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In base ai dati Miur, le scuole private-paritarie risultano essere 12.662 con complessivi 879.158 iscritti. La quota maggiore è rappresentata da quelle per l’infanzia: 8.957 con 524.031 bambini che le frequentano. La galassia delle elementari (scuola primaria) è a quota 1.385 con 167.667 alunni.
Le medie (secondaria I grado) e superiori (secondaria II grado) sono 2.222 con un totale di 175.107 iscritti: 65.406 per il primo grado e 109.701 per il secondo.
Queste scuole, Enti privati in stragrande maggioranza della Chiesa vaticana, da molto tempo sono in crisi di iscrizioni, tanto che chiudono alla media di 100 strutture l’anno, nonostante i cospicui finanziamenti loro erogati dallo Stato italiano dal 2000 (anno del Giubileo cattolico) grazie a quel raggiro costituzionale del “sistema paritario integrato” introdotto dalla Legge 62/2000.
La crisi di queste scuole private-paritarie è quindi ben antecedente all’emergenza Covid-19, ma percepiranno per la loro “ripresa” ben 150milioni, ad integrazione delle rette annuali previste. Rette che non sono poca cosa, visto che oscillano tra i 2000 e i 5000 euro a studente.
Lo stanziamento da emergenza Covid-19, previsto per le private-paritarie inizialmente era di 80milioni per le scuole dell’infanzia (costituiscono il 71,3% della galassia), ma sotto la pronta pressione vaticana si è moltiplicato da un giorno all’altro (letteralmente) con un’iniezione di altri 70milioni per la scuola primaria e di secondo grado: entro la fascia d’età dell’obbligo scolastico (16 anni).
Sembra tutto normale, ma così non è. Perché normale non è certo l’aggettivazione di quel “paritarie” introdotto vent’anni fa dalla Legge 62 del 10 marzo 2000, con cui si è cercato di eludere la nostra Costituzione, che pur prevedendo per i privati, la facoltà istituire loro scuole, esplicitamente e chiarissimamente recita: «senza oneri per lo stato».
Ma attenzione, non è solo un fatto di quattrini. Che già basterebbe e avanzerebbe! La questione è di educazione e formazione che la Costituzione è chiamata a garantire nel supremo suo principio di laicità dello Stato.
E non a caso individua nella sua scuola statale l’organo costituzionale.
Quindi, non possono essere paritarie alla scuola pubblica le private, dove la libertà d’insegnamento e di apprendimento è subordinata all’ideologismo-confessionalismo dell’ente gestore.
Chiara consapevolezza di questo ne avevano i nostri Padri Costituenti che respinsero un emendamento di parte cattolica, che per aggirare il finanziamento alle private proponeva di assimilarle alle statali nel ruolo di «comune servizio pubblico».
E vale appena ricordare che nel giugno del 1964, proprio sul finanziamento delle scuole private, dopo un vivacissimo dibattito parlamentare, cadde il II governo di centrosinistra, presieduto da Moro.
Il Vaticano continuava però a battere cassa, e un varco riusciva a ottenerlo negli anni Novanta con le sovvenzioni delle amministrazioni territoriali alla scuola d’infanzia.
Il settore dove lo Stato, nonostante l’obbligo costituzionale di «istituire scuole per ogni ordine e grado», proprio su questa delicatissima fascia della formazione, continua (diciamo) ad essere distratto e a distrarre fondi pubblici ai privati.
Ma l’autostrada per le scuole private è la Legge 62/2000. A nulla valsero anni di lotte, convegni, manifestazioni per bloccarla.
Nel clima molto mutato di una sinistra alla rincorsa del turbocapitalismo e delle benedizioni vaticane, si consumò il grave vulnus alla democrazia, alla libertà, alla laicità dello Stato.
Le private, da istituzioni a cui la nostra Costituzione riconosceva la parità nel rilasciare titoli di studio equipollenti, erano fatte assurgere con quella parolina “paritarie” a parte integrante del sistema di istruzione. Erogatrici paritarie di servizio pubblico.
Un pasticcio giuridico, che ha creato il paradosso di uno Stato che legittima e paga scuole dove la libertà ideologica dell’Ente privato viene prima della libertà di pensiero-ricerca-insegnamento.
Ma la scuola è una cosa seria. E lo Stato laico, e quindi democratico, ha il dovere di formare cittadini liberi e autonomi. E per questo deve investire nella sua scuola, volano per l’emancipazione individuale e sociale.
L’unica scuola libera, allora, non è quella della libertà della scuola privata, ma della libertà nella scuola che educa a pensare e scegliere con la propria testa.
Ecco, è questo valore alto della scuola che va recuperato. Per questo occorre una politica di grande progetto riformatore progressista. Che può cominciare nel fa valere quel «senza oneri per lo Stato».
*Presidente della Associazione Nazionale del Libero Pensiero “Giordano Bruno”
(25 maggio 2020)
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