Il nostro sciopero, il vostro sciopero
di Carlo Podda* e Gianni Rinaldini**, il manifesto, 10 febbraio
Lo sciopero di venerdì prossimo della Funzione pubblica e della Fiom-Cgil è uno sciopero «per uscire» dalla crisi, per chiedere al governo Berlusconi una svolta di politica economica. Uno sciopero contro la Confindustria e le associazioni imprenditoriali che sostengono le misure del governo e attuano la pratica degli accordi separati. Il nostro sciopero è per uscire da questa crisi con un paese diverso, contro le attuali diseguaglianze sociali. La crisi economica che attraversiamo segna il limite di un modello, quello neoliberista, e dell’assunto secondo il quale la crescita sarebbe un elemento stabile del sistema, immutabile, inarrestabile.
Il sistema economico neoliberista si è mostrato al mondo in tutta la sua fragilità, trascinandoci in una crisi senza precedenti dal secondo dopoguerra. Per molti di noi questa degenerazione del sistema economico e finanziario era evidente da tempo, giacché questo sistema si è strutturato sulle diseguaglianze, aggravatesi nel corso degli ultimi 15 anni, e la sua crescita si è nutrita della riduzione dei costi, della competitività al ribasso, della riduzione dei redditi, della precarietà. Oggi è chiaro a tutti come questo modello vada ribaltato: la ricchezza non si può creare deregolando la contrattazione e le tutele sul lavoro, lasciando al mercato il compito di regolatore del sistema, ma va redistribuita attraverso i redditi. É la redistribuzione stessa ad essere fonte di una diversa crescita economica compatibile con l’ambiente.
Affinché i costi della crisi non siano scaricati sul lavoro dipendente, sui precari, sui pensionati e sullo stato sociale, sono necessarie misure urgenti di sostegno al reddito e all’occupazione.
Per questo il nostro sciopero avanza alcune richieste puntuali: 1) continuità del lavoro, perché solo garantendo ai lavoratori il loro potere d’acquisto si può affrontare la ripresa; 2) più ammortizzatori sociali, soprattutto per chi ne è oggi privo – cassa integrazione all’80% effettivo della retribuzione, non al 60%; 3) proroga dei rapporti di lavoro precari, nella prospettiva della loro stabilizzazione. Solo garantendo la continuità del lavoro si possono tutelare i lavoratori, che altrimenti verranno licenziati; 4) sosteniamo il testo unico sulla sicurezza, che vergognosamente governo e Confindustria vogliono peggiorare, mentre continua la strage quotidiana degli infortuni sul lavoro; 5) meno fisco sui redditi direttamente nel salario nazionale; aumento delle detrazioni per il lavoro dipendente; restituzione del fiscal drag. Chiediamo al governo di investire nei redditi attraverso la fiscalità, e di finanziare queste spese con i 10 miliardi di euro di attivo di bilancio sottratti all’Inail, sottolineando che questi 10 miliardi sono frutto anche di contributi versati dai lavoratori, e tornando a combattere seriamente l’evasione fiscale. Non bisogna dimenticare che negli scorsi anni la gestione della cassa integrazione è stata ampiamente in attivo, al punto che gli utili sono stati utilizzati per scopi diversi da quelli per cui erano preposti; 6) investire nella manutenzione, lasciando da parte le opere faraoniche, più utili per la propaganda che per lo sviluppo, fornendo agli enti locali le risorse necessarie. La manutenzione crea sevizi, li mantiene appunto, è motore di sviluppo; 7) investire sul welfare, cominciando col mantenere in funzione i servizi già esistenti, come nel caso dei servizi gestiti dei precari della sanità e delle cooperative sociali, che rischiano di perdere il posto di lavoro. Il welfare locale rappresenta una fonte di reddito indiretto per i lavoratori e la generalità dei cittadini, di vitale importanza soprattutto in momenti di crisi; 8) contro l’accordo separato del 22 gennaio sulla riforma del modello contrattuale che riesce a peggiorare i limiti ormai evidenti dello stesso accordo del 23 luglio. Una volta attuato, questo accordo imporrebbe una riduzione strutturale e sistematica delle retribuzioni dei lavoratori, e un forte indebolimento del contratto nazionale, con gli attacchi alla democrazia e al diritto di sciopero, cioè all’essenza stessa del sindacato. Chiediamo il referendum perché le lavoratrici e di lavoratori hanno il diritto di decidere su piattaforme ed accordi che riguardano la loro condizione.
La Cgil sciopera come d’altronde scioperano i maggiori sindacati d’Europa. Lo riteniamo necessario. A tutti i neo-kenesiani dell’ultima ora, ricordiamo che il modello keynesiano stesso, negli Stati uniti, fu il prodotto di una lunga fase di lotte e tensioni sociali. I lavoratori italiani sono oggi chiamati alla mobilitazione proprio perché solo invertendo la rotta, ribaltando il modello economico dominante, è possibile affrontare questa crisi. Comprendiamo quanto difficile sia il momento. Abbiamo compreso nelle molte assemblee fatte tra i lavoratori in questi giorni quanto costi uno sciopero e che sacrificio rappresenti. Ma oggi più che mai, proprio mentre viene messo in discussione, lo sciopero è il solo strumento che i lavoratori possano mettere in campo per ottenere dei risultati.
Questo governo vive una deriva autoritaria evidente. La avvertiamo sui temi del lavoro, ma non possiamo non notare che su temi come l’immigrazione clandestina, con l’eliminazione del divieto di segnalazione che contrasteremo con l’obiezione di coscienza, e sui temi etici, con lo scontro istituzionale ingaggiato con il presidente Napolitano, l’esecutivo metta in discussione i più basilari principi democratici e costituzionali. La difesa della Costituzione diventa necessariamente un altro punto della nostra mobilitazione, perché se salta il patto tra stato e cittadini, cioè in assenza di una forte delimitazione della discrezionalità del «potere», questi ultimi diventano sudditi. Con noi in piazza, il 13 Febbraio, ci sarà, tra le tante organizzazioni aderenti, anche l’Associazione nazionale partigiani (Anpi), una di quelle associazioni che questo governo vorrebbe chiudere, proprio perché oggi la difesa della nostra «carta» costitutiva, quella repubblicana e antifascista, diventa una battaglia anche e soprattutto del mondo del lavoro, oltre che della generalità dei cittadini. La manifestazione di piazza San Giovanni sarà quindi una manifestazione in difesa dei diritti di tutti, e tutte e tutti sono invitati a partecipare.
*Segretario generale Fp-Cgil
**Segretario generale Fiom-Cgil
(11 febbraio 2009)
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