Il mio addio al Pd

MicroMega

Cara MicroMega,
ero in dubbio se lasciare il PD in silenzio o farlo (temevo di sparare sulla Croce Rossa) in maniera esplicita.
Il filo sempre più sottile che mi teneva legato a questo partito, a questa speranza, si è lacerato non da ieri. Quando i motivi di vergogna superano di molto le ragioni di orgoglio, il senso di appartenenza ad un progetto ed il sentirsi parte di una comunità politica con cui condividi valori e ideali, restare ancora significa mentire a se stessi o coltivare un interesse personale. Io non ho mai voluto fare ne l’una ne l’altra cosa. Come dice Bergonzoni: “voglio far succedere, non voglio successo”. A Nando dalla Chiesa, che considero un amico ed un maestro di vita, ho più volte chiesto dei motivi validi per continuare a far politica nel PD. Credo che adesso le motivazioni le abbia esaurite anche lui.
Dal tempo dell’innamoramento verso quella “bella donna” che ho incontrato durante le elezioni dei circoli milanesi (che mi ha ridato dopo quindici anni la spinta per tornare alla politica) ho con il tempo scoperto le sue rughe, le smagliature e poi l’ho vista prostituirsi a più riprese. L’amore è scomparso, la passione non c’è più. Neppure la consapevolezza laica e razionale del “meno peggio” è sopravvissuta. Il senso di rabbia e di vergogna per la sequela di scandali che ci hanno coinvolto si è mescolato ad un vago sentimento di inutilità. Perché nel PD milanese ci sia appassiona a battaglie che sono evidentemente fuori dalla sua portata. Nei circoli territoriali si dibattono questioni di caratura nazionale o globale, mentre si trascurano le battaglie sul territorio. Consiglieri ed amministratori (a parte qualche lodevole eccezione) lavorano completamente scollegati dal resto del partito.
Che abbiamo fatto di serio per evitare lo stupro di Sant’Ambrogio? Dov’è il PD quando si dibatte di urbanistica, di consumo del suolo, di “città densa”? Chi discute il progetto di una città con settecentomila abitanti in più? Dov’è il PD quando bisogna ricordare al sindaco Moratti i 2 milioni di alberi che ci aveva promesso? Dov’è il PD quando l’Assessore all’Ecologia Brembilla decide che nel Parco Sud si può tornare a costruire? E l’Expo non è solo un problema di soldi, di quando arrivano e di chi li gestisce, ma soprattutto di come si spendono. Che cosa c’entra la Bre.Be.Mi e la Pedemontana con un Expo che parla di alimentazione e di agricoltura? Ovviamente questo elenco potrebbe essere lunghissimo.
Perché non si discute del fatto che le infrastrutture vere del nostro paese sono le nostre chiese, i nostri monumenti, i nostri centri storici, le nostre piazze e poi le Università e la ricerca che non c’è?
Nel 2009 siamo immersi ancora della cultura politica degli anni sessanta/settanta: strade, viadotti, autostrade, mentre l’economia italiana può sopravvivere solo se è in grado di fare prodotti di eccellenza e con un alto contenuto tecnologico, non se si costruisce una strada in più (guardate dove stanno i distretti industriali in Italia, non ce ne è uno vicino ad una tangenziale).
Dobbiamo soffrire per ciò che non si fa e non si discute, poi dobbiamo soffrire perché su troppi temi facciamo o diciamo la cosa sbagliata. Noi potremmo plasmare la nostra città stando in modo serio all’opposizione, portando a casa piccoli successi, quelli che sommati cambiano il volto del nostro territorio e delle nostre vite (per questo non mi appassiona molto la “Missione 2011”). Su tutti i temi alla nostra portata non ci siamo o ci siamo poco. Siamo dottissimi sul tema della scuola, sul modello Ichino o il modello Boeri, su Obama poi siamo dei veri scienziati. Più il problema politico è distante più il PD si coinvolge e si appassiona. Certo poi ce la crisi più grave del dopoguerra ma a dire il vero la nostra nomenclatura non ne sembra molto turbata. I loro stipendi non sono intaccati dalla crisi, non si vedono ancora politici in cassa integrazione. Purtroppo. Almeno per ora.
Diventa impossibile restare quando questo Partito è sempre contro qualunque mozione sia indirizzata a ridurre i privilegi della casta, sia a livello locale che a livello nazionale (esempio: il PD ha votato in Regione Lombardia contro la mozione per limitare l’insopportabile malcostume delle “missioni turistiche” dei consiglieri regionali); quando scopri che troppo spesso, nelle amministrazioni locali, il PD è il partito del mattone, magari a braccetto con il P.d.L. (Soru è stato fuori da un pezzo di PD coinvolto negli interessi della speculazione edilizia); quando scopri che il partito ha votato insieme al P.d.L. una legge immonda che privatizza l’acqua pubblica; quando scopri che il PD è pro inceneritori, una follia che riduce la spinta alla raccolta differenziata ed è una catastrofe per l’ambiente e per la salute dei cittadini; quando scopri che la nostra presunta diversità morale viene distrutta giorno dopo giorno nella quasi indifferenza; quando scopri che sulla Giustizia siamo pronti a trattare con Berlusconi.
