“Io, ex sacerdote malato di Sla, rivendico la scelta di finire la mia vita”
Caterina Pasolini
Mentre riprende alla Camera il dibattito per la legge sul testamento biologico, il 29 marzo il Senato ospita la proiezione del film “La natura delle cose”, in cui Angelo Santagostino, filosofo ed ex prete costretto dalla malattia a comunicare soltanto grazie a un lettore ottico, ribadisce il valore sacro dell’ascolto e del libero arbitrio.
, da Repubblica, 22 marzo 2017
"Escono le lacrime e mi scendono sulla faccia. Si muovono. Ecco, loro non sono malate di Sla Le emozioni non si ammaleranno mai. È bello ma mi fa paura. Se i miei occhi si bloccassero prima delle mie emozioni, prima che muoia. Come farò?" È quella l’angoscia di Angelo Santagostino, 70 anni, ex sacerdote, filosofo, malato terminale di sindrome laterale amiotrofica che lo ha reso completamente paralizzato: perdere il suo sguardo, unico contatto e ponte col mondo, grazie al lettore ottico che gli regala la voce che non ha più. E da cristiano e credente chiede la libertà di scelta sulla sua fine.
Una libertà che ancora in Italia non è sancita per legge. Oggi infatti alla Camera si ricomincia a discutere di testamento biologico, del diritto di ognuno di scegliere riguardo al finire della vita. E mercoledì prossimo – 29 marzo – la storia di Angelo Santagostino, sacerdote che ha buttato la tonaca per amore, marito innamorato, padre affettuoso, amante della montagna e delle passeggiate, dal 2008 inchiodato dalla Sla, sarà nelle sale cinematografiche e in Senato. Lui che il suo testamento biologico lo ha gia scritto. Ai figli, al medico: nessuna cura per allungare una vita già durissima, solo antidolorifici e se viene un’infezione nessun antibiotico.
Santagostino nei cinema e in Senato. È infatti il protagonista di un interessante film documentario, "La natura delle cose" di Laura Viezzoli, presentato a Locarno, vincitore del Trieste film festival. Sessanta minuti di racconto, ragionamento, sensibilità ed emozione, tra immagini di astronauti e filmini super otto, sulla malattia e libertà di scelta del proprio destino, che verranno proiettati nel pomeriggio a palazzo Madama su iniziativa del senatore Luigi Manconi, presidente della commissione sui diritti umani, con la partecipazione di Marco Cappato dell’associazione Coscioni e della figlia di Angelo, Sara. Per un dibattito sul tema: la fatica di vivere, la fatica di morire.
Il film è la storia di un’amicizia lunga un anno di riprese e discussioni tra una regista di 35 anni e un filosofo di 70. L’immobilità del corpo di Angelo è solo un punto di partenza per esplorare le mille possibilità della mente, un viaggio tra luci e le ombre dell’animo umano per prendere coscienza dei propri limiti e ribadire il valore sacro dell’ascolto e del libero arbitrio. Discutendo di tempo e speranza, tra filosofia e bisogni, tra silenzio e sogni mentre "il ventilatore polmonare non si ferma e continua a pompare aria nei polmoni".
La malattia di Angelo è mostrata senza sconti, senza pietismi. Semplicemente com’è, nella sua durezza, e solitudine, tra la necessità di un badante che lo accudisca a tempo pieno, lo lavi, sbarbi, sposti come una bambola, di un cibo che è "tre ore di infusione totalmente insapore" un puntatore ottico per parlare con i figli, il fisioterapista, il badante che lo accudisce con affetto. Parla del "dolore che arriva sempre di notte ed è tremendo. Gli antidolorifici sempre più potenti non bastano. E così quando non ce la faccio più sogno che prendo e con le mie mani stacco il tubo del respiratore e mi lascio morire". Dolore ma anche racconti pieni di vita, di passione per l’esistenza, per moglie e figli, passeggiate in montagna e remate al mare e sul lago, mentre tra voli di astronauti liberi nello spazio quanto lui è inchiodato sulla terra, scorrono le immagini dei super otto familiari colorati, in bianco e nero.
(22 marzo 2017)
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