“Il Corriere delle Sera”, ovvero due pesi e due misure
di Paolo Flores d’Arcais
Il Corriere della Sera spara in prima pagina un titolo a cinque colonne: "Berlusconi, l’insulto di Di Pietro". Sottotitolo, la frase incriminata in virgolettato: "Il premier fa un lavoro più da magnaccia che da statista". Occhiello: Il Pdl contro il leader Idv: linguaggio da osteria, agiremo in giudizio. Alla frase di Di Pietro è dedicato l’intera seconda pagina. Ma il giorno prima i leader che avevano fatto dichiarazioni a proposito dell’affare politici/veline erano stati due: Di Pietro e Bossi. Quest’ultimo aveva detto: "meglio noi del centro-destra che andiamo con le donne, che quelli del centro-sinistra che vanno con i culattoni". Il Corriere dedica a questo "commento" del capo leghista un riquadrato quasi francobollo, dieci righe dieci, su una colonna, con il titolo manipolato, poichè fra virgolette – il che impone di riportare la frase alla lettera – viene scritto in modo edulcorato "gay" anzichè "culattoni".
Eppure, la frase di Bossi era un crocevia di insulti: alla sinistra e ai gay (ed era anche falsa: purtroppo nelle telefonate di raccomandazioni etero indecenti non c’era solo la destra), mentre la frase di Di Pietro, nella sua integrità ("le intercettazioni che vogliono limitare ci fanno vedere un capo del governo che fa un lavoro più da magnaccia, impegnato a piazzare le veline che parlavano troppo, che da statista") aveva le caratteristiche di una proposizione descrittiva e niente altro. Un magnaccia è infatti colui che si fa mediatore, in vista di un vantaggio, di episodi di prostituzione, caratterizzati dallo scambio di favori sessuali in cambio di denaro o altra utilità. Proprio quanto alcune delle intercettazioni lasciano intendere.
Eppure, Il Corriere della Sera monta lo scandalo-Di Pietro e minimizza a colore locale il vero insulto, quello di Bossi. Alla faccia del giornalismo imparziale (imparzialità un tempo umiliata a equidistanza, oggi neppure quella).
Del resto, l’editoriale che affianca la "notizia del giorno" si occupa dei rapporti giustizia-politica, per la penna di Ernesto Galli della Loggia. Il problema, manco a dirlo, è lo strapotere dei magistrati. Sfugge a Galli della Loggia (e ad Ostellino, e a Panebianco) che negli Stati Uniti un Presidente (Nixon) è stato costretto alle dimissioni per aver coperto attività di spioni che ai Pio Pompa tanto amati da Berlusconi non avevano nulla da insegnare, mentre con mesi di intercettazioni legali (quelle che Berlusconi vuole ora abolire) i magistrati americani hanno fatto una retata di top manager che ha messo in ginocchio la borsa di New York. Al Corriere, insomma, insieme all’imparzialità latita anche la logica.
(30 giugno 2008)
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