Partito Democratico hanno … solidarizzato con il Primo Cittadino: è Arnone che sbaglia perché pone troppi problemi politici. Peccato che il capo di quei tre consiglieri per qualche lustro stesse proprio assieme a Zambuto, in Consiglio Comunale, nel gruppo dell’UDC a difendere a spada tratta gli imbrogli del sindaco Sodano. Questa è la politica ad Agrigento. E forse è per questa ragione che finiamo sempre per stare in coda ad ogni classifica dello sviluppo.
Potrei continuare ancora a lungo, ma credo che ormai il quadro sia fin troppo chiaro e dettagliato. Consente ad ognuno di comprendere le cose e di agire, se si ritiene di farlo. Torno allora al Partito Democratico.
Il mio spirito unitario, la mia voglia di costruire questo grande nuovo partito rimangono intatti, ma, caro Walter, credo di avere il diritto, anche per rassicurare i miei familiari, di sapere se nello scontro che in queste pagine per grandi linee ho tentato di riassumere ho accanto a me il Partito Democratico. Quello vero, quello di Walter Veltroni. O se, invece, io e i miei amici dobbiamo prendere atto che il consenso fra la gente è tanto, mentre anche nel Partito Democratico continuano ad essere vincenti le logiche che tanto male hanno fatto a questa terra. Le logiche, per esempio, di chi vuole che Arnone e i suoi amici, con la loro storia di impegno contro la mafia e per la legalità siano buttati fuori dal Partito Democratico. Cosa chiedo, caro Walter? Cose semplici, quasi banali. Che vi possa essere una sede ove, ad Agrigento, con il contributo tuo o del tuo staff, ci si possa finalmente confrontare, decidere una linea politica, maturare, con rispetto reciproco, decisioni in linea con i valori di Walter Veltroni e prima ancora di Pio La Torre. Coerentemente con la volontà di cambiamen
to reale espressa dai cittadini. Realizzare tutti assieme questi decisioni. E si possa agire senza essere costretti ad esporsi in continuazione in prima persona, divenendo di conseguenza bersaglio, come avvenuto in questi anni. Chiedo se questo partito, quando si subiscono fatti gravi, sia in grado, almeno, di esprimere solidarietà umana. E, aspetto magari marginale ma emblematico, ti chiedo che si chiuda la brutta pagina di queste elezioni ripristinando quanto meno le regole democratiche che prevedono che i candidati possano consultare i verbali delle primarie sin’ora incredibilmente secretati.
Con grande stima
Giuseppe Arnone
I fatti di Agrigento, ricostruiti in queste pagine sono già stati approfonditi da Micromega con altri quattro articoli: a firma di Giuseppe Arnone nel 1993, di Guido Ruotolo nel 1999, di Arnone e Realacci nel 2001 e di Arnone nel 2006.
*Giuseppe Arnone, 47 anni, avvocato, è da oltre 15 anni componente della segreteria nazionale di Legambiente. Dal 1990 è consigliere comunale ad Agrigento. Il 14 ottobre è stato eletto all’Assemblea Costituente Nazionale del Partito Democratico. E’ autore di numerose pubblicazioni.
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