Veltroni non c’è più, Bassolino e la Jervolino sono ancora lì, seduti sul cadavere del loro assessore morto suicida, mentre il formidabile sindaco di Pescara si è messo in malattia pur di non mollare la sua poltrona. Ma quale amore per la bandiera dobbiamo avere per sopportare le cose che abbiamo dovuto sopportare? Perché in questi mesi non ho mai sentito parlare di questione morale nel partito democratico? Nulla si è detto e nulla si è fatto per affrontare questa metastasi che sta dentro il nostro corpo. Stare da questa parte, cioè stare dalla parte opposta all’Italia di Berlusconi non è solo un questione politica ma una scelta di civiltà, di etica e di cultura. Questa diversità civile la ritrovo solo in singoli individui, di solito senza potere, ma non la riconosco più come tratto distintivo di questo partito nè a Roma nè qui a Milano.
E poi adesso è andato in scena IL GRAN FINALE DELL’AUTO DISTRUZIONE. Le dimissioni di Veltroni arrivate con dieci mesi di ritardo. Un’assemblea nazionale con meno della metà dei suoi membri (1228 su 2800, un successone!) di cui rimarranno alla storia i commenti “fuori onda”, ma mandati in audio da microfoni malandrini, di Dario Franceschini e di Anna Finocchiaro con il suo “fai la tua porchissima figura” (la cultura del grande fratello è arrivata anche qui). Non sono bastati i lucidissimi interventi di Gad Lerner e di Enrico Morando, che ho condiviso interamente, per risvegliare in me la voglia di fare una battaglia dentro il PD. Perché quella battaglia è già persa e l’illusione velleitaria di cambiamento legittima una casta politica che si merita solo di uscire di scena. L’elezione di Franceschini, che durante il suo intervento oscillava in maniera inquietante, è il passaggio di comando del Titanic dal comandante al capitano in seconda. Franceschini è l’uomo migliore per procedere verso l’inabissamento definitivo. Un segretario che gode oggi del gradimento dell’uno per cento tra i militanti del PD (niente male per chi dovrebbe farci uscire dalla crisi) per le sue scarsissime doti di leader e di comunicatore forse riuscirà nell’ambizioso traguardo di portare il PD sotto il 20% dei voti. Questa nomenclatura ottenebrata dalla sua psicosi ombelicale, ha buttato via l’ultima occasione di rilanciare il partito, o con un vero confronto congressuale o inventandosi un segretario che potesse cambiare rotta evitando l’incontro finale con l’icebe
rg: un Chiamparino, un Cacciari, (non Bersani dopo l’abbraccio della morte dalemiano) o un giovane outsider. Qualunque scelta sarebbe stata migliore di Dario Franceschini.
Massimo D’Alema è il vero trionfatore di questo disastro, dopo mesi di guerriglia interna e di fuoco amico vede avverarsi il suo progetto: svuotare il PD di buona parte della componente cattolica accompagnandola con garbo nel nuovo U.d.C., destinato a diventare il nostro alleato prediletto al netto di Cuffaro & C. (questione morale questa sconosciuta) e nel mentre cercare una ricucitura e quasi inglobare Sinistra Democratica e Vendoliani per confezionarci una meravigliosa COSA 4 con qualche cattolico democratico (i cristiano sociali c’erano anche nel PCI) e qualche indipendente (gli indipendenti, ve li ricordate?). Il PD che doveva essere la speranza per il rinnovamento e la modernizzazione dell’Italia,capace di riforme coraggiose sulle sperequazioni generazionali, il PD del Veltroni del Lingotto (ve o ricordate?) ridotto ad una misera operazione di logo politico, ultima verniciata alla vecchia casa del PCI, un PD collaterale alla CGIL. Questo progetto perseguito con tenacia si sta realizzando come da copione con un’unica variabile non prevista: che possa uscire dal partito tutto il pezzo riformista e anti-nomenclatura (i mille, gli ulivisti, i primarie sempre) a fondare da zero il vero Partito Democratico.
Non lascio perché la nave sta affondando, ma perché una buona parte dell’equipaggio non mi piace e non condivido più la rotta e soprattutto non vedo le forze in campo in grado di invertirla. Troppi consapevolmente vanno a pieni motori contro il crash finale.
Gli anfibi sono considerati animali sensibili agli ambienti inquinati. A volte può dare fastidio il suono del gracidare ma bisogna preoccuparsi di più quando il loro rumore si sente sempre meno. Lo stagno si è inquinato troppo. Nel vostro stagno avete una rana in meno. Non sentirete più il suo fastidioso gracidio.

Pietro Armuzzi



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