L’attacco di Bolsonaro all’Amazzonia è un attacco al mondo
Ettore Camerlenghi
Diversi disegni di legge in discussione al parlamento brasiliano – tutti voluti da Bolsonaro – potrebbero avere conseguenze mortali per la foresta amazzonica, polmone della terra e custode di una straordinaria biodiversità. Proponiamo alcuni stralci dal saggio di Ettore Camerlenghi pubblicato sull’Almanacco di Scienza di MicroMega in edicola.
[…] Entrato in carica come presidente del Brasile il primo gennaio 2019, Jair Bolsonaro si è immediatamente mosso nella direzione promessa in campagna elettorale, durante la quale aveva dichiarato il suo sostegno all’agribusiness, il suo pieno favore alle politiche di deregolamentazione della protezione ambientale e la sua intenzione di intraprendere una feroce battaglia contro la protezione delle terre indigene. Il presidente brasiliano ha anche affermato di voler estendere l’esplorazione della regione amazzonica, ha confermato il suo scetticismo riguardo al cambiamento climatico e ha minacciato di ritirare il paese dagli accordi di Parigi. La porzione brasiliana dell’Amazzonia costituisce circa il 65 per cento dell’intera regione. Di conseguenza, le politiche ambientali brasiliane hanno, da sempre, importanti conseguenze per la conservazione e la protezione dell’intera Amazzonia, con effetti e ripercussioni climatiche che riverberano su scala globale.
Purtroppo, la presidenza di Bolsonaro si inserisce in una lunga tradizione di politiche a favore dell’indebolimento della protezione legale della natura in Brasile. Attualmente esistono quattro proposte di legge in discussione al Congresso nazionale, di cui l’attuale presidente potrebbe accelerare l’approvazione. Il primo (PL 3729), con il pretesto di agevolare lo sviluppo di infrastrutture, mira a eliminare o ridurre le licenze ambientali per l’avvio di nuovi progetti infrastrutturali. In altre parole, per l’avvio di progetti infrastrutturali, non sarebbe più necessaria una valutazione di impatto ambientale. Il secondo (PL 6299) propone una nuova regolamentazione per l’uso di pesticidi, indebolendo quella attuale e trasferendo la responsabilità dell’intero controllo al ministero dell’Agricoltura, nonostante in Brasile i limiti per la presenza di pesticidi come il glifosato negli alimenti siano attualmente 20 volte più alti di quanto stabilito dall’Unione europea. Il terzo e il quarto progetto di legge (6268 e 436) legalizzeranno la caccia agli animali selvatici, che in Brasile è attualmente proibita, con il pretesto di legittimare la protezione del bestiame e delle proprietà agricole. Quello che però si teme è un aumento indiscriminato del traffico illegale di fauna selvatica, anche a causa di un’ulteriore riduzione della sorveglianza sulla caccia e sul bracconaggio.
[…] Nel 2012, a distanza di vent’anni da quell’Earth Summit di Rio de Janeiro che, in materia di politiche di conservazione ambientale, lo vedeva alla guida delle Nazioni Unite, il Brasile ha approvato un nuovo Codice forestale che concede l’amnistia per il reato di deforestazione illegale, determinando una nuova crescita dei tassi di deforestazione in Amazzonia. Secondo quanto riporta l’Istituto brasiliano per la ricerca dallo spazio (Inpe), i tassi di deforestazione annui avevano toccato il minimo storico proprio nel 2012, ma a seguito dell’approvazione del Codice forestale sono ritornati a crescere del 29 per cento tra il 2015 e il 2016, per assestarsi, tra luglio 2017 e luglio 2018, su un aumento annuo del 50 per cento e su valori simili a quelli osservati nel 2009 di 7.900 kmq, l’equivalente, circa, di 987 mila campi da calcio.
L’incremento dei tassi di deforestazione nell’Amazzonia brasiliana si deve, anche e soprattutto, a una richiesta sempre crescente di soia da parte dei mercati internazionali e nello specifico da parte della Cina. […]
[…] la foresta amazzonica svolge un ruolo fondamentale nella regolazione dei cicli idrologici e del clima a livello globale. Secondo recenti ricerche, la trasformazione delle foreste pluviali in savane causerebbe un massiccio aumento delle emissioni di gas serra e un grave danno ai cicli idrologici, con periodi di forte aridità in aumento specialmente nella porzione centromeridionale del Brasile e più in generale in tutto il continente.
Antonio Nobre, uno dei più importanti ricercatori in forze presso il centro di ricerca Earth System Science, crede che il sistema climatico del continente sudamericano si trovi già in prossimità del punto di non ritorno. L’Amazzonia, spiega, funziona come una gigantesca pompa che aspira acqua dall’Oceano Atlantico attraverso un flusso di aria umida, invisibile ai nostri occhi. Il risultato della deforestazione della regione negli ultimi vent’anni è, quindi, un aumento sia della durata della stagione secca, sia dell’intensità delle ondate di calore e aridità che negli ultimi anni stanno investendo la città di San Paolo, con gravi conseguenze per la disponibilità di acqua per la popolazione.
La foresta pluviale amazzonica è, inoltre, uno dei più grandi sistemi di stoccaggio di carbonio atmosferico del pianeta. Le piante hanno infatti la capacità, unica tra tutti gli organismi viventi, di prelevare CO2 durante la fotosintesi e di creare nutrienti sotto forma di complesse molecole di carbonio. Un aumento della biomassa vegetale significa quindi un maggiore sequestro di carbonio atmosferico da parte delle piante. Questo processo è considerato una delle primarie strategie di mitigazione e riduzione delle emissioni di CO2. Si stima che, se gli attuali tassi di deforestazione non rallenteranno, il processo di conversione delle foreste tropicali in pascoli o coltivi sarà responsabile dell’emissione di una quantità di carbonio nell’atmosfera pari a 87130 gigatonnellate (una gigatonnellata corrisponde a 1 miliardo di tonnellate). […]
(28 agosto 2019)
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