Il “respingimento” dei diritti umani e del Vangelo: chiese ed associazionismo contro il governo
di Emilio Carnevali e Ingrid Colanicchia, da www.adista.it
Il ministro degli Interni Roberto Maroni lo ha spiegato con la consueta chiarezza e l’abituale rudezza: “Io il clandestino non lo faccio entrare; lo respingo e torna da dove è venuto senza entrare nel merito di chi è, e perché viene”. Questo è il senso della “svolta storica” (la definizione è ancora del ministro degli Interni) inaugurata lo scorso 6 maggio quando 227 migranti provenienti dalla Libia sono stati intercettati in acque internazionali e riportati a Tripoli da motovedette italiane. Una svolta che sancisce il passaggio dalla politica del “rimpatrio” a quella del “respingimento” (senza alcuna possibilità di accertare se i singoli migranti hanno i requisiti per effettuare la richiesta di asilo politico) e che non ha mancato di suscitare animate polemiche.
L’avvicinarsi delle elezioni europee ha contribuito ad alimentare il “cattivismo” dell’attuale maggioranza sulle politiche migratorie dato il buon riscontro in termini di consensi e voti che questo atteggiamento garantisce. Non è un caso che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi – sempre molto attento a mantenere stretto il legame con l’elettorato del Carroccio, ormai primo partito in molte zone del Nord Italia – si sia subito affrettato a dare la propria copertura politica al ministro leghista: “Nessuno scandalo” per i respingimenti, ha dichiarato il premier. “La sinistra con i suoi precedenti governi aveva aperto le porte ai clandestini provenienti da tutti i Paesi. Quindi l’idea della sinistra era ed è quella di un’Italia multietnica. La nostra idea non è così”. Pochi giorni dopo, partecipando al vertice italo-egiziano di Sharm El Sheik, Berlusconi ha anche cercato di mettere il cappello all’iniziativa: “Gli accordi con la Libia li ho gestiti io, li ho sottoscritti io, Maroni esegue gli accordi che sono stati direttamente presi fra me e Gheddafi”.
L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha espresso al governo italiano la sua “grave preoccupazione” per la nuova linea adottata con i migranti intercettati in mare e ha chiesto all’esecutivo di “riammettere quelle persone rinviate indietro dall’Italia e individuate dall’Unhcr come persone che cercano protezione internazionale”. Posizione che ha ricevuto il “pieno appoggio” del segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon.
Intanto, l’esecutivo tira dritto e incassa il via libero della Camera dei Deputati, dopo tre maxi‑emendamenti con annessi tre voti di fiducia, al “Pacchetto Sicurezza”, che introduce il reato di immigrazione clandestina, esclude gli irregolari dai pubblici servizi (con l’eccezione di sanità e scuola), e prevede l’introduzione delle ronde care alla Lega Nord. All’approvazione definitiva manca soltanto un ulteriore passaggio in Senato, che il capogruppo della Lega a Palazzo Madama, Federico Bricolo, promette avverrà “in tempi brevissimi”.
“La molteplicità è un fatto. Ed un valore”
Critiche severe al governo sulla questione dei “respingimenti” sono giunte da importanti esponenti della gerarchia cattolica. Il primo a intervenire è stato il segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, mons. Agostino Marchetto, secondo il quale il rimpatrio dei clandestini in Libia “ha violato le norme internazionali sui diritti dei rifugiati”. “La normativa internazionale, alla quale si è appellata anche l’Onu, prevede che i possibili richiedenti asilo non siano respinti, e che, fino a che non ci sia modo di accertarlo, tutti i migranti siano considerati ‘rifugiati presunti’”. “Capisco che gli attuali flussi misti complicano le cose anche per i governi – ha aggiunto mons. Marchetto – ma c’è bisogno comunque di rendere operative le norme concordate e riaffermate più volte nelle sedi internazionali".
Don Giandomenico Gnesotto, direttore dell’ufficio pastorale degli immigrati e rifugiati della Fondazione Migrantes, è intervenuto a Radio Vaticana (8 maggio) sottolineando che “la Libia è uno dei pochi Paesi che non ha sottoscritto la Dichiarazione fondamentale dei Diritti dell’Uomo”. E ha aggiunto: “Va verificato l’effettivo trattamento di chi viene mandato in Libia, e ricordiamoci che la Libia ha una frontiera a sud, che significa deserto, e muoiono più persone in questi viaggi della speranza nel deserto che lungo le rotte del Mediterraneo per raggiungere le nostre coste”.
