La chiesa censura la chiesa
di Emilio Carnevali
Essendo stato relegato in un piccolo box senza foto nell’angolo di una pagina, non c’è stato bisogno di cancellare la testa di Daniele Garrone o di Giovanni Franzoni nel breve servizio che il quotidiano della Cei "Avvenire" ha dedicato alla manifestazione di sabato di Piazza Farnese.
D’altra parte, grazie alle moderne tecniche digitali, non ci sarebbe stato pericolo di fare grossolani errori come quello a causa del quale le celebri mani di Karl Radek – dirigente bolscevico epurato con il "processo dei diciassette" – continuarono a svolazzare nelle immagini d’epoca dopo che il suo corpo era stato sbianchettato via dai rudimentali fotoritocchi staliniani.
Non essendo state pubblicate foto della manifestazione di piazza Farnese, al quotidiano della Cei è bastato non fare riferimento a nessuno degli esponenti del mondo cattolico italiano che hanno sostenuto l’iniziativa o vi hanno preso parte. Come è possibile leggere nell’articolo che pubblichiamo di seguito, non un minimo cenno è stato fatto all’adesione data alla manifestazione dall’associazione di cattolici conciliari ; non un cenno al discorso, applauditissimo, che ha tenuto sul palco in rappresentanza delle ; neppure una menzione all’ a sostegno delle ragioni della piazza. Perfino il teologo Daniele Garrone, che non è cattolico ma valdese, è stato cancellato dall’elenco degli intervenuti.
Nell’articolo è stato riproposto il solito stereotipo del conflitto fra gli ultra-laicisti da una parte e i cattolici dall’altra. Non resta che unirsi alle parole pronunciate in conclusione del suo dallo stesso Garrone, aggiungendo – di nostro – un particolare pensiero per i tanti fratelli cattolici lettori di "Avvenire": "Sono qui per incoraggiare le sorelle e i fratelli cattolico-romani – e sono molti; non ne parlano i giornali, li hanno oscurati, ma sono moltissimi – che soffrono e sono turbati e anche intimoriti di fronte all’offensiva dei vertici della loro chiesa gerarchica. A loro dico: non temiate, non lasciatevi mettere sotto tutela, perché la vostra fede vi rende liberi e perdonati e forti. State sicuri che sopra di voi c’è soltanto Dio. Nessuno al mondo – né dentro né fuori la chiesa – può ergersi sopra le vostre coscienze. Siate certi che Dio non vuole fare di voi dei miliziani di una riscossa ideologica o di uno scontro di civiltà, non vuole trasformarvi in moralizzatori delle vite altrui. Vi chiama sommessamente ad una obbedienza personale, mite e misericordiosa. Non abbiate paura di essere messi all’angolo, di rimanere soli, perché ‘fedele è Colui che vi ha chiamati’. Resistete, anzi alzate la testa e alzate la voce".
I veleni della piazza «radicale»
da Avvenire, 22/2/2009
C’è Antonio Di Pietro, ma non sale sul palco. Parlano invece Lidia Ravera, Emma Bonino (che se la prende anche col Pd),l’ex-direttore de l’Unità, Furio Colombo, Dacia Maraini, Pancho Pardi, Stefano Rodotà, e in sostanza anche loro ripetono le stesse cose. I più ‘cattivi’ sono (almeno) quattro, con nomi e cognomi. Il cardinale «Angelo Bagnasco», il sottosegretario «Eugenia Roccella», il governatore «Roberto Formigoni» e «il sottosegretario Maurizio Sacconi», come chiama il ministro del Welfare Paolo Flores D’Arcais, direttore della rivista "Micromega", aprendo il comizio in piazza Farnese per la manifestazione «Sì al testamento biologico, no alla tortura di Stato’ (dove la ‘tortura’ sarebbe garantire cibo e acqua a chi è in stato di coma o vegetativo persistente, come prevede la legge appena votata dal Senato).
Millecinquecento persone, forse qualcuna in più [almeno dieci volte di più, a essere minimalisti]. E naturalmente ogni veleno possibile contro «la gerarchia della Chiesa», colpevole di «volerci venire a espropriare del nostro corpo e nelle nostre condizioni più deboli, nella malattia», va avanti sempre Flores D’Arcais. Che parla di «una legge medioevale» votata dal Senato, «oscurantista». Continuando però ad essere assai impreciso, visto che almeno per tre volte cita (come obiettivo della loro «lotta») il diritto dei «malati terminali» a rifiutare nutrizione e idratazione con un sondino. Ma il clou è il collegamento telefonico con Beppino Englaro. «Gli italiani non si lasceranno imporre una legge che è una barbarie», dice. E aggiunge: «La battaglia condotta per diciassette anni è un patrimonio che deve essere messo al servizio della società italiana». Facendo dunque sapere d’aver cambiato opinione rispetto a quanto ripetuto per anni e fino a due settimane fa sul carattere assolutamente «privato» della sua ‘battaglia’ perché alla figlia Eluana togliessero cibo e acqua fino alla morte. (P.Cio.)
(24 febbraio 2009)
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