Associazione Civica: Una via necessaria, proviamoci!

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Caro direttore,
raccolgo molto volentieri il tuo invito a NON imitarti. Ti offro, quindi, la mia disponibilità a candidarmi nella lista che auspichi nasca da uno scatto d’orgoglio di chi crede, come te, nell’Italia della Costituzione, delle leggi uguali per tutti e per ciascuno, della solidarietà e del merito. Un’Italia, appunto, in gran parte da costruire. Da poco ho compiuto 35 anni, e mi sento sufficientemente giovane da credere ancora che sia possibile cambiare il mondo, e anche necessariamente maturo da non prendermi troppo sul serio.
Ho letto, inoltre, con interesse gli interventi di alcune firme MicroMega in risposta al tuo editoriale. Di chi ha colto con favore il monito a risvegliare i muscoli sopiti della società civile in vista delle prossime elezioni europee, e di chi, pur condividendo le tue intenzioni ed analisi, ritiene forse velleitario ripartire da un gruppo di persone per bene, seppur sganciate dalle logiche partitocratiche.
Premetto di essermi ritrovato in quasi tutte le perplessità espresse e ai dubbi avanzati circa un possibile impegno dei cittadini senza partito, tuttavia il tuo richiamo ad esserci e non lasciare nulla di intentato mi pare più persuasivo e proverò, in queste poche righe, a spiegare perché condivido il senso del tuo appello e le argomentazioni che hai adottato per sostenerlo.
A rigor di logica, partirei da quelli che mi sembrano essere due elementi incontrovertibili e da tutti condivisi.
Primo. La consapevolezza irritante di vivere in una “democrazia di carta”, dove, l’ordine dei valori è rovesciato e, per usare un’immagine esemplificativa e purtroppo verosimile, un piduista plurindagato e più volte prescritto, dopo essere diventato, grazie al suo strapotere mediatico, Presidente del Consiglio potrebbe diventare Presidente della Repubblica.
Secondo. La consapevolezza sconsolata di avere innanzi la più grande forza politica d’opposizione incapace di costruire un’alternativa credibile e seria. Un partito che non è in grado di selezionare una nuova classe dirigente lontano dai privilegi di casta e vicino ai bisogni dei cittadini. Un partito, immerso in lobby e correnti, troppo impegnato a gestire tessere e poltrone da non rendersi conto della deriva autoritaria in cui versa il paese.
In questo scenario posticipare o ritardare l’agire “in attesa di tempi migliori” suona come una rinuncia a perdere. Non v’è certezza, infatti, che tempi migliori ci saranno. Senza contare che da un presente gravemente compromesso è difficile che possa nascere un futuro nuovo e diverso, senza crearne oggi i presupposti.
Non solo. La strategia attendista, basata solo sulla speranza del PD che verrà, ci espone ad un duplice rischio. Innanzitutto quello di adagiarsi sulla ormai cronica delusione che avvolge l’elettorato di centro sinistra e che, in ultima analisi, produce solo disimpegno. In altre parole si fa il gioco della casta, che ci vuole così, rassegnati ed impotenti.
In secondo luogo, tale scelta, ci spinge verso ad una sorta di “concorso di colpa per omissioni” (che talvolta pesano più delle azioni). Il rischio, dunque, di una condanna (almeno morale) per silenzio assenso, per complicità (in)consapevole.
In conclusione mi pare che sia più semplice (e forse anche più comprensibile) lasciarsi andare che trovare il coraggio ineludibile per darsi e dare coraggio. Ma proprio per questo, dobbiamo provarci, indipendentemente dal risultato finale. La posta in gioco è talmente alta che non abbiamo nulla da perdere.
Caro direttore, non saprei dire se questa che indichi sia l’unica o la quarta via, ma sono convinto che sia una via percorribile, e quanto mai necessaria.
E allora proviamoci! Insieme!
Con affetto e stima.

Alessandro Brescia
Associazione Civica

http://www.civicapiemonte.it/


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(7 ottobre 2008)



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