La Consulta boccia la legge 40
di Marzia Bonacci, da aprileonline.info
La decisione era attesa ed è arrivata. La Corte Costituzionale boccia la legge 40 sulla fecondazione medicalmente assistita. E la boccia per incostituzionalità in riferimento all’articolo 14, comma 2, che stabilisce che gli embrioni siano immessi nell’utero della donna con "unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre".
A violare la Costituzione, non solo il comma 2 relativo all’innesto di tre embrioni con un solo intervento medico, ma anche il comma 3, nella parte in cui prevede che il trasferimento venga effettuato "senza pregiudizio della salute della donna".
Una risposta della Consulta al Tribunale di Firenze e al Tar del Lazio che avevano sollevato dubbi di compatibilità costituzionale della legge su richiesta della World Association reproductive medicine e di una coppia meneghina non fertile e affetta da una grave malattia genetica che conduce allo sviluppo eccessivo della cartilagine ossea, la esostosi. Accanto alla Warm e alla coppia di Milano, anche l’associazione Luca Coscioni, Sos infertilità, Cecos Italia, Hera onlus, Amica cicogna, Madre provetta e Cittadinanza attiva.
Oltre a chiedere parere ai giudici costituzionali in merito al comma 2 sull’impianto unico di tre embrioni, si era sollecitata una risposta anche in relazione dell’articolo 6 comma 3 della legge, il quale obbliga la donna, una volta dato il suo consenso alla fma, all’impianto degli embrioni senza possibilità di revocare la decisione.
Secondo i due tribunali, infatti, questi passaggi della legge 40 sarebbero in evidente contrasto con i principi tutelati dalla Carta in merito al diritto alla salute e all’autodeterminazione nelle cure sanitarie, cioè alla libertà di scegliere i trattamenti sanitari a cui esser sottoposti. Non solo, si assisterebbe ad un mancato bilanciamento tra la tutela dell’embrione e della esigenza di procreazione, visti la "mancata valutazione della concreta possibilità di successo" e il "mancato riconoscimento della discrezionalità del medico". Fattori che realizzerebbero una "irragionevole disparità di trattamento" tra le donne che vivono condizioni fisiche diverse fra loro, mettendole in pericolo perché costrette a sottoporsi a un successivo trattamento ovarico.
In merito al divieto di revocare la decisione, però, la Consulta ha negato l’esistenza di questioni di legittimità costituzionale sono state dichiarate inammissibili per difetto di rilevanza nei giudizi principali.
La bocciatura della Corte, che si riferisce in particolare al comma 2 e 3 dell’articolo 14, non poteva che provocare un fiume di dichiarazioni politiche in merito ad una legge, la legge 40, che approvata nel 2004 e confermata da un referendum nel 2005 (dove vinse non il si alla norma, ma l’astensionismo), è stata fin dall’inizio terreno di scontro. Così oggi per l’opposizione è la giornata che apre la strada per la revisione (cancellazione) della legge, mentre per la maggioranza è la bocciatura di una parte di essa ma non del suo impianto di fondo.
Rivisitata con le linee guida nel 2008, grazie all’azione dell’allora ministro della Salute Turco, la norma aveva comunque visto un cambiamento: l’introduzione della possibilità di effettuare la diagnosi reimpianto (che in origine non era consentita) e la possibilità che ad essa ricorressero