Il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, mons. Mariano Crociata (10 maggio), ha invece risposto indirettamente alle parole del Presidente del Consiglio su integrazione e multiculturalismo: le questioni legate alla multietnicità e alla multiculturalità in Italia, ha affermato mons. Crociata, “sono discorsi superati, nel senso che la molteplicità è un fatto. Ed è anche un valore”.
Mons. Crociata è stato inoltre fra i partecipanti del IV Convegno ecumenico nazionale organizzato dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), dalla Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della Cei e dalla Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia e Malta del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Nel corso del Convegno – che si è svolto il 7 e l’8 maggio scorsi a Siracusa e al quale hanno preso parte, fra gli altri, il presidente della Fcei Domenico Maselli, il vescovo di Terni e presidente della Commissione per l’ecumenismo della Cei mons. Vincenzo Paglia, e padre Augustin Gheorghiou in rappresentanza del vescovo ortodosso rumeno Siluan – cattolici, evangelici ed ortodossi hanno approvato all’unanimità un documento in cui si esprime “preoccupazione vivissima per norme e provvedimenti nei confronti degli immigrati e dei rifugiati, che rischiano di violare fondamentali diritti umani e di negare elementari principi di umanità, di tutela dell’infanzia e dell’unità familiare, di convivenza negli spazi pubblici e di libertà di espressione della propria tradizione religiosa”.
L’Ac: costruire una identità comune
Ma le voci più critiche si sono levate dal basso. A conclusione del Convegno delle presidenze diocesane di Azione Cattolica (v. notizia in questo stesso numero), il 10 maggio scorso, il presidente Franco Miano ha espresso il suo disappunto per “l’uso strumentale che la politica troppo spesso fa di grandi questioni, come l’immigrazione”. “Il nostro impegno – ha continuato – è costruire una cultura dell’accoglienza”: “La società multietnica che alcuni rifiutano è già un dato di fatto per il nostro Paese”. “La sfida per la politica – ha proseguito – è semmai come far crescere legalità e sicurezza senza intaccare il rispetto della persona migrante e senza chiudere pregiudizialmente la porta; la sfida per tutti noi è costruire un’identità comune a partire dal rispetto delle identità di ciascuno, senza appiattimenti ma rapportando ciascuna cultura alle altre nel rispetto di tutti”.
Acli: garantire il diritto d’asilo
Le Acli, da parte loro, chiedono garanzie sulla sorte degli immigrati respinti sulle coste libiche: “Il Governo chieda formalmente alla Libia ‑ propone il presidente Andrea Olivero ‑ il permesso di inviare una commissione parlamentare mista italiana ed europea per accertarsi delle condizioni delle persone respinte. Il diritto internazionale ci im
pone di garantire la sicurezza dei richiedenti asilo”.
Famiglia Cristiana: “Respingimenti elettorali”
Accuse ancor più dure da Famiglia Cristiana (20/2009) che in un editoriale di Beppe Del Colle, dal titolo “Immigrati ‘respinti’ per fini elettorali”, afferma che il governo fomenta paure e insicurezze in vista delle imminenti elezioni europee e amministrative e del referendum del 21 giugno. “Gli africani – denuncia ancora il settimanale dei paolini -, prima li abbiamo schiavizzati per due o tre secoli; poi per oltre un secolo li abbiamo colonizzati, per portargli via materie prime che servivano alla nostra industrializzazione; adesso non li vogliamo fra di noi, punto e basta. E l’Onu, le associazioni umanitarie, la stessa Chiesa dicano quello che vogliono”. “Le norme internazionali sul diritto all’asilo sono carta straccia”, conclude Famiglia Cristiana: “Li rimandiamo in Libia, incuranti del fatto che Tripoli non ha mai riconosciuto la Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati; e del fatto che, nel solo 2008, il 75% di chi è giunto via mare in Italia ha chiesto asilo politico e che al 50% di essi è stata concessa una forma di protezione internazionale. Dunque, prima di ‘respingerli’ occorre almeno verificare questo diritto”.
