Il piccolo grande Capo contro l’immondizia

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Il piccolo grande uomo, dopo aver sbaragliato tutti i nemici, dai rossi ai magistrati, dai riformisti ai riformati, era tornato ad essere capo del governo per la terza volta e pensava di essere divenuto un piccolo grande Capo.
Glielo farò vedere a tutti di che cosa sono capace, pensava ogni mattina quando si alzava.
Voleva cominciare subito a realizzare opere eccezionali, come tutti i grandi capi, anche quelli piccoli di statura. C’era chi aveva fatto costruire il Beaubourg, chi la piramide del Louvre, chi aveva fatto arrivare i treni in orario e combattuto a torso nudo la grande battaglia del grano. Lui si sarebbe contentato, almeno in principio, di far costruire un lunghissimo ponte sul mare e un asse ferroviario dal Piemonte al Veneto, così veloce che tutti gli europei avrebbero voluto provarlo.
Purtroppo il destino cinico e baro – che in Italia è sempre in agguato – gli aveva preparato un terribile trappola. Appena arrivato, prima di ogni altra cosa, avrebbe dovuto combattere e vincere un nemico gigantesco, fetente, a volte fradicio e purulento, altre volte secco e infiammabile o tagliente come il vetro, capace di stillare veleni mortali.
Un drago, direte voi, con una lingua di fuoco e la corazza di scaglie affilate. Magari. Se così fosse stato il piccolo grande Capo avrebbe potuto vantarsi urbi et orbi di un’impresa eroica.
Invece il tremendo nemico era assai meno suggestivo: era la monnezza.
Un nemico che non parlava, non reagiva ai colpi che vi affondavano come nel fango, diventava sempre più grosso e velenoso e se ne fregava del Capo e degli umani che si aspettavano di essere liberati.
Il piccolo grande Capo, coraggioso come una mangusta, si era recato nel nido stesso del nemico, sicuro di intimorirlo. La prima volta era salito sulle spalle della guardia del corpo più alta e, mentre tutti applaudivano, si era battuto i pugni sul petto e aveva gridato Baussettete! sperando che l’immondizia scappasse via.
Aveva pensato di esserci riuscito, perché proprio quel giorno l’immondizia, almeno dove era lui non si era fatta vedere. Forse si era nascosta addirittura prima del mio Baussettete, avrà pensato il piccolo grande Capo tutto gongolante. Però, appena partito era comparsa nuovamente, più rigonfia e fetente di prima.

Allora il piccolo grande Capo aveva chiamato l’Uomo Vero, specializzato nel far paura all’immondizia come l’Uomo Nero faceva paura ai bambini capricciosi; intanto per essere più sicuro che l’Uomo Vero funzionasse, aveva emanato editti e ultimatum che proibivano al grande nemico di puzzare, di percolare, di prendere fuoco, di lievitare giorno e notte.
Ma l’immondizia non se ne dava per intesa, seguitava a fare i suoi porci comodi, è il caso di dirlo, sempre con maggiore sfrontatezza.
Il piccolo grande Capo era molto scoraggiato. Non poteva far arrestare i rifiuti per assembramento o radunata sediziosa, né poteva seguitare a stivarli nei C.P.T.R (Centri di Permanenza Temporanea per Rifiuti) ormai pieni da parecchi anni. I treni e i camion non bastavano a portar via neppure l’immondizia prodotta ogni giorno.
Inoltre due domande insidiose lo tormentavano giorno e notte.

Se io perdo la guerra e vince l’immondizia, si chiedeva, cosa diranno di me all’estero? Che sono l’unico capo di governo sconfitto dalla monnezza. Altro che grande ferrovia e ponte sul mare! Dovrò dimettermi per non essere preso in giro nelle riunioni internazionali
Ma se vinco e faccio sparire tutta la monnezza, che diranno? Che sono l’unico capo di governo che ha combattuto e vinto una guerra contro l’immondizia. Quella che, di solito, combattono e vincono gli spazzini. Gli altri capi si congratuleranno con me, magari sorridendo beffardi, ma per loro non sarò mai un piccolo grande Capo, ma soltanto un piccolo grande Spazzino.

Finché un giorno ebbe un’idea che lo consolò un poco. Ci fossero ancora i comunisti, pensò, potrei dire che l’immondizia fa parte di un complotto per sabotarmi. La gente ci ha sempre creduto, ci crederebbe anche ora.
Prima o poi devo sentire l’amico Veltroni se può darmi una mano. Non li avrà mica finiti proprio tutti?

(2 giugno 2008)



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