#IoRestoaCasa e leggo un classico: ‘Misticismo e logica’ di Bertrand Russell presentato da Pierfranco Pellizzetti

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Questo testo del filosofo e matematico inglese, premio Nobel per la letteratura, esalta il ruolo della scienza come espressione della logica razionale, perché ci offre una visione esatta del nostro posto nel mondo. Una presa di coscienza della finitezza dell’essere umano che è indispensabile premessa per una vera e propria etica pubblica, ispirata alla solidarietà e all’umana simpatia. Partito da un discorso eminentemente epistemologico, Misticismo e logica diventa un’emozionante summa della libertà declinata nella società.

di Pierfranco Pellizzetti

L’argomento

Raccolta pubblicata nel 1917 che comprende saggi di periodi diversi, scritti tra il 1902 e il 1914. Testi unificati da una visione disincantata del mondo e l’aspirazione a una conoscenza libera da preconcetti, dunque «appassionatamente scettica» nei suoi approcci. Assolutamente in linea con la personalità – come dire? – spregiudicata del suo autore, Bertrand Arthur William Russell, terzo conte di Russell e visconte di Amberley, filosofo e matematico tra i più importanti del Novecento, premio Nobel per la letteratura nel 1950.

Prendendo a prestito le sue stesse parole d’esordio come approccio al tema, «la metafisica, ossia il tentativo di concepire il mondo come un tutto per mezzo del pensiero, si è sviluppata fin dall’inizio grazie all’incontro e al conflitto di due impulsi umani diversissimi, uno dei quali spinge gli uomini verso il misticismo, l’altro verso la scienza» 1. Dunque, date tali premesse, due sono le vie per giungere alla conoscenza: razionale l’una e irrazionale l’altra, l’illuminazione mistica e la logica declinata nel metodo scientifico.

Pur nel rispetto del modo di sentire mistico, come fede nella possibilità di una via che può prendere il nome di rivelazione o di intuito o di intuizione, in contrapposizione ai sensi, alla ragione, all’analisi, va preso atto che connessa a questa fede è la concezione di una realtà che sta dietro il mondo delle apparenze ed è completamente differente da esso. «Tale visione, non dimostrata e non appoggiata da prove», obietta Russell, «è insufficiente come garanzia di verità» 2.

Pur nel ricorrente pendolarismo nella prevalenza di approcci: nel XVIII secolo la contrapposizione tra istinto e ragione fu risolta in favore di quest’ultima, poi sotto l’influsso di Jean Jacques Rousseau e dei romantici la preferenza fu accordata al primo. Henri Bergson ha elevato l’istinto, rinominato «intuizione», ad arbitro unico della verità metafisica. Fermo restando che – commenta ancora Russell – il contrasto tra istinto e ragione è per lo più illusorio: l’intuito conduce inizialmente a convincimenti che successivamente la ragione conferma o confuta; nella sua natura di «forza armonizzatrice di controllo, più che forza creatrice» 3.

Da qui la valorizzazione del ruolo della scienza come espressione della logica razionale, nella misura in cui ci dà una visione esatta del nostro posto nella società, del rapporto tra l’intera società umana e l’ambiente circostante, e della natura del mondo non umano quale è di per se stesso.

Nella centralità attribuita alle procedure di verifica.

D’altro canto – matematica pura a parte – la scoperta del metodo scientifico è storia recente, che si può datare a partire da Galileo Galilei. Con un di più che questo saggio sottolinea ripetutamente; e che rende particolarmente attraente tale storia: essere in primo luogo un’avventura dell’intelligenza collettiva.

«Nella scienza gli uomini hanno scoperto un’attività del più alto valore, per il cui progresso non dipende più, come nel caso dell’arte, dall’apparizione di geni sempre più grandi: nella scienza, infatti, i successori stanno sempre sulle spalle dei predecessori. Allorché un supremo uomo di genio ha scoperto un metodo, migliaia di uomini meno grandi possono applicarlo. Non si richiedono capacità trascendentali per effettuare utili scoperte scientifiche; l’edificio della scienza ha bisogno di muratori, manovali e braccianti non meno di capomastri, ingegneri e architetti. Nell’arte, niente può essere fatto senza genio; nella scienza, anche una limitatissima capacità può contribuire a una conquista eccezionale» 4.