Pax Christi: “prove di apartheid”
"Siamo alle prove di apartheid”, è il commento del nuovo Consiglio nazionale di Pax Christi (v. notizia su questo stesso numero). “Non possiamo tollerare l’idea – si legge in un comunicato diffuso il 10 maggio scorso – che esistano esseri umani di seconda e terza serie e che dentro e fuori l’Italia si formi un popolo di ‘non-persone’”: “Oggi – conclude la nota – per noi si pone seriamente la questione se la comunità cristiana non debba sfidare le diffuse tendenze xenofobe e razziste con la disobbedienza civile”.
Don Renato Sacco: “Non c’era posto per loro…”
“Sarà un caso”, chiosa il 14 maggio don Renato Sacco, parroco a Cesara (Verbania) e membro di Pax Christi, “ma proprio mentre il Papa era a Betlemme e risuonavano le parole del Vangelo di Luca ‘non c’era posto per loro nell’albergo’, in Italia risuonavano le parole di Bossi “cominciamo a respingere, dopo si vede…”, parlando con i giornalisti a proposito delle critiche dell’ONU sui respingimenti dei barconi di immigrati, e mentre alla Camera si votava la fiducia sui maxiemendamenti al ddl sicurezza.
Nsc: la Chiesa si mobiliti in massa
E sulla coscienza cristiana ha fatto leva, in un comunicato del 13 maggio scorso, anche il portavoce di “Noi Siamo Chiesa”, Vittorio Bellavite: “Mi sembra che ogni credente nel Vangelo di Gesù sia tenuto a denunciare ad alta voce e ad operare concretamente contro i partiti e gli uomini di governo che sono protagonisti di questa vergognosa marcia verso il razzismo e che sono espressione dei peggiori istinti xenofobi che sono presenti nella nostra società. Sono gli stessi personaggi che pretendono di difendere i valori della civiltà cristiana e occidentale e che esprimono in ogni occasione un untuoso ossequio alle autorità ecclesiastiche”. “Nel mondo cattolico – ha continuato Bellavite – stanno emergendo sempre di più critiche, anche forti, sui provvedimenti legislativi e amministrativi di queste settimane. Mi sembra però che la mia Chiesa debba organizzare una ben maggiore mobilitazione di massa contro la legge in discussione e contro i respingimenti in Libia. Non riesco a capire come ci possa essere stata una mobilitazione vastissima e di lunga durata (del tutto opinabile e da noi criticata) sul caso Englaro e non ci sia ora un impegno altrettanto forte e generalizzato su questa situazione”.
CdB di Cassano: fermiamo i nuovi barbari
A preoccupare maggiormente la Comunità cristiana di base di Cassano, vicino Napoli, come si legge nel comunicato diffuso il 9 maggio, “non sono soltanto le scelte inique di certa politica ‘becera’ che sta progressivamente alterando gli equilibri del nostro vivere civile, quanto piuttosto il ‘silenzio’ dei tanti, a cominciare da pezzi importanti della società civile, che non si mobilitano contro questa orribile deriva autoritaria”. “Non basta più semplicemente indignarsi – è la conclusione cui giunge la Comunità -, occorre agire, con gli strumenti della democrazia, per fermare i ‘nuovi barbari’ che stanno riproponendo foschi scenari di intolleranza che mai più avremmo voluto vedere”.
Raniero La Valle: “Una pagina infamante”
Di tragedia parla Raniero La Valle leader di Sinistra Cristiana, oggi candidato alle elezioni europee per la lista Rifondazione Comunista‑Comunisti Italiani (circoscrizione Centro), in un articolo apparso su Liberazione (10-11/5): “Quello che è avvenuto scrive una pagina d’infamia nella storia del nostro Paese”. “Ora deve essere chiaro che questa infamia non ricade tanto su chi ha eseguito gli ordini, e non è nemmeno solo della Lega, che quegli ordini ha voluto e impartito, ma ricade su tutto il Paese”: perché la Lega, continua La Valle, esprime “al massimo grado la politica italiana, non nella sua continuità, ma nel suo cambiamento, avendo lo stesso ministro Maroni definito come una svolta storica l’eroica operazione navale del Mediterraneo”. “Per questo cambiamento – continua il leader di Sinistra Cristiana – bisogna trovare una parola nuova, tanto è nuova una politica che nell’Italia repubblicana mai aveva tirato su qualcuno per schiacciarlo, mai aveva atrocemente ingannato degli infelici che credevano di essere stati salvati, mai aveva infierito su uomini vinti, donne incinte e bambini innocenti reduci da cinque giorni d’inferno senza acqua né cibo su barconi diretti ma mai arrivati in Europa. La parola che definisce questa nuova fase della politica italiana (che non si attua solo per mare) è ‘crudelizzazione’. Vuol dire che la nostra politica non solo è inadeguata, fatua ed ingiusta, ma sta diventando crudele”. “E sta diventando crudele – conclude La Valle – proprio perché è inadeguata, frivola ed ingiusta: perché lascia che l’Italia si impoverisca senza fare niente, perché non difende e nemmeno prende in considerazione il diritto al lavoro, perché non gliene importa niente di chi non ha casa, perché promette miracoli ai terremotati ma i soldi non li dà perché li aspetta dalle lotterie e non dalle tasse, perché butta fuori dalle scuole che non sono dell’obbligo i giovani clandestini preferendoli sui marciapiedi piuttosto che in e tutto ciò crea un senso di insicurezza e di malessere nei cittadini, fomenta l’idea che sia dato agli stranieri quello che loro hanno perduto e scatena la guerra tra poveri”.
