Il dolore dell’altro. La questione morale del nostro tempo

MicroMega

di Ali Rashid e Moni Ovadia, da il manifesto, 8 gennaio

Le immagini che giungono da Gaza ci parlano di una tragedia di dimensioni immani e le parole non bastano per esprimere la nostra indignazione. Col passare dei giorni cresce la barbarie che insieme alla vita, alle abitazioni, agli affetti, ai luoghi della cultura e della memoria, distrugge in tutti noi l`umanità e con essa il sogno e la speranza. E deforma in noi il buon senso, mortifica la cultura del diritto, forgiata dalle tragedie del secolo passato per prevenirne la ripetizione.
Così diventano carta straccia le convenzioni internazionali e le norme basilari del diritto internazionale nonché le sue istituzioni, paralizzate dai veti e svuotate di autorevolezza oltre che di strumenti per l`agire.
Così crescono l`odio e il rancore, si radicalizzano le posizioni e le distanze diventano incomunicabilità. Le stesse responsabilità si confondono, tanto che la vita in una prigione a cielo aperto diviene la normalità, l`invasione di uno degli eserciti più potenti del mondo è alla stessa stregua dì un atto pur esecrabile di terrorismo.
Ma così non si aiuta la pace, che è fatta in primo luogo di ascolto, dialogo e compromesso. Certo, anche di diritto, ma abbiamo visto che per questa sola via sessant`anni non sono bastati e dopo ogni crisi cì si è ritrovati con un po` di rancore in più e di certezza del diritto in meno.
Noi sappiamo che l`occupazione genera resistenza, la guerra rafforza il terrorismo, la violenza cambia le persone e i fondamentalismi si alimentano reciprocamente.
Ma abbiamo anche imparato in tutti questi anni che gli obiettivi di pace, sicurezza e prosperità non passano attraverso l`uso della forza delle armi, ma attraverso l`adozione di scelte accettabili per entrambe le parti in causa e l`avvio di un processo di riconoscimento reciproco, del dolore dell`altro in primo luogo, che è il primo passo verso la riconciliazione.
Al contrario, ogni volta che ci si è avvicinati ad un compromesso accettabile, il ricorso scellerato alla violenza, all`assassinio premeditato, all`annichilimento dell`altro, è servito a demolire ciò che si era pazientemente costruito, quel po` di fiducia reciproca in primo luogo.
Il tutto viene poi complicato dal peso della storia che in questo contesto, nel rapporto fra Europa, «Terrasanta» e Medio Oriente, agisce come un macigno non elaborato, generando falsa coscienza, ipocrisia, irresponsabilità.
L`esito è stato l`incancrenirsi di una questione, quella palestinese, che ha avuto ed ha effetti destabilizzanti in tutta la regione ed anche oltre, diventando – come ebbe a defìnirla Nelson Mandela – «la questione morale del nostro tempo».
Di questo vulnus si sono nutriti in questi anni il terrorismo e il fondamentalismo, regimi autoritari e cultori dello scontro di civiltà. A pagare sono state le popolazioni della regione, sono i bambini e i ragazzi cresciuti in un contesto di odio, di violenza e di paura, ma anche la democrazia e la cultura laica che pure traevano vigore dalle tradizioni ebraiche e arabopalestinesi.
Così anche da questa guerra, assassina e stupida come ogni guerra, a trarne vantaggio saranno solo i fondamentalismi e chi pensa che la soluzione possa venire dall`annichilimento dell`avversario.
Come hanno scritto nei giorni scorsi Vaclav Havel, Desmond Tutu ed altri uomini di cultura «…quello che è in gioco a Gaza è 1` etica fondamentale del genere umano. Le sofferenze, l` arbitrio con cui si distruggono vite umane, la disperazione, la privazione della dignità umana in questa regione durano ormai da troppo tempo.

I palestinesi di Gaza, e tutti coloro che in questa regione vivono nel degrado e privi di ogni speranza non possono aspettare l`entrata in azione di nuove amministrazioni o istituzioni internazionali.
Se vogliamo evitare che la Fertile Crescente, la "Mezzaluna fertile" del Mediterraneo del Sud divenga sterile, dobbiamo svegliarci e trovare il coraggio morale e la visione politica per un salto qualitativo in Palestina».
Per questo facciamo appello alle persone ché amano la pace e che vedono nella tragedia di queste ore la loro stessa tragedia, di fare tutto ciò che è nelle loro possibilità affinché vi sia l`immediato, totale, cessate il fuoco – non la beffa delle «tre ore»; la fine dell`assedio sulla Striscia di Gaza e il rispetto delle istituzioni palestinesi democraticamente elette; l`intervento di una forza di pace internazionale sotto l`egida delle Nazioni Unite in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza lungo i confini del `67; l`avvio di un negoziato per arrivare ad una soluzione politica basata sul rispetto dei diritti dei popoli, delle minoranze e della persona, nell`ambito di un processo che possa garantire nell`immediato confini sicuri per lo Stato di Israele e per lo Stato di Palestina; la creazione di un comitato per la pace in Palestina, che superi i limiti e le strumentalizzazioni che hanno caratterizzato le iniziative degli ultimi anni; l`adesione delle persone e delle associazioni che hanno a cuore la pace in Medio Oriente per impedire che il conflitto si trasformi in guerre di religione e tra civiltà, con la promozione di iniziative su tutto il territorio italiano e la convocazione di una manifestazione nazionale al più presto.
Non di meno, in un contesto dove l`interdipendenza è il tratto del nostro tempo e come persone che hanno comuni radici mediterranee, non smettiamo di pensarci come cittadini di una comune regione post-nazionale euromediterranea, parte di una cultura che – attraverso la storia di conflitti tra città e campagna, o nella concorrenza tra fede e sapere, o nella lotta tra i detentori del dominio politico e le classi antagoniste – si è lacerata più di tutte le al tre culture e non ha potuto fare a meno di apprendere nel dolore come le differenze possano comunicare.
In questo spirito ci impegniamo a ricostruire quel che la guerra sta abbattendo, i ponti fra le persone, le culture, i luoghi della pace in e fra entrambe le società, per creare nuovi terreni di relazione e collaborazione fra l`Italia e la Palestina, intensificando altresì gli atti di solidarietà verso tutte le vittime, in modo particolare la popolazione della Striscia di Gaza.

(9 gennaio 2009)



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