Il Pd e la sconfitta dei fighetti del partitino
Caro Paolo, non potendo partecipare all’iniziativa contro le nuove leggi vergogna, cerco di dare il mio contributo come posso. Oggi pubblico questo sul Secolo XIX.
Pierfranco Pellizzetti
L’equivoco è stato definitivamente sciolto dal premier: «il dialogo con questa opposizione è chiuso». Solo perché questa opposizione si era permessa di pigolare qualche timido distinguo sui colpi di mannaia inferti dal suddetto premier a informazione e magistratura per i disturbi che potevano arrecare alla sua persona.
C’è qualcuno che intende ancora riproporre la formula delle “larghe intese” (vulgo, “Der Grosse Koalitionen”) per cogestire i terribili appuntamenti di un Paese in crisi? C’è qualcuno che crede ancora nell’appello a “comportarsi da statista”, figura di cui qui da noi si sono perse perfino le tracce?
Intanto si incomincia a capire meglio quanto effettivamente accadde alla fine dell’anno scorso. Quando – nei dialoghi segreti tra Silvio Berlusconi e Uolter Veltroni – si negoziò qualcosa che convinse il neo leader del PD a intraprendere tutta una serie di karakiri: la caduta del governo “amico” di Romano Prodi, le elezioni anticipate ad aprile e la scriteriata corsa da solo.
Proprio allora – infatti – venne messo a punto un trappolone in cui il candido Veltroni cadde senza rendersene minimamente conto: la promessa di realizzare nella nuova legislatura quel “compromesso storico” tra maggioranza e opposizione che resta il grande mito per ogni figiciotto di antico pelo. A tale scopo bisognava evitare ogni tono aggressivo in campagna elettorale e – ovviamente – rassegnarsi a perdere le elezioni. In cambio si sarebbero spalancate le porte del giardino delle delizie consociative.
Lo storico avversario del buon Uolter – Massimo D’Alema – era ormai (temporaneamente) fuori gioco, grazie a una serie di articoli pubblicati da Repubblica che riprendevano improvvisamente il tema spinoso di Unipol e dei disegni di Gianni Consorte. Idem per Piero Fassino. Sicché il leader clintoniano del Partito Democratico poteva giocare tranquillamente la partita senza disturbatori interni.
Così ha fatto, per poi avere l’ennesima conferma di quanto è noto ormai a tutti: Berlusconi è il più formidabile venditore di esche avvelenate dell’intero pianeta.
Soprattutto è risultata evidente la differenza in quanto a spiriti animali che corre tra i “furbetti del partitino”, cresciuti nelle mollezze sfinenti di segreterie cui si è avuto accesso già in età puberale, e chi ha saputo accumulare ricchezze da re Mida trafficando con il coltello tra i denti in tutti i peggiori bar, dalla Brianza a Caracas. Coltivando relazioni con avventori di ogni risma e caratura; compresi gli stallieri mafiosi condannati all’ergastolo.
Insomma, fighetti che si illudevano di prendersi gioco di un voracissimo rettile fluviale.
Questi fighetti ormai suonati che ora dimostrano di non saper più che pesci prendere. Abbandonati – come sono stati – persino dal loro padre nobile, Eugenio Scalfari, che comincia a porsi la domanda che sino a ieri giudicava improponibile: stiamo scivolando verso un regime? Ma guarda un po’.
Di certo è che, mentre la pubblica opinione viene depistata ad arte dalla drammatizzazione dei problemi di Berlusconi con media e magistrati trasformati in trincee della libertà, nel Paese continua il rapido scivolamento verso il declino. E non appaiono all’orizzonte soggetti in grado di convogliare energie collettive alla reazione.
Se continuiamo su questa china l’unica specializzazione produttiva, l’unico modello di sviluppo possibile, sarà quello di farci buttare fuori dall’Europa (che già dimostra di averne le scatole piene dei disturbatori professionali) e trasformare l’intera penisola in un immensa isola Cayman, che galleggia in mezzo al Mediterraneo calamitando capitali in cerca di approdi tranquilli.
Una sequenza ininterrotta di provvedimenti – dalla depenalizzazione del falso in bilancio al controllo politico sulla magistratura – sono un efficace messaggio tranquillizzante per “un certo tipo” di flussi finanziari. Nonostante i pigolii dei fighetti del partitino.
Pierfranco Pellizzetti
(30 giugno 2008)
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