Il Vaticano va alla guerra

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di Michele Martelli

La Suprema Corte ha deciso. Le terapie ad Eluana Englaro possono essere sospese. Il padre Beppino ha commentato: «Ce l’abbiamo fatta!». Ma il Vaticano è sempre più in guerra. Una guerra interna, in Italia, che le gerarchie pontificie considerano il cortile di casa, contro le più alte autorità istituzionali. E una guerra esterna, contro Barack Obama, il neo presidente della più grande potenza mondiale. Sempre su aborto, eutanasia e cellule staminali embrionali. Due fronti della guerra bioeticistica del Vaticano contro la scienza, la democrazia e l’etica laica. Dichiarazioni arroganti e avvertimenti minacciosi che fanno accapponare la pelle. Prima e dopo la decisione della Suprema Corte. E prima e dopo l’elezione di Obama.
Cardinale Javier Lozano Barragán: «Il no alle sperimentazioni vale per tutti», scienziati e politici, Obama incluso. Cardinale Francis George, presidente della Conferenza episcopale statunitense: «Il bene comune impone che coloro che attendono di nascere non siano uccisi legalmente». A chi parla George con tanta sicumera? Ad Obama, che ha promesso agli americani che lo hanno eletto, compreso il 54% dei cattolici, di estendere la legalizzazione dell’aborto. In quella sicumera vescovile, sinora mai espressa nei confronti di un presidente americano appena eletto, non sembra di avvertire un’eco di quella «carineria» sottilmente razzistica dell’«abbronzato» burlesconio? Ancora l’ineffabile Barragán, assertore col Vaticano dell’eutanasia come una forma di assassinio: «Una cosa mostruosa»; «Privarla dell’alimentazione significa ammazzarla» (avvertimento ai giudici della Corte di Cassazione ancora riuniti in camera di consiglio per decidere su Eluana). Salvo a fare lo gnorri subito dopo: «Parlavo in generale, non volevo intervenire in una vicenda politica». Adesso almeno sappiamo da quale scuola millenaria Berlusconi ha imparato l’arte di negare, un attimo dopo, di aver detto quello che ha detto un attimo prima!
Ed ecco infine l’«Avvenire» piangere lacrime di coccodrillo sulla sorte di Eluana. Sfogliando le pagine del quotidiano sono ben in mostra le foto di Eluana prima dell’incidente, bella, vitale, giovane e sorridente. Mai l’immagine tragica di un corpo irriconoscibile, in stato vegetativo, segnato da morte cerebrale, in coma irreversibile, da 18 anni giacente in un lettino d’ospedale, a strazio permanente dei suoi genitori. Come se il pietoso lasciar morire di morte naturale un corpo martoriato e oramai senza più coscienza equivalesse al barbaro assassinio di una giovane piena di vita e di speranze!
Allo stesso modo, l’equivoco linguaggio bioeticistico cattolico equipara a “persona” l’embrione appena concepito, del tutto privo di sistema neurocerebrale e di coscienza. Linguaggio ancora più assurdo, allorché si pretende di vietare la sperimentazione sulle cellule staminali embrionali in esubero. Anche loro “persone”. Milioni di “persone” da battezzare?
Nessuno può sostituirsi ad Eluana, decidere al suo posto! Gridano le Eugenie Roccelle filoclericali. Nessuno, ad eccezione delle gerarchie vaticane. Che, oltre che ad Eluana, e ai suoi genitori, e alla Suprema Corte, amano sostituirsi anche agli scienziati. Simili a stregoni postmoderni, pretendono di possedere il mistero della vita e della morte. Per imporre alla scienza confini, regole e divieti. Un esempio dei loro diktat? Idratazione e alimentazione con sofisticati preparati biochimici per impedire artificialmente la morte ad un malato terminale sarebbero la stessa cosa dell’acqua e del cibo somministrati ad un neonato o ad un normale degente. Non sarebbe meglio imparare a rispettare in silenzio la difficile, angosciosa, autonoma libertà di scelta di chi è in situazioni tanto drammatiche? O di chi è stato da lui delegato a rappresentarlo?

(14 novembre 2008)



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