Il Papa che abolì il Vaticano
don Paolo Farinella
Un romanzo storico-teologico che evoca con forza un utopico papato. Fondato sui principi evangelici dell’altra Chiesa ed in contrasto con le gerarchie vaticane colluse con poteri forti, finanza e logiche oscurantiste. "Habemus Papam" (Gabrielli editori) è il nuovo scritto del "prete rivoluzionario" Don Farinella, ne pubblichiamo alcuni stralci.
Arrivò il 2000 e con esso venne un uomo ingiusto, falso e finto che si nutriva di menzogna e di corruzione; egli ammaliò molti e molti lo seguirono come “un messia” perché ricco senza misura.
Fece promesse mirabolanti: “Mai metterò le mani nelle tasche degli italiani, meno tasse per tutti, creerò un milione, anzi un milione e mezzo di posti di lavoro [melius est abundare quam deficere: abbondiamo visto che non costa nulla promettere], se mi voterete sarete tutti felici, vi farò tutti ricchi” e altre stupidaggini consimili. Il popolo, nonostante il secondo millennio di civiltà, credette ancora agli asini volanti e dimentico del precedente del fascismo e di Mussolini cadde nella trappola del ricco che aiuta il povero e gli operai. Illusi!
Il popolo non volle sapere che la ricchezza di quest’uomo fu peccaminosa perché ottenuta con il ricatto, con la corruzione, la prostituzione, la frode, il riciclaggio, accordi malavitosi e patti di mutuo sostegno con la gerarchia della Chiesa cattolica che si vendette al suo servizio, lasciandosi incatenare servilmente, rinnegando Vangelo, Dio e la sua dignità. Il prezzo clericale fu il silenzio su ogni misfatto.
Finiva la Chiesa del silenzio in Oriente e cominciava il silenzio della Chiesa in Italia. Forse per non degradare il silenzio, bisognerebbe parlare di “tacere”: la gerarchia tacente e afona.
Il suo nome fu Milvio Merlusconi, degenere e corrotto fin nel midollo delle ossa nella vita privata come in quella pubblica. Corruttore di tutto ciò che toccava, prostituì se stesso e le istituzioni che indegnamente rappresentava travolgendole nella sentina maleodorante di cui questo individuo era impregnato.
Corruppe minorenni che usò come merce di piacere, e come Caligola nominò senatore il suo cavallo, egli fece nominare ministre e deputate, donne compiacenti, notoriamente prostitute, e uomini servili della sua corte di satrapo vizioso.
Tutto questo avvenne sotto gli occhi ciechi e la compiacenza della gerarchia ecclesiastica che si arrampicò sugli specchi per richiamare senza condannare, per parlare senza dire nulla.
Molti abbandonarono la Chiesa, dando vita a gruppi liberi di autentica fedeltà al Vangelo. Dentro la Chiesa con la puerile accusa di denigrazione dell’autorità, fu perseguitato chi si ostinava a vivere la coerenza del Vangelo. La Chiesa di Cristo, sposa divina, fu trasformata in una meretrice di suburra e offerta come vittima sacrificale sull’altare del moloch del momento.
Mentre eravamo attenti a capire bene la pronuncia del primo nome, il terzo scrutatore, il cardinale-diacono, proclamò con voce solenne e scandendo le sillabe:
– Iohannem Baptistam… – si fermò come colpito da un fulmine. Si levò gli occhiali, avvicinò la scheda al naso, quasi non credesse ai suoi occhi, se li stropicciò, temendo di avere sbagliato, col rischio di rendere vana la votazione. Lesse e rilesse una, due, tre quattro volte quel nome che non figurava in nessun elenco di papabili a lui noto e, alla fine, con un respiro ansimante e con voce declassata, continuò:
– Ita est, errare nequeo… Iohannem Baptistam… È proprio questo, non posso sbagliarmi… Giovanni Battista…
Impossibile pronunciare quel cognome impossibile e, chiedendo aiuto ai santi tutti del Paradiso, finalmente osò:
– Sciaccaluga – lui, africano di lingua inglese pronunciò, in verità, facendo quasi uno spelling, Scieikluk, e come se la scheda gli bruciasse nelle mani la passò velocemente al secondo scrutatore, il quale, più sbigottito del primo, controllò, ricontrollò e alla fine, ormai convinto che tra gli eminentissimi si nascondesse un burlone, disse, senza tanta convinzione:
– Iohannem Baptistam Schiakkaliuga – (era tedesco) e consegnò la scheda al primo scrutatore, come se stesse gettando un pezzo di carta nel cestino.
