La Chiesa della profezia e quella dei burocrati. Intervista a don Aldo Antonelli

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di Redazione

Don Aldo, condivide il profondo disagio che ha espresso Ferruccio Sansa nel suo ?
Ho letto l’articolo di Ferruccio Sansa e non posso non condividere l’amaro disagio che esprime. Comprendo, perché non solo sue, la rabbia e la delusione nei confronti di una “chiesa” e, soprattutto, di una gerarchia “ingessata”, incapace di guardare la realtà con l’occhio disincantato del credente adulto e, ancor più, del laico fedele. Fatta questa premessa, mi sento distante da un discorso tutto centrato sulla gerarchia, che non è affatto la “Chiesa” del credente; un discorso focalizzato esclusivamente sul Vaticano, che nulla ha a che fare con “La Chiesa”. Personalmente, ormai da tempo, come prete e come credente non misuro più il mio impegno di cristiano sulle cadenze prescrittive della gerarchia e, ancor meno, sui dictat del Vaticano. Non molto tempo fa al vescovo che mi richiamava per alcune dichiarazioni alla stampa che non erano andate giù ai monsignori del Vaticano risposi testualmente: «Caro vescovo, se a te interessa sapere perché penso, dico e scrivo certe cose, tu sei il mio vescovo, discutiamone quando vuoi. Se invece mi richiami solo perché è richiesto dal Vaticano, sappi che per me il Vaticano è uno stato estero come la Repubblica di San Marino!».
Io sono figlio, oltre tutto, del Concilio. Ecco perché penso che una gerarchia disancorata dal popolo credente che lotta, soffre, gioisce e spera anche contro ogni speranza, è una gerarchia che si autoscomunica. È una chiesa apostata e scismatica.

Cosa pensa dello sciopero della Messa proposto da Sansa?
È una iniziativa da non sottovalutare. Ricordo che quando il presidente Bush scatenò la sua vergognosa, illegale e illegittima guerra contro l’Iraq, non celebrai messa e con la mia comunità di Antrosano facemmo una Celebrazione della Parola sul tema della Pace e della Nonviolenza. Naturalmente un gesto è tale se veicola il segno che vuole esprimere. Se resta un gesto individuale lascia il tempo che trova. Diventa solo un gesto di autogratificazione, più che di contestazione.

Perché secondo lei questa crescente sofferenza di tanta parte della Chiesa non ha più la capacità di organizzarsi, farsi sentire, far pesare il proprio contributo? In passato la vita della Chiesa è stata attraversata da tanti movimenti e iniziative che hanno proposto un punto di vista alternativo a quello della gerarchia. Perché oggi il sentimento dominante sembra essere quello della rassegnazione silenziosa?
Oggi nella Chiesa paghiamo le conseguenze dell’inversione restauratrice e neoconservatrice operata in ogni direzione dal precedente papa, Giovanni Paolo II. Un papa troppo polacco e poco cattolico. In maniera sistematica – in America Latina come altrove – ha rimosso tutti i Vescovi più aperti ed avanzati, sostituendoli che esponenti di sette fondamentaliste come l’Opus Dei o Comunione e Liberazione. Da allora dai seminari regolarizzati sono usciti preti “liturgisti” e “cerimonieri” invece che pastori, accesi carrieristi più che animatori della profezia. Con la conseguenza di ritrovarci una chiesa «spesso presidiata da sussiegosi teologi o da politicanti», come ha scritto Ettore Masina, «da burocrati, da superstiziosi, da brontoloni più che da critici, da turisti di tecniche meditatorie più che da cercatori di nuove solidarietà per chi soffre nei sotterranei della storia».
Come vuole che una chiesa siffatta abbia il coraggio della parola e della denuncia, della contestazione critica e della disubbidienza morale….
Ricordo ancora che l’amico don Gallo, in un incontro con fratel Arturo Paoli, chiese al grande monaco cosa pensasse della Chiesa; "È sede vacante", rispose, lapidario, Arturo Paoli.
Anche nel linguaggio, ormai, si è ritornati alle locuzioni proprie della chiesa tridentina dei lefevriani, tanto cari all’attuale papa. Il titolo di "Vicario di Cristo", tornato ormai in voga, è quanto meno sconcertante. Nel diritto canonico la nozione di potestà vicaria è molto chiara. Mentre il potere delegato si può usare anche in presenza del delegante, il potere vicario si esercita in assenza di colui che esercita la potestà diretta e sovrana. Dire che il papa è il vicario di Cristo pone i cattolici di fronte a un dilemma angosciante: o Cristo è presente nella Chiesa mediante lo Spirito e allora il potere del papa è praticamente nullo, o almeno strettamente amministrativo, oppure Cristo è assente dalla Chiesa, e allora sorgono gravi problemi teologici…

Si sente anche lei di fare, da sacerdote, un appello ai suoi fedeli?
Lungi da me pensare la mia comunità come riserva personale di supporto per delle scelte che sono mie e mie devono restare. I fedeli con i quali cerco di crescere e di vivere la mia fede (non i “miei fedeli”, si noti bene…) conoscono me e sanno dei miei orientamenti e dei miei dissensi. Mi stimano, a volte mi condividono e a volte rimangono perplessi. Ma è bene che sia così. Non è sopportabile che una comunità cresca a immagine e somiglianza del suo pastore. Liberi loro di fare le loro scelte e di vivere le loro fede, sulle cui implicanze non cesso di menar chiodo. Libero io di gridare il mio dissenso in una chiesa ammutinata e prigioniera di se stessa.

(18 febbraio 2012)

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