La Binetti e il “reato di omofobia”

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di Michele Martelli

L’omofobia di Paola Binetti, senatrice cattolica del Pd, è oramai un caso cronico. Dopo l’ennesimo pronunciamento anti-gay del Vaticano (test di prova di «identità virile» per i candidati al sacerdozio), arriva immediato, e prevedibile, il commento-diagnosi della senatrice teodem, che è anche neuropsichiatra e docente di Pedagogia medica all’Università “Campus Bio-Medico” romano dell’Opus Dei: «Tendenze omosessuali fortemente radicate presuppongono la presenza di un istinto che può risultare incontrollabile. Ecco: da qui scaturisce il rischio pedofilia». Deferita alla Commissione dei garanti del Pd, in seguito a decine di ricorsi interni di gay e lesbiche, non ha ricevuto sanzione alcuna. «Nel mio partito, ha detto soddisfatta, non si trasforma il diritto di opinione in delitto di opinione». Anche i cattolici popolari e casiniani sono con lei.
Cerchiamo di commentare brevemente, per la sua esemplarità, quanto accaduto. Innanzitutto, va da sé che la virilità dei preti, la loro eterosessualità, non ne garantisce l’obbligo di castità, previsto dal Diritto canonico. L’ideale per la Chiesa cattolica sarebbe un candidato prete asessuato, ma è difficile trovarne tanti in giro. Stando alla comune esperienza, non si capisce perché si presuppone che un prete etero si asterrebbe dai rapporti sessuali più facilmente di un prete omo. Se forti, le tendenze sessuali, etero od omo che siano, sono parimenti incontrollabili. E l’astinenza una camicia di forza da strappare alla prima occasione. In ambedue i casi.
Ma allora perché il pregiudizio omofobico?
Per due motivi: 1) perché l’omosessualità per la Chiesa cattolica è «atto intrinsecamente disordinato», assimilabile a «lussuria, masturbazione, fornicazione»; 2) perché è «abominio e depravazione», simile a «pornografia, prostituzione e stupro» (Catechismo, nn. 2351-2359). Sotto il primo punto, l’omofilia sarebbe un «peccato contro natura»; sotto il secondo, un reato da codice penale. La Binetti, in quanto neuropsichiatra e parlamentare, è l’interprete ideale del Catechismo.
Come neuropsichiatra, e docente di Pedagogia medica, si attiene fedelmente all’art. 7 della “Carta delle finalità” del Campus Bio-Medico opusdeista (l’Università «intende operare in piena fedeltà al Magistero della Chiesa Cattolica», nella certezza che «l’autentico progresso scientifico non può mai entrare in opposizione con la Fede»). Dunque per la Binetti, la cui competenza scientifica non intende entrare in opposizione con la Fede e il Magistero cattolico, l’omofilia non può che essere una devianza patologica da curare con opportune terapie mediche e pratiche pedagogiche. Altrimenti, diventa incontrollabile, criminogena, col rischio di spingere al delitto di pedofilia.
Come parlamentare, di conseguenza, è ovvio che la Binetti debba prendere le distanze dal progetto di legge in discussione alla Commissione Giustizia del Senato che prevede pene adeguate per chi, cattolico o non cattolico, istighi all’odio contro gay, lesbiche, transessuali e bisessuali. Il progetto mira infatti ad estendere la «legge Mancino» del 1993, includendo, a fianco dei reati di razzismo, sessismo e antisemitismo, anche quello di omofobia. In conformità ad una analoga risoluzione del Parlamento Europeo del 2006. Probabilmente per la senatrice teodem sarebbe più consona una proposta di legge che preveda il reato di omofilia invece che di omofobia. In ottemperanza al vecchio precetto canonico, e inquisitoriale, che il peccato è reato.
In realtà, se l’omofilia fosse un istinto incontrollabile e contro natura, come contraddittoriamente recitano il Catechismo e la casta Binetti, ne sarebbe comunque responsabile Dio, che di ogni cosa è ritenuto il creatore. Bisogna incolpare Dio? A ciò può condurre l’arroganza di un credente? Se c’è qualcosa di “innaturale”, nel senso di contrario alle condizioni e inclinazioni naturali, biologiche e sessuali di uomini e donne, omo o etero che siano, questo “qualcosa” è sicuramente la castità forzata, imposta per decreto canonico a preti, monaci, suore e prelati. Non contravviene peraltro alla stessa dottrina della Chiesa sulla funzione e finalità procreativa della sessualità? Ma come conciliare tale dottrina col divieto al “prete virile” di accoppiarsi e procreare?
Se poi invece l’omofilia è una tendenza sessuale altrettanto naturale dell’eterofilia, perché non rispettarla? Il diritto d’opinione diventa delitto, reato d’opinione, penalmente punibile, quando lede la dignità altrui. La “sana laicità cattolica” della Binetti interprete ideale del Catechismo non lede forse la dignità dei gay? Rispetto e diritti, in una società laica e democratica, non sono forse dovuti a tutti?

(7 novembre 2008)



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