Dal discorso d’investitura di papa Francesco I
E parlò, come il Maestro duemila anni or sono, come Francesco appena settecento anni prima. E parlò, tenendo nella sua sinistra, contro il cerimoniale, il pastorale argentato e sulla testa la micidiale mitria ingemmata e al dito un vistoso zaffiro che risplendeva nella mano inguantata.
«Ai Paesi poveri del quarto, del terzo, del secondo e anche del primo mondo, dico: voi non avete l’obbligo di pagare i debiti che il Fondo Monetario Internazionale, in accordo con banche e speculatori, vi ha imposto.
Nessuno ha il dovere di pagare debiti che non ha fatto per propria scelta. Nessuno ha l’obbligo morale di sanare i debiti contratti dai politici corrotti che hanno fatto scelte per interesse elettorale o per altro perverso motivo.
Quando un dirigente si arroga il diritto di prendere cento, cinquecento e fino a undicimila volte il salario di un dipendente, è segno che il degrado di una civiltà ha raggiunto l’abisso della ingiustizia dove è giusto che sprofondi senza rimpianti. Quando un sistema economico si struttura in modo che masse sempre più grandi s’impoveriscano per alimentare un numero sempre più piccolo di ricchi sempre più ricchi, la creazione ha fallito il suo compito.
Mi giungono voci che sul Giubileo mani avide e delinquenti hanno steso i loro artigli per spartirsi, tramite la Protezione Civile Italiana e il Comitato del Giubileo, le ingenti risorse stanziate dai governi italiani. Noi vogliamo spezzare questo meccanismo perverso. Non possiamo, non vogliamo, non dobbiamo.
Il Comitato del Giubileo per la sua semplice esistenza ha dato già motivo di scandalo per la leggerezza con cui sono stati gestiti i denari messi a disposizione. Si parla di corruzione di ecclesiastici e uomini delle istituzioni del governo italiano. Non mi meraviglio perché da alcuni anni la gestione del governo italiano è in mano a predoni del deserto che di corruzione sono maestri e artefici e vogliono coinvolgere la Chiesa per poterla ricattare e manovrare. Non possiamo tollerare questo mercimonio, senza pensare al Cristo che “fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, [e] disse: ‘non fate della casa del Padre mio un mercato!’”.
Coloro che nella Chiesa hanno accettato di spartire il malaffare in nome del Giubileo e in rappresentanza del Papa, sono espulsi dalla comunione ecclesiale per incompatibilità. Nessun fine può mai giustificare mezzi illeciti e immorali.
Non è lecito alla Chiesa accettare, non è lecito al governo italiano concedere favori e corruzione. Noi rifiutiamo i favori e gli scambi che per loro intrinseca natura illegale, comunque, devono essere restituiti in forme immorali e contro il bene comune di tutta la popolazione. Ciò che non è dono è sempre compravendita.
So bene che quello che sto per dire è un attentato al galateo diplomatico e al protocollo, ma come esimersi, in quanto Vescovo di Roma, di fronte a comportamenti e legiferazioni disumane e illegali, mentre il governo italiano si vanta impunemente di ispirarsi alla dottrina catto
lica?
In questi giorni e mesi, tutto il mondo ha potuto assistere inorridito ai comportamenti del capo del governo italiano che ogni giorno si vanta di essere cristiano e usurpa concetti e pensieri che non gli appartengono e non ha alcun diritto di usare perché la sua vita e il suo stile di vita sono esattamente agli antipodi del modello cristiano. È meglio trattare alla pari con un miscredente che con un uomo di tal fatta.
Egli è talmente malato nella sua perversione che non si ferma nemmeno davanti all’impudenza di paragonarsi a Dio o al Gesù Messia, arrivando anche a bestemmiare oscenamente credendo anche di fare ridere.
Che miseria! Che squallore!
Il suo comportamento immorale e le leggi indegne a suo favore, fatte approvare col ricatto e la corruzione da un parlamento prono e schiavo, comprato e venduto e quindi delegittimato, sono ancora più vergognosi perché appoggiati e sostenuti dai cattolici che ogni giorno si dilettano a fare gargarismi con i “principi” cattolici come la “centralità della persona” o “il bene comune”, nello stesso momento in cui votano leggi immorali contro l’interesse generale dello Stato e a favore solo del sopruso del capo a cui sono debitori per la loro elezione.
Il dramma raggiunge il suo abisso, quando a fare ciò sono anche coloro che fanno parte di organismi religiosi, come Comunione e Liberazione o Opus Dei, le cui costituzioni sono state approvate con decreto papale. Costoro, poiché tra Dio e mammona iniquitatis hanno scelto consapevolmente mammona, sono fuori della Chiesa perché per la morale sono complici in solido di tutte le immoralità che approvano e anche giustificano pur di non perdere il potere che hanno.