Ragionamento da cui l’autore fa discendere riflessioni, ispirate alla solidarietà e all’umana simpatia (nella migliore tradizione dei moralisti inglesi), che vanno a costituire le basi di una vera e propria etica pubblica. Partita da un discorso eminentemente epistemologico per giungere a un’emozionante summa della libertà declinata nella società. Nella relazione umana; rispondendo alla domanda sempre attuale del «come possiamo combinare il grado di iniziativa individuale necessaria al progresso con il grado di coesione sociale necessario alla sopravvivenza?» 5.

L’autore

Bertrand Russell (1872-1970), gentiluomo e grande filosofo, maître-à-penser, scrittore di successo e intellettuale di alto profilo internazionale, secondo taluni era un «originale». Forse sarebbe più corretto definirlo un «anticonformista», quale cultore del pensiero avverso al luogo comune e alle regole consolidate di un ipotetico «migliore dei mondi possibili». Ne fa fede una lunga serie di prese di posizione che fecero scandalo ai suoi tempi (e che in larga misura continuano a farlo). Dalle affermazioni contenute nei suoi Saggi scettici («il concetto di peccato è illusorio e inutile la crudeltà solitamente praticata nel castigarlo» 6, «il nazionalismo è un esempio di fervida fede in cose assai dubbie» o la denuncia della «tirannia dei mariti sulle mogli e dei padri sui figli», che culmina nella proposta di certificazioni pubbliche dell’idoneità al ruolo genitoriale 7) alle prese di posizione provocatorie del suo celeberrimo Perché non sono cristiano («non solo intellettualmente la religione è dannosa, ma anche moralmente, perché la sua etica non contribuisce alla felicità. […] L’aspetto peggiore della religione cristiana è il suo atteggiamento riguardo al sesso: atteggiamento morboso e innaturale» 8). Tesi controcorrente, tali da suscitare indignazione nell’ottuso perbenismo da establishment. Con dirette conseguenze per il loro propugnatore: già nel 1916 l’impegno politico costò a Russell il lettorato di cui era titolare a Cambridge e nel 1918 sei mesi di carcere per attività pacifiste. Poi, nel 1941, venne espulso dal City College di New York – come si motivò – «per aver predicato la tolleranza in luogo della comune decenza»; ossia aver esposto le proprie tesi all’avanguardia in materia di sessualità ed educazione.

Eppure si trattava di una riconosciuta star della cultura filosofica mondiale, autore con Alfred Whitehead dei Principia Mathematica (1910-13), monumentale opera che ricostruisce l’intera matematica classica; seguita da testi decisivi contro il dogmatismo e il fanatismo, a favore di un soggettivismo etico e del valore della libertà come salvaguardia dell’individuo e delle sue potenzialità. Impegno al servizio della ricerca di amore e felicità tradotto in militanza: prima in programmi pedagogici, poi con la creazione della Russell Peace Foundation contro la corsa agli armamenti e – infine, nel 1966 – nell’istituzione con Jean Paul Sartre del Tribunale Russell che riconobbe gli Stati Uniti colpevoli di genocidio in Vietnam. Un curriculum non male per chi si era definito «un whig inglese» e di sé aveva detto di nutrire «un amore tutto inglese per il compromesso e la moderazione» 9.

Attualità del testo

Un libro scritto oltre un secolo fa può lenire le ferite mentali e i danni psicologici arrecatici dall’oggi? Qua
ndo lo spirito del tempo inclina all’apologia dell’individualismo più autoreferenziale, all’assiomatica dell’interesse e all’apoteosi dell’arricchimento mediante accaparramenti. L’antica auri sacra fames riportata a nuovo nello Zeitgeist che accompagna l’avanzata di un’ideologia negatrice di essere ideologia, in cui le più sofisticate forme di comunicazione diffondono un misticismo punitivo e assassino – prima di tutto della ragionevolezza – che si trasforma in oscurantismo. Una febbre fideistica che – nella controrivoluzione in atto, con il suo carico di crescenti diseguaglianze, fanatismi bellicisti e xenofobie varie – diventa pensiero unico, alimentando pratiche repressive dell’orientamento contrario e di quanti se ne facciano fautori. Oltre che aggressione concreta e messa fuori gioco di chi osi «disturbare il manovratore»: il «ministro della verità» di turno.

In totale contrasto con il lascito, prima di tutto etico, di un gentiluomo inglese; contenuto nella raccolta di suoi saggi che vanno dal 1903 al 1915 sotto il titolo icastico di Misticismo e logica. Sul metodo scientifico in filosofia e il culto dell’uomo libero: «Una filosofia veramente scientifica sarà più umile, più frammentaria, più faticosa, lascerà meno spazio ai miraggi esterni per lusingare speranze fallaci, ma sarà più indifferente verso il fato e meglio in grado di accettare il mondo senza tiranniche imposizioni delle nostre esigenze umane e temporali» 10.