Jrs: “Minati i valori fondanti dell’Europa”
Forte preoccupazione è stata espressa anche dal Jesuit Refugee Service che ha sottolineato come “le azioni condotte oggi dall’Italia minaccino i valori fondanti dell’intera Unione Europea”.
Tavolo Asilo: stracciato il diritto internazionale
Non hanno naturalmente mancato di far sentire la propria voce anche tutte quelle associazioni, soprattutto laiche, che lavorano a contatto con i migranti. “Le modalità alla base dell’operazione, svolta in aperta violazione delle norme che tutelano i richiedenti asilo dal refoulement (art. 33 della Convenzione di Ginevra e art. 3 de
lla Convenzione europea dei diritti umani) non sono note”, hanno scritto, in un comunicato del 7 maggio, gli enti di tutela dei rifugiati riuniti nel Tavolo Asilo (tra cui figurano Amnesty International Italia, Arci, Centro Astalli) che denunciano come la gran parte dei contenuti concreti delle intese tra Italia e Libia in materia di immigrazione – anche dopo la firma e la ratifica, lo scorso febbraio, dell’accordo quadro da parte del Parlamento – resti inaccessibile alla società civile.
Tavola della Pace: “Offesi e feriti”
“La decisione del governo italiano di respingere i disperati che fuggono dalla guerra, dalle torture, dalla fame e dalla miseria ci fa male, ci offende e ci ferisce”, hanno fatto eco i partecipanti al meeting nazionale ‘Per un’Europa di Pace’, svoltosi ad Assisi dall’8 al 10 maggio scorsi per iniziativa della Tavola della Pace e del Coordinamento nazionale degli Enti locali per la pace e i diritti umani. “Come italiani, proviamo vergogna. Nessun governo si può permettere di venire meno ai doveri di solidarietà, di accoglienza e di difesa dei diritti umani che sono iscritti nella nostra carta Costituzionale e nel diritto internazionale dei diritti umani. Nessun governo può togliere a nessuno il diritto al cibo, alla salute, all’istruzione, ad un lavoro dignitoso”. “Questi fatti – hanno concluso – ci offendono e ci feriscono. Così come ci sentiamo offesi e feriti da tutte quelle leggi, quei provvedimenti, quelle dichiarazioni, quelle parole velenose che stanno alimentando nel nostro Paese un clima di violenza, discriminazioni, intolleranza, insofferenza, razzismo, divisione e insicurezza”.
Arci: sciopero contro la barbarie
Il 13 maggio scorso dirigenti e operatori dell’Arci hanno iniziato uno sciopero della fame per protestare contro il ‘Pacchetto Sicurezza’ e “la barbarie dei respingimenti in mare” (ogni martedì, mercoledì e giovedì delle prossime settimane, dalle 11 alle 16, in piazza Montecitorio sit in di protesta). “L’Arci – si legge nel comunicato diffuso alla vigilia dell’iniziativa – invita gli esponenti delle forze politiche di opposizione e tutte le cittadine e i cittadini che non vogliono arrendersi al degrado politico, civile e morale determinato dall’escalation del razzismo di Stato, ad aderire allo sciopero della fame: perché il ddl sicurezza sia ritirato; perché si ponga immediatamente fine ai respingimenti verso la Libia, Paese che non ha ratificato la convenzione di Ginevra sui rifugiati, di centinaia di donne, uomini e bambini prelevati in mare e consegnati a un futuro di morte, di violenza, di detenzione”.
(22 maggio 2009)
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