Il Vangelo non sta al centro

don Walter Fiocchi

, da adistaonline.it

«Il rischio è che la frammentazione porti a un’irrilevanza della presenza dei cattolici» in politica. Mi pare che, con questa frase, mons. Fisichella esprima bene la preoccupazione delle gerarchie nell’ultimo ventennio di vita politica italiana, da Ruini in poi. 20 anni, a mio giudizio, di clericalismo che ha cancellato le acquisizioni del Vaticano II: «La Chiesa non pone la sua speranza nei privilegi offertigli dall’autorità civile. Anzi essa rinunzierà all’esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso può far dubitare della sincerità della sua testimonianza» (Gaudium et spes, 76). L’autonomia e la libertà di coscienza erano affermate con decisione; nelle scelte morali individuali, nella politica, nella professione, gli esperti sono i “laici”, inseriti nel mondo. «Spetta alla loro coscienza iscrivere la legge divina nella vita della città terrena» (GS 36; 43).

Questa messa tra parentesi dei principi conciliari ha portato ad un’afasia del laicato cattolico “adulto” in particolare. I “cattolici adulti”, al massimo, possono ritrovarsi a Todi o altrove. E, più che a dialogare, ad ascoltare la tonaca di turno. E così, il “mondo cattolico” ha tanti attori e pochi registi, per lo più in abito talare, ai quali i media si rivolgono ormai direttamente, per trarne indicazioni pregnanti di indirizzi, veti, obiettivi. Una supplenza quantomeno imbarazzante, per chi la esercita e per chi la subisce, con passiva accettazione di una endemica minorità di pensiero politico.

Sembra tornata d’attualità la massima latina «la virtù (e la Verità) sta nel centro». Così si guarda, da Monti in poi, ad un centro che ha come approdo il Partito Popolare Europeo conservatore; e all’appoggio di parte della gerarchia per fare un’ammucchiata di movimenti e sigle cattoliche con referente un liberale come Montezemolo.

Con l’autorevolezza e la sobrietà di Monti, il neonato centro non offre che un’agenda: mancano però anima, prospettiva, valori, progetto. Si continua a navigare, con più competenza e autorevolezza internazionale, nel mare capitalistico senza indicare se, come e cosa cambiare del modello che ci ha portati a questi livelli di disoccupazione e all’impoverimento di troppe famiglie e imprese. Diceva il cileno Tomic: «Non esiste il centro tra giustizia e ingiustizia». Basterebbe semplicemente riconoscere: «È il capitalismo, bellezza!». È contro un sistema ingiusto che bisogna schierarsi e non fare del mercato un dogma, secondo lo spirito bocconiano.

Io non credo che il Vangelo stia al centro! Il Maestro è nato tra gli ultimi, tra gli emarginati, straniero seppur in patria, nato “nel verso della storia”; ha frequentato le “mele marce” e gli “scomunicati” del suo mondo religioso e politico; morto sulla croce, come la “feccia” dell’umanità. Prima di tutto l’Essere umano: principio da tradurre in scelte della sua Chiesa, senza farla diventare “crocerossina dell’umanità”, ma “Chiesa del grembiule”, Chiesa che lava i piedi, Chiesa che non ha paura di macchiarsi gli abiti di sangue, soccorrendo l’uomo ferito sulla strada da Gerusalemme a Gerico, rendendosi “impura” per il culto, Chiesa che cammina nel fango, Chiesa che ha il coraggio di prendere posizione per l’accoglienza, il rispetto di ogni fede, della pace, della giustizia… Pena l’insignificanza e la vacuità di una Chiesa rinchiusa nel culto, nelle devozioni o nei devozionismi, nei cerimoniali che non trovano poi “incarnazione” nei fatti e nelle scelte.

Come ha scritto Raniero La Valle, siamo usciti sì dalle ideologie, ma siamo caduti in idolatrie suicide, in «un mondo modellato sul danaro dove i tagli alle spese sociali e l’aumento delle tasse ai poveri scattano per meccanismi automatici senza nemmeno intervento di mani d’uomo; un mondo dove la politica è licenziata, le leggi del mercato sono promosse a leggi di natura, il divario tra ricchi e poveri aumenta e la disperazione prende alla gola milioni di persone». Anche questi sono “valori non negoziabili”. Da difendere non con prostituzioni politiche della Chiesa, ma cercando meno di egemonizzare culture, influenzare politiche e regolamentare la vita dei cittadini, e più di raccontare di Dio, il Dio del Vangelo. Si testimonia anche con la vita: i cattolici lo facciano allora con l’esempio personale e non con il tentativo di rendere egemoni le proprie convinzioni, limitando i diritti e le libertà di chi queste convinzioni non condivide.

* Parroco a San Giorgio in Castelceriolo (Alessandria)

(28 gennaio 2013)



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