Ci sarebbe da chiedersi come reagirebbe oggi il liberale repubblicano Bertrand Russell davanti alle catastrofi prodotte dall’appropriazione indebita del termine «liberale» da parte di negatori dell’esistenza stessa della società; il duo Margaret Thatcher e Ronald Reagan, capostipiti della torma di locuste che si sono fregiate impunemente del titolo venerando per promuovere lo sbaraccamento delle realizzazioni (repubblicane) della libertà sociale. Da Tony Blair a Bill Clinton. Per non parlare delle risibili caricature nostrane, che s’impancavano a promotrici di derisorie «rivoluzioni liberali».

Mentre un liberalismo repubblicano o «dei valori civici» (in quanto pone la virtù al centro della propria visione ideale: «Non si danno istituzioni virtuose, società virtuose, in assenza di cittadini virtuosi») e un «liberale ironico» sono tali in quanto lucidamente disincantati sullo stato dell’arte del mondo e – al tempo stesso – impavidamente consapevoli di quanto sia precaria la condizione umana. Con le parole di Russell: «So che alla mia morte dovrò imputridire e che nulla del mio ego sopravvivrà. Non sono giovane e amo la vita ma disdegno di abbattermi al pensiero dell’annientamento. La felicità non è meno vera, anche se deve finire. Il piacere e l’amore non perdono il loro valore se non sono eterni» 11.

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A questo virile disincanto, alimentato da quanto Russell chiamava «saggezza dell’Occidente», Misticismo e logica offre un ulteriore elemento per la fondazione di un’etica civile che possa sostenerci nel «lungo viaggio attraverso la notte» di questi anni bui: il conforto di una sobria consolazione ragionevole. Aspetto che rende questo succinto volume di saggi il perfetto livre de chevet, un breviario quale uscita di sicurezza per le meditazioni serali di uomini e donne dei nostri giorni in preda all’amarezza; alla fine di una giornata in cui la dissipazione civile e morale, in marcia inarrestabile, li ha indotti a disperare. Un terapeutico esercizio di russelliano «scetticismo razionale» che, grazie alla ragionevolezza, evita il naufragio nella sospensione del giudizio. Grazie alla sua didattica esistenziale, la cui retorica intreccia umana simpatia e sovente controllata commozione.

Così esercitando la funzione di rassicuramento innanzi ai vincoli ineluttabili dell’esistenza, che l’avvicina a un’opera dell’età classica come il Cato Maior de senectute di Marco Tullio Cicerone.

Ma se nel testo latino, di fronte alla prospettiva impaurente della morte, l’appello alla serenità aveva un indirizzo individuale (dall’incipit: «Chi trae da se stesso ogni bene non può considerare un male quel che necessità di natura impone»), quello moderno individua la possibilità di essere umani grazie alla dignità e al disincanto coltivati nella dimensione sociale, di comunità: «La vita dell’uomo è una lunga marcia attraverso la notte; nemici invisibili lo circondano, stanchezza e dolore lo torturano, ed egli avanza verso una meta che pochi possono sperare di raggiungere e dove nessuno potrà sostare a lungo. Uno per uno, mentre procedono, i nostri compagni scompaiono alla vista, colpiti dagli ordini silenziosi della morte onnipotente. Possiamo aiutarli per un tempo brevissimo, nel quale si decide la loro felicità o la loro disgrazia. Sta a noi illuminare il loro cammino, lenire la loro sofferenza con il balsamo della simpatia, rafforzare il coraggio vacillante, istillare la fede nell’ora della disperazione. […] Reggere da solo, stanco ma ostinato Atlante, il mondo che i suoi ideali hanno edificato a dispetto del cieco avanzare di una potenza inconsapevole» 12.

NOTE

1 B. Russell, Misticismo e logica, Longanesi, Milano 1980, p. 3.
2 Ivi, p. 13.
3 Ibidem.
4 Ivi, p. 40.
5 Id., Authority and individual, Bbc Lectures 1940.
6 Id., Saggi scettici, Tea, Milano 2004, p. 8.
7 Id., Perché non sono cristiano, Laterza, Roma-Bari 2006, p. 125.
8 Ivi, p. 29.
9 Id., Saggi scettici, cit., p. 3.
10 Id., Misticismo e logica, cit., p. 32.
11 Id., Perché non sono cristiano, cit., p. 51.
12 Id., Misticismo e logica, cit., p. 55.


(27 marzo 2020)

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