Il Movimento 5 Stelle non è più votabile
Paolo Flores d’Arcais
Questo testo è stato pubblicato – in forma ridotta per motivi di spazio – sul quotidiano “La Repubblica” di oggi. Ne diamo qui la versione integrale.
Nel ho scritto [ma il testo è stato scritto oltre un mese fa n.d.r]: “Il M5S è un movimento carico di ambiguità, contraddizioni, difetti e magagne: predica ‘uno vale uno’ ma poi due vale più di tutti messi insieme (e uno dei due per merito dinastico)” seguono tre esempi e un “si potrebbe continuare a lungo”. Aggiungendo: “Ora in realtà il M5S dovrà scegliere. Proprio tra destra e sinistra. Non nel senso dei partiti, sempre più indistinguibili (…) ma certamente nel senso dei valori. D’altro canto se un movimento rinnova ogni giorno il suo peana alla Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza antifascista e col DNA ‘giustizia e libertà’ (…) non può poi contraddire questa scelta (…) come spesso sta accadendo. Se insiste nella contraddizione tra valori proclamati e azione politica, per il M5S l’implosione è inevitabile”.
Concludevo: “dovrà inventare forme di selezione dei candidati, e di partecipazione dei militanti, che non tracollino, come ormai troppe volte, in parodia della democrazia di base, fino alla tragica farsa. Perché democrazia non è premere il bottone like/dislike. Ogni risposta è condizionata (e talvolta comandata) dalla formulazione della domanda. Chi la controlla controlla ampiamente il voto. E il carattere democratico di un voto dipende dalla caratura della discussione, dalla sua ampiezza, dall’informazione critica che entra nel circuito, grazie al dovere dell’argomentazione reciproca: l’esatto opposto di quanto accade sul web. E la scelta dei candidati deve nascere dalla partecipazione alle lotte, dal contributo alla vita reale, del movimento: tutto ciò avviene faccia a faccia, nelle riunioni, non nell’anonimato del web. Dove – se va bene – si realizza un casting da show televisivo alla De Filippi o da ammiccamento su facebook o instagram per acchiappare e accattivarsi più ‘amici’. Procedure lontane anni luce dalla selezione democratica dei candidati”.
Ma ieri Grillo è andato oltre. Ha annullato le “comunarie” di Genova, che si tenevano con un sistema complicato, magnificato da Grillo come il migliore e da prendere a modello, non appena il risultato si sia scostato da quello previsto (non ha vinto il suo preferito). A questo punto sarebbe il caso che il M5S ufficializzasse nel suo non-statuto che i candidati li sceglie Grillo, e così per ogni altra nomina. Non sarebbe la tanto strombazzata democrazia-diretta-web, sarebbe almeno un’oncia di onestà.
Del resto, la democrazia nei partiti è sempre stata ed è, in realtà, una forma di cooptazione. Nel Pci si chiamava “centralismo democratico”, nel Psi era una democrazia di correnti (prima di Craxi, corretta dal 1980 con dosi massicce di cleptocrazia), nella Dc una poliarchia di clientele. Vorrà dire che il M5S lancia la formula del centralismo monocratico, o più esattamente della mono-e-tanticchia-crazia, a seconda di quanto potere volta a volta Grillo decida di conferire a Casaleggio jr.
In un numero precedente di MicroMega mi ero domandato fino a quando si sarebbe potuto votare ancora M5S: con rammarico, perché altri voti non di regime non se ne vedono. La misura era dunque già colma. L’ukase defenestratorio di Genova costituisce la goccia che fa traboccare il vaso: nemmeno il M5S è più votabile. La prossima volta, a meno di nuove liste di cui per il momento non si vede, e nemmeno intravede, ombra, per chi prenda sul serio la Costituzione, con i suoi valori intransigenti di giustizia e libertà, diventerà ragionevole non votare.
Scelta terribile, perché significa affidare la decisione agli altri elettori, rinunciare all’esercizio della propria sovranità elettorale. Ma cos’altro resta da fare, quando venga meno anche la possibilità del “meno peggio”, e sotto tutti i profili essenziali di negazione dei valori costituzionali tutte le liste abbondino e debordino?
(18 marzo 2017)
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