Il commento di Maurizio Chierici

MicroMega

di Maurizio Chierici

Ferruccio De Bortoli è un giornalista che si occupa soprattutto di economia e dei rapporti tra economia e politica e delle ricadute che questi rapporti possono avere sulla quotidianità della gente. Il programma consegnato all’assemblea del Corriere prova a disegnare il futuro dei giornali di carta per capire in quale modo i lettori di ieri possono convivere con i lettori di domani. Il rapporto tra Rete e i media della tradizione non era mai stato analizzato con tanta attenzione dai direttori che si insediano nei giornali. Il giro del secolo e l’affacciarsi di generazioni con abitudini tecnologiche diverse ne ha sollecitato l’urgenza. Transizione complicata. Quotidiani che perdono copie. De Bortoli prova ad essere ottimista. “I giornali vengono da lontano ma non appartengono al passato. Quando molti di voi, io compreso, cominciavamo la professione, il lettore usciva di casa, arrivava all’edicola senza sapere nulla di ciò che era successo il giorno prima. Oggi si sa già tutto”.
Il problema é come e cosa si sa. I quotidiani hanno sopportato la concorrenza Tv perché le notizie radio e le notizie Tv restano chiuse in uno spazio ridotto: due minuti del Tg risultano sopportabili all’impazienza del telecomando; quattro minuti diventano Via col vento: non finiscono mai. Quattro minuti vogliono dire 28 righe di testo: commenta le immagini, sfiora i sentimenti o la rabbia di chi guarda, fa capire il nodo del problema. Resta la diffidenza sul distributore delle notizie. Malgrado satelliti e telefonini Tv, i giornali di carta hanno controllato la concorrenza sgualcendo l’informazione nelle facezie di giochi e pettegolezzi di plastica, fisarmoniche interminabili dell’immaginario dell’audience. Anche i fogli seri dopo le prime pagine si rifugiano nel gossip. Il nuovo evo collauda altre ipotesi. La Rete supera ogni schema: pericolosa ed esaltante, fa capire De Bortoli tornato nel giornale che ha raccontato la storia d’Italia. Spazi di gomma, nessun limite agli approfondimenti. Possibilità di interagire con l’illusione o la certezza di partecipare, tutti, alla macchina dell’informazione. E De Bortoli si preoccupa della lealtà della comunicazione duemila. Quanti giornalisti vincolati da contratto, quindi soggetti alle regole che il mestiere impone – controllo e lealtà delle notizie – quanti i professionisti impegnati nelle testate di una catena con più di 22 milioni di utenti ? “Ci sarà una ragione se un navigatore sceglie per avere una un’informazione certificata, quindi credibile e affidabile”. Insomma web non più appendice del giornale di carta, ma l’altra faccia dell’informazione integrata.
Il richiamo ai giornalisti di essere non solo credibili ma sintonizzati col popolo dei lettori in modo da “rappresentarne e difenderne i bisogni, persino le paure” nella costante necessità di aiutarli a “riaffermare la propria identità, la propria cultura, le proprie tradizioni” annuncia la speranza di ricreare attorno al Corriere una Milano che sembra perduta: seria, intraprendente, aperta alle novità, generosa nell’accoglienza. Speriamo non sia illusione.
E’ un discorso molto diverso (diversità preoccupante ma affascinante) dalle parole che Ferruccio de Bortoli aveva rivolto ai giornalisti l’8 maggio 1997, stessa sala Albertini, tante facce non sono cambiate. Nel ’97 ribadiva la fedeltà alla tradizione del grande giornale esplorando un futuro da interpretare con preoccupazione ma senza drammi. Prodi stava riportando alla ragione il paese della politica-affari, e la proprietà garantiva stabilità nella tradizione torinese. Dodici anni dopo non è cambiata solo la cornice: la realtà intimidisce editori spezzettati nell’interpretare interessi le cui contraddizioni possono deformare lo specchio del giornale annunciato. De Bortoli resta la garanzia di un conduttore che ha dimostrato negli anni rispetto ed equilibrio, soprattutto lealtà verso i lettori e non dipendenza politica, ma questa volta l’impegno interno-esterno non è semplice. E la Milano dal cuore in mano sembra affogata nella Milano da bere. Ecco perché le linee del programma esplorano le novità della nuova comunicazione forse alla ricerca di un nuovo umanesimo comunicativo. Quasi il finale rovesciato del “Casanova” di Fellini. Ormai vecchio si prepara al gran ballo della sera con ciprie e nei finti, parrucche e abiti d’argento. Sulle scale incontra ragazzi vestiti in qualche modo, giacconi neri, barbe su facce pulite. Il Settecento era finito, cominciavano le inquietudini dell’Ottocento. Il ‘900 è finito, comincia il Corriere 2000, non solo il Corriere. De Bortoli si prepara a capire il futuro. Auguri, ma chissà.

(10 aprile 2009)



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