“Io, prete-contro felice, lontano dalla chiesa gerarchica”. Intervista a don Franco Barbero

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Intervista a don Franco Barbero a cura di Andrea Panerini, da fiumidacquaviva.wordpress.com

Franco Barbero, presbitero cattolico dimesso allo stato laicale dall’allora cardinale Ratzinger, è uno dei “preti contro” più noti d’Italia. Il 17 e il 18 aprile 2010 prenderà parte al convegno-ritiro “Dove andrai tu, andrò anch’io – Omoaffettività e benedizioni di coppie dello stesso sesso” organizzato dall’Associazione “Fiumi d’acqua viva – Evangelici su Fede e Omosessualità”. Lo abbiamo intervistato cercando di tirare fuori, pur nella ovvia brevità, alcune angolature personali inconsuete di questo teologo italiano.

Seguendo quale percorso è arrivato a fare il prete cattolico? Cosa è nato dentro di lei per arrivare a questa missione?
Premetto che le mie risposte saranno molto riassuntive per il poco tempo di cui dispongo. Per quale strada arrivai a fare il prete cattolico è in qualche modo non del tutto chiaro neanche a me. Certo, influì il fatto d’aver incontrato nei primi anni alcuni preti molto positivi, entusiasti ed affettuosi. Debbo molto alla mia famiglia che era numerosa e piuttosto misera, non solo povera. Fu la mia mamma che mi parlò di Gesù come amico dei poveri, come buon pastore ad accendermi nel cuore il desiderio di fare come il buon pastore? Può darsi. Ma mi sembra di essere nato con l’idea di farmi prete! Tanto che a 7 anni già radunavo i bimbi e le bimbe della mia via a Pinerolo per “dire messa” e volevo ogni mattina “fare il chierichetto” prima di andare a scuola. Prete per me allora voleva dire “Gesù e i poveri”. Nell’adolescenza e nel lungo periodo di permanenza in sanatorio, curato da uno straordinario medico valdese, la mia “vocazione” si approfondì e già in sanatorio fondai un gruppo biblico settimanale… Eppure non so spiegarmi come sia maturata in me questa scelta. Allora credevo, da ragazzo, che la chiesa cattolica fosse l’unica vera chiesa e che fuori… tutto fosse tenebra o eresia.

Che cosa significa per lei il suo ministero? Si sente ancora parte della Chiesa universale?
Il mio ministero significa cura pastorale, accompagnamento delle persone verso una fede personale adulta, ascolto delle persone, soprattutto molto impegno per l’animazione biblica nella mia comunità e in tanti altri luoghi e comunità. Dio mi ha regalato tante “cattive compagnie” che sono state le voci che mi hanno molto aiutato nella mia conversione al Vangelo: eretici, separati, divorziati, scomunicati, spretati, donne, femministe, gay, lesbiche, transessuali, credenti del dissenso, molti preti “disagiati”, tossicodipendenti, pedofili… Nella vita non mi sono annoiato, né mi sono potuto permettere di portare nelle relazioni quotidiane le risposte prefabbricate del catechismo cattolico. Debbo molto a queste persone che continuo ad incontrare ogni giorno. L’ascolto delle persone e il ministero della Parola di Dio restano il cuore del mio essere prete-pastore. Sono un pastore felice. Mi sento parte della chiesa universale più che mai. La dimensione ecumenica mi è penetrata nelle ossa. Sto nella chiesa cattolica come parte del popolo di Dio con una visione teologica che non ha nulla in comune con la gerarchia cattolica ufficiale. Per me la chiesa si invera là dove si accoglie la presenza amorosa ed interpellante di Dio e dove si tenta di vivere la sequela di Gesù. Senza “questa” chiesa universale, da viversi nel particolare e nel quotidiano, non riuscirei a fidarmi di Dio e mi mancherebbe il confronto di idee e di prassi che mi sembrano ossigeno essenziale per la vita di fede.

