La battaglia dell’altro, la mia battaglia

Alessandro Esposito

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Di tutte le pessime abitudini che abbiamo introiettato nello stile di vita che caratterizza la post-modernità, una delle peggiori è l’indifferenza alle battaglie che non ci coinvolgono direttamente e che, secondo un’insensata e nefasta equivalenza, riteniamo per ciò stesso che non ci riguardino. Io sono persuaso del contrario: per questo intendo spendere alcune parole di solidarietà riguardo all’ dello stimato Paolo Farinella, sottoscritto dal cattolicesimo di base e pubblicato ieri, in data cinque gennaio 2015, su MicroMega.

Se il cattolicesimo di base sostiene che qualcosa, nel panorama ecclesiale, sta lentamente incominciando a cambiare da quando Bergoglio è salito al soglio pontificio, io sono propenso a prestar fede a tale analisi: non ritengo, difatti, di disporre della stessa capacità di leggere in filigrana i sia pur lievi segnali di trasformazione di cui invece, sono certo, dispongono gli estensori dell’appello.

D’altro canto, dopo due pontificati in tutto e per tutto improntati all’allineamento dogmatico in stile Congregazione per la Dottrina della Fede, non ho motivo di dubitare che il passaggio di consegne abbia significato un notevole avanzamento per ciò che concerne il fermento comunitario, le relazioni ecumeniche e lo stesso dialogo con le distinte religioni ed il mondo laico: tutti aspetti circa i quali anch’io non posso che rallegrarmi.

Non ho mai nascosto le mie riserve in ordine alla reale portata di quello che, in fondo, reputo essere appena un moderato riformismo in seno alle incancrenite e carsiche dinamiche vaticane, che con l’attuale pontefice credo abbiano subito un rivolgimento – di certo non trascurabile – soltanto per ciò che attiene agli atteggiamenti piuttosto che per quel che riguarda la sostanza.

Così come ho a più riprese manifestato le mie perplessità in merito ad un cambiamento che anche il cattolicesimo progressista sembra auspicare dall’alto e che, in ultima analisi, non verrebbe a scalfire le dinamiche verticistiche di un’organizzazione ecclesiale che relega la base ad un ruolo marginale cui sarebbe opportuno non lasciarsi confinare bonariamente.

Ad ogni modo, non essendo io cattolico, mi limito ad evidenziare alcuni nodi critici che non spetta a me sciogliere e circa i quali il cattolicesimo di base ha elaborato, nel corso degli ultimi cinquant’anni, una riflessione di prim’ordine che in alcun modo ha atteso il placet della gerarchia per esprimersi nei distinti contesti sociali ed ecclesiali, primo fra tutti quello di questa mia amata America Latina.

Per cui, sia pure con tutte le riserve del caso, che ad ogni modo reputo secondarie in questo frangente, sto con gli estensori dell’appello, di cui apprezzo e condivido l’integrità etica, l’onestà intellettuale e la lotta quotidiana a fianco dei diseredati di questa terra che, nella distanza, ci unisce.

* pastore valdese in Argentina

(7 gennaio 2014)



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