Teli di plastica. Dentro, 13 corpi recuperati in mare, corpi di donne, di cui una incinta e una bimba di undici anni. Non sono ancora infagottati in quegli involucri i 20 “dispersi”, compresi gli 8 bambini, che “mancano all’appello”. L’ennesimo omicidio di massa (non chiamatelo tragedia, per favore) si è consumato a poche miglia da Lampedusa, l’isola rivelatasi ancora una volta irraggiungibile, l’agognato traguardo di questi forzati delle onde: traguardo reso impossibile per il divieto di aiuto imposto alle navi salvezza delle organizzazioni indipendenti.
Tragico, infame bollettino di morte, quotidiano, nella indifferenza, talora nella insofferenza, talaltra nel ghigno beffardo di chi dice: “Se la sono cercata”. E mette sotto accusa scafisti, accomunati a ONG, e “buonisti” che farebbero bene a “prenderseli a casa loro”, questi migranti “palestrati” dotati di smartphone, che vengono a rubare, violentare, ubriacarsi con il sussidio governativo.
I politici, quelli “progressisti”, insistono sulla “distribuzione” e sulle “quote”. Sono mesi, sono anni, che la discussione va avanti. E donne, bambini, giovani, anziani annegano, ingrassano i pesci carnivori del Mediterraneo. Abbiamo visto, subìto, un cambio di governo, dopo aver subìto la nascita del precedente, non molto diverso da quest’ultimo, solo più volgare, oltre il limite dell’osceno, di ciò che sta fuori della scena, che deve rimanere fuori. E invece era in scena, con i suoi protagonisti e le sue comparse, gli uni e gli altri macchiette che si esibivano mentre libici, marocchini, tunisini, siriani, pakistani, afghani…, crepavano con la bocca piena d’acqua salmastra. Mentre si ripeteva “i porti restano chiusi”, nella flebile protesta di opposizioni risibili, e nel mugugno impotente di tanti di noi, i cadaveri si accumulavano sulle sabbie profonde del “mare nostrum”, che andrebbe rinominato “mare monstrum”.
Quello che sta accadendo, quello che accadeva un anno e mezzo fa, quello che continua ad accadere oggi, è la più grande delle mostruosità del nostro tempo: siamo noi a decretare la morte, siamo noi a condannare all’annegamento di esseri umani nelle acque in tempesta: noi europei, noi italiani, noi depredatori dell’Africa e del Medio Oriente, noi colonizzatori imperialisti, noi saccheggiatori di quelle ricchezze, noi ladri di terra, noi stupratori, noi ladri di umanità. E ora litighiamo sulle “quote”. “Non si possono accogliere tutti”. Solo quelli che fuggono dalle guerre, o i perseguitati politici o religiosi. E gli altri? E la fame, la malattia, la siccità, non sono condizioni sufficienti? Non sono forse costoro vittime storiche del nostro colonialismo? Ma noi chiudiamo i cuori al sentimento, come chiudiamo i cervelli al raziocinio. Spendiamo per i rimpatri forzati: rimandiamoli nei centri di accoglienza in Libia, certo. Rimandiamoli a crepare, rispediamoli agli aguzzini dai quali erano fuggiti, rischiando, coscientemente, la pelle… La Libia, che abbiamo destabilizzato, in una operazione scellerata concertata fra i maggiori paesi europei. La Libia che abbiamo trasformato in un inferno, come l’Iraq, come l’Afghanistan, come la Siria: sì, aiutiamoli a casa loro. Aiutiamoli a morire a casa loro. Le quote, le quote, le quote. Questo ripetono i nostri governanti. Questo ribadisce l’insieme di un ceto politico, inetto e miope. Questo il pensiero dominante nella classe dirigente. Questo, ahinoi, il senso comune instillato nella gran parte della popolazione.
No, non avete vergogna, tutti voi, ministri e deputati, politici e commentatori, giornalisti e ideologi, “semplici cittadini”? Non avete pudore voi paladini dell’Unione Europea faro di pace e di civiltà? Non vi sorge il sospetto di essere dalla parte sbagliata? Di essere sostenitori e fautori, diretti o indiretti, consapevoli o meno, di questo sterminio quotidiano, di questo incessante elenco di vittime? E, a chi insiste sul “sono troppi”, mentendo scientificamente, rivolgo una domanda: chi coprirà i posti di badante, lavoratore edile, raccoglitore di pomodori e mele, e così via? Con quali bambini riempiremo le nostre aule scolastiche? E senza i contributi di queste persone – perché sono persone, semplicemente persone – siete sicuri che il sistema pensionistico potrà andare avanti?
Intanto quel pugno di bambini scomparsi in fondo al mare ieri, quelle donne avvolte nei sacchi di plastica, il sacro suolo della nostra patria non lo toccheranno. Ci siamo sentiti meglio, ora, che il pericolo è scongiurato? Dentro l’anima nera di qualcuno sicuramente si è affacciato il pensiero che qualcuno dopo questa nuovo naufragio “ci penserà due volte prima di imbarcarsi”.
Fate schifo. Null’altro che schifo.
(9 ottobre 2019)
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