Non è possibile che in politica i sedicenti cattolici stiano sempre dalla parte del malaffare, della corruzione, della malavita, degli evasori, dei corruttori e degli xenòfobi, con i quali fanno affari e spartiscono interessi e denaro.
A costoro noi diciamo: non abbiamo bisogno di voi perché voi siete un cancro per il Paese e uno scandalo per la Chiesa. Noi vi ripudiamo e non abbiamo nulla da spartire con voi, se non vi convertite e non ritornate alla giustizia, alla legalità e alla moralità individuale e istituzionale; se non restituite quattro volte quello che avete rubato come prescrive la giustizia e la decenza.
Al capo del governo italiano e al parlamento che lo protegge, giustificandone ogni ignominia, anche l’induzione alla prostituzione di minorenni di cui ha abusato, come ai cattolici che lo appoggiano, io, Francesco, Vescovo di Roma, dico: avete perso ogni legittimità etica, civile e religiosa se mai ne avete avuto anche una parvenza.
Le leggi contro il “corpo di Cristo” che oggi sono i migranti, trattati come merce scadente da buttare in mare, le leggi a tutela dei delinquenti, i parlamentari e specialmente le parlamentari nominate perché compiacenti col capo, sono la negazione di ogni civiltà, di ogni regola di decenza e di economia, sono un insulto alla dottrina sociale della Chiesa e al suo magistero, sono indegne di un Paese che voglia essere decentemente democratico. È tempo di chiarezza e bisogna decidere da che parte stare.
Oggi davanti al mondo, come Sant’Ambrogio a Teodosio, io, Francesco, dico al capo del governo italiano: il Papa non stringerà la mano di chi si è macchiato di colpe sociali e morali gravi, vantandosene pubblicamente.
Pubblicamente dovrà prima espiare. Pubblicamente dovrà risarcire il male fatto e i furti perpetrati, e solo dopo un lungo tempo di silenzio e penitenza, potrà essere riammesso nella comunione ecclesiale: dovrà restituire tutto quello che ha defraudato con l’inganno, con la corruzione, con l’evasione, con la bugia, dovrà ritirarsi a vita privata, vissuta nell’austerità e nella penitenza, dovrà farsi giudicare dal proprio giudice naturale, come ogni inquisito, senza privilegi e senza sotterfugi. Non può avere paura chi opera il bene.
I cardinali e i vescovi che lo hanno appoggiato e sostenuto, sono automaticamente sospesi dal loro ministero e qualunque atto compiono da oggi, è illegittimo.
I vescovi che dovevano sorvegliare il popolo di Dio dagli artigli della bestia feroce, sono diventati i custodi del disonore e dell’immorale illegalità.
Colgo l’occasione per revocare la nomina di “Nobil Uomo” al sottosegretario di questo immorale governo perché il suo agire equivoco e i suoi sotterfugi illeciti sono incompatibili con un “familiare del Papa”.
È tempo di chiarezza e io intendo fare pulizia. Poiché tutto ciò è accaduto in modo pubblico, pubblica è la mia riprovazione, a monito futuro per quei cardinali e vescovi e monsignori e preti che, usando l’etica come una fisarmonica, hanno creduto di difendere gli interessi della Chiesa venendo a patti con uomini del genere.
Che Dio li perdoni, perché per meno di trenta denari hanno venduto la credibilità loro e quella della Chiesa stessa, hanno svilito la forza del Vangelo, hanno macchiato la veste inconsutile della Sposa del Verbo.
Mai più! Mai più! Nessun fine potrà mai giustificare l’uso di mezzi che non siano onesti e leciti.
Con il cardinalato che è la massima onorificenza che la Chiesa ha conferito fino ad oggi, abolisco tutte le altre onorificenze religiose e laiche e titoli corrispondenti, dichiarando senza alcun valore tutti e qualsiasi titolo concesso fino ad oggi dalla Chiesa. Monsignori, canonici, camerieri segreti e palesi, gentiluomini e cavalieri… nessuno ha più il diritto di fregiarsi di riconoscimenti concessi da questa sede apostolica. La Chiesa di Cristo non ha titoli da concedere ai vanitosi del mondo, ma solo servizi da chiedere agli umili della terra.
Tutte le ricchezze della Chiesa, a cominciare dal Vaticano e per finire alla più piccola parrocchia sperduta nella più smarrita campagna, saranno destinate ai poveri: finché vi sarà sulla terra un solo bambino che muore di fame, noi non abbiamo il diritto di spezzare il pane dell’Eucaristia».
(14 settembre 2012)
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