Il grande inganno su tasse e debito pubblico
Emilio Zecca
Ora, in base alle mie cognizioni di scienza delle finanze e alla mia osservazione sessantennale della realtà della nostra finanza pubblica (anche come consulente e difensore in giudizio della materia, nei primi trent’anni della mia carriera di avvocato "erariale", come si diceva un tempo), io credo di poter dire che:
Se taluno di voi pensa che anche uno solo di questi assunti sia erroneo lo prego di avvertirmene, indicandomi – sia pur brevemente – il motivo (magari con un minimo di bibliografia), tenendo presente che l’idea di ripianare il debito pubblico con la vendita dei beni pubblici è stata già confutata come illusoria da parte degli economisti che hanno rilevato come, se si tratta di beni che servono allo stato (caserme, ospedali, uffici ecc.) significa sostituire solo gli interessi del debito pubblico con canoni di locazione, altrettanto o maggiormente pesanti, mentre se si tratta di beni improduttivi di reddito difficilmente si ottengono ricavi sufficienti a ridurre efficacemente un debito pubblico immane, come prova d’altronde il fatto che tale metodo non è stato seriamente praticato, ma solo dichiarato come intenzione peraltro mai imboccata in modo serio e concreto.
Da tutto ciò ricavo la conseguenza che i governi i quali si vantano di non aver aumentato le imposte dirette, e dichiarano di volerle anzi fortemente ridurre (addirittura introducendo una "flat tax" ), ma che – per non aumentarle – hanno generato un aumento del debito pubblico, hanno in realtà aumentato le imposte, con l’aggravante di aver tentato di tenerlo nascosto ai cittadini riversandone l’onere sulle generazioni future, quelle che non votano o che non sono neanche ancora nate, e stanno quindi mentendo clamorosamente ai propri amministrati, e compiendo una di quelle azioni che – se praticate da un amministratore di una società – comporterebbe l’incriminazione per il reato di "false comunicazioni sociali".
Vorrei sottolineare che questo turpe inganno è stato perpetrato, da tutti i governi ultimi, compresi non solo quelli di Renzi e Gentiloni, ma anche di quello ultimo formato da Lega e 5 stelle, i quali tutti hanno chiuso la loro gestione con un aumento del debito pubblico, vantandosi però – del tutto falsamente – di non aver aumentato le imposte e continuando anzi a dire di battersi invece per la loro riduzione.
Il mio augurio dunque è che – per evitare di governare fondando i consensi esclusivamente sulle illusioni finanziarie dei cittadini – non si accetti più nessun discorso relativo al carattere più o meno elevato delle imposte, alcun vanto di non averle aumentate o alcuna promesse di imminente riduzione delle aliquote ordinarie o di attenuazione della progressività (che andrebbe semmai fortemente incrementata: la riforma fiscale migliore sarebbe, secondo me, tornare alla tabella allegata al T.U. del 1958, e cioè al sistema fiscale di Vanoni, ovviamente con gli scaglioni di reddito riportati all’attuale potere di acquisto dell’euro rispetto alla lira degli anni cinquanta), se questo tipo di vanti o di promesse non sono accompagnati dall’aggiunta di una condizione che dica: "al netto di una sia pur minima riduzione del debito pubblico ed in ogni caso senza alcun suo aumento (in mancanza della quale questo discorso dei politici non ha alcun senso, se non quello di ingannare la gente, sperando che tutti guardino solo a quello che pagano oggi coloro che votano e mai a quello che pagheranno i giovanissimi e i nascituri che voteranno solo domani o poi domani). È così che si genera il fallimento e la bancarotta di solito, come tutti sanno.
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