In molte occasioni è stato tacciato di eresia per alcune sue dichiarazioni sulla trinità e su altri dogmi. Ci spiega, in breve, la sua posizione sulla dottrina cristiana?
Sarebbe lungo rispondere, pressoché impossibile in una intervista. Nei miei libri e nei miei scritti sul blog ho documentato il mio itinerario da una concezione dogmatica-catechistica ad una fede biblica. Il cuore del mio dissenso sta in ciò che scrive Tillich: “La tradizione è buona. Il tradizionalismo è cattivo… Poche cose hanno contribuito all’irrilevanza del cristianesimo quanto la scuola di catechismo…”. Continuare a ripetere tali e quali le formule di Nicea e Calcedonia mi sembra pigrizia mentale e mancanza di senso storico.
La storicità dei linguaggi va presa sul serio. Senza tener conto della “mutevolezza storica” dell’immaginario e del linguaggio si custodiscono reliquie, ma non si annuncia un messaggio. Nei libri “Il dono dello smarrimento”, “L’ultima ruota del carro” e “Olio per la lampada” ho documentato ampiamente questa ricerca che vede moltissimi Autori e Autrici cattolici e protestanti su questi sentieri stimolanti.
Nel mio “Perché resto” riportavo alcune affermazioni in cui mi ritrovo: “A me pare possibile salvaguardare l’unanimità nella fede anche in una diversità di espressioni, vale a dire non soltanto un pluralismo teologico, ma un pluralismo delle confessioni di fede all’interno dell’unica chiesa del Cristo, al di là delle separazioni storiche tra la chiesa romana, le chiese d’Oriente e le chiese della Riforma. Anche all’interno della chiesa cattolica deve essere possibile ammettere una pluralità di confessioni di fede che non metta in pericolo l’unità della fede… Sarebbe paradossale se i testi della Rivelazione potessero essere oggetto di un’interpretazione, e noi non avessimo invece la stessa libertà per interpretare i testi della tradizione dogmatica” (CLAUDE GEFFRE’, Credere e interpretare, Queriniana, pagg. 44 e 57).
Nelle ultime diecimila notizie del mio blog ho cercato di privilegiare specialmente nei commenti biblici e nella segnalazione degli Autori e delle Autrici le opere che forniscono una saldezza dell’identità cristiana e nell’unità della fede, ripristinando la “coralità anche dissonante e divergente delle teologie”, come il Secondo Testamento, non ammansito nella cornice del canone, ci documenta. Il vero problema è che nella chiesa cattolico-romana c’è la paura ossessiva del plurale, delle differenze.

Perchè, secondo lei, la Chiesa cattolica romana risulta essere così omofoba, misogina e sessuofobica?
Il perché dell’omofobia, misoginia e sessuofobia della chiesa cattolica romana ha molte cause, ma io voglio ricordarne subito una: una struttura patriarcale, esclusivamente patriarcale, in tutte le sue istanze ministeriali (per giunta gerarchiche), non può essere sana; è malata e patogena, genera fobie ed angosce, crea percorsi di ipocrisia, invita alla doppiezza. La paura del corpo è tipica di chi si erige a categoria superiore, che si mette come ponte di mediazione tra il Cielo e la terra, tra lo spirito e la carne. E poi non va dimenticato che una casta sacerdotale non è un ministero pastorale: una casta in larga misura ”celibe per legge” non è certo una garanzia di equilibrio e serenità personale e relazionale. Se aggiungiamo una certa lettura biblica alla Family Day, il piatto della sessuofobia è servito! C’è un “modello unico e solo“ di amore… e così tutti gli altri &ldqu
o;modi” sono contro natura. Piluccando qua e là nella Bibbia trovi sempre un appiglio per dire e “dimostrare” ciò che vuoi trovare. Ma questa è manipolazione.

In molte occasioni si è trovato vicino alle chiese protestanti. Non ha mai pensato di diventare pastore di una Chiesa della Riforma?
Diventare pastore di una Chiesa della Riforma? Mi è capitato di pensarlo, anche perché sono immensamente grato alla Chiesa Valdese e direi affezionato. Le mie letture teologiche da sempre sono largamente di “stampo riformato”. Credo, però, che anche lì un “tipetto” come il sottoscritto avrebbe avuto poca fortuna! In ogni caso ho deciso di rimanere in questa chiesa perché è “il pollaio che conosco” e perché qui vivo moltissime relazioni con persone che cercano dei punti di riferimento diversi. Del resto in questa chiesa ho ricevuto anche molti doni e molte testimonianze preziose. Come vede,si tratta di una scelta opinabile. Ma in ogni chiesa, penso, si può vivere ecumenicamente.

Lei è anche noto per le benedizioni impartite alle coppie omosessuali e anche per questo è stato dimesso allo stato laicale dall’allora cardinale Ratzinger. Cosa risponde al vescovo di Roma che parla di “amore debole” per quanto riguarda le coppie gay?
Il cammino verso le benedizioni alle coppie omosessuali è stato difficile anche dentro la mia comunità cristiana di base e, da quando iniziai il 4 febbraio 1978 con la prima coppia, una certa resistenza è sempre rimasta e i passi sono lenti. Al vescovo di Roma, che ha respinto ogni mia richiesta di dialogo su questo tema, ho risposto con tante, tantissime pagine. Ma soprattutto ho risposto molto pacatamente che continuo a benedire le nozze gay di cristiani che lo richiedono. L’amore omosessuale è “amore debole”? A mio avviso, l’amore è fatto per crescere, fortificarsi, alimentarsi. Vogliano che l’amore cresca? Rendiamolo consapevole di essere un dono di Dio, accogliamo tutte le persone che si amano nella comunità di Gesù. Non ci sono amori di serie A e amori di serie B. Io poi, a dirla tutta, ho molta paura di certe declamazioni dell’amore inossidabile alla Family Day. Un po’ di debolezza non fa male… Ma ci sono omosessuali ed eterosessuali che cercano un amore stabile, profondo e la scelta delle nozze è un impegno di responsabilità “forte” e condivisa.

Cosa pensa rispetto al recente caso di don Santoro a Firenze? Don Santoro ha sposato un uomo e una donna che molti anni fa ha subito un intervento per diventare quello che è. Per lo Stato si possono sposare ma per la gerarchia cattolica no. E’ stato lecito l’annullamento dell’arcivescovo Betori?
Sono un amico di don Santoro di cui apprezzo molto la direzione fondamentale del suo ministero pastorale. Il cardinale Betori ha agito da sultano ecclesiastico e da burocrate, da “pompiere” che vuole spegnere un incendio evangelico. Così ha offeso i due sposi, umiliata la comunità cristiana delle Piagge e ha calpestato il ministero pastorale di un presbitero che ha il cuore gonfio di evangelo e di amore per i più poveri. Mi piacerebbe che qui riportaste, se lo credete opportuno, il mio intervento comparso nel redazionale di Confronti di dicembre 2009.

Quali sono i suoi autori preferiti in teologia? Magari anche qualche padre della chiesa…
Ogni anno sfoltisco e macero almeno 400 pezzi della mia biblioteca che occupa anche alcune cantine di amici e conoscenti. I miei Autori preferiti e le mie Autrici preferite sono parecchi: Schillebeeckx, Patterson, Kung, Meier, Haight, Balasuriya, Tillich, Theissen, Vouga, Barbaglio, Schussler Fiorenza, Rendtorff, Hick, Knitter, Lidia Maggi, E. Johnson, Pagola, Josè Maria Vigil, Pesce, Gianotto, Gebara, Pikaza, Lenaers,Ortensio Da Spinetoli… Ovviamente cominciai con Barth, Bultmann, Bonhoeffer, Flusser e Gibellini… Davvero non riesco più a fare l’elenco intero. Origene e Agostino restano ancora stranamente dei “padri” per me significativi… anche se i miei “preferiti” sono Ario e Nestorio!! Ben compresi, sono per me dei profeti. Di loro, purtroppo, ci restano alcune idee più che gli scritti.

Cosa vede nel proprio futuro Franco Barbero?
Che cosa vedo nel mio futuro? Sono molto avanti negli anni. Credevo anni fa che fosse possibile un po’ di diminuzione dell’impegno pastorale nella mia comunità cristiana di base. E’ successo esattamente il contrario: in questi ultimi due anni le ore trascorse nel ministero pastorale della mia comunità sono aumentate. La richiesta è cresciuta e la accolgo volentieri, con gioia e anche con fatica.
Sono in contatto con una ottantina di gruppi e di associazioni per incontri biblici e dibattiti culturali. Ma ci sono due aspetti del mio ministero, oltre a quello itinerante, che intendo proseguire finchè ho le forze: l’ascolto delle persone e l’impegno per lo studio biblico. Animo nella mia comunità due gruppi biblici settimanali e alcuni gruppi a Torino e altrove. Ci metto tutto il cuore e incontro sempre persone nuove. Questo è un dono immenso di cui ringrazierò Dio per l’eternità. Per me questi due gruppi biblici, della mia comunità e i gruppi di Torino sono fonte di vita. E poi… mi preparo, vivendo intensamente, all’incontro con Dio e affido a Lui i miei giorni e “l’oltre i miei giorni”. So che Dio è fedele e, come Gesù, ho fiducia che la nostra vita confluisca nel Suo abbraccio. Mi fido. Per questo, oltre tante nebbie, sogno questo sole di vita e spero nel Suo abbraccio perdonante, caldo e amoroso. Intanto il lavoro nel campo è molto. Da anni non esiste più, a mio avviso, un vero e proprio movimento delle comunità cristiane di base (ci sono in Italia alcune comunità collegate e assai costruttive), ma esistono molte e diverse esperienze della “chiesa di base” in cui c’è uno spazio più vasto e uno sguardo più lungimirante… Cerco di servire la causa del regno di Dio in queste realtà dove le persone trovano alimento per il loro impegno laico nel mondo.

(27 gennaio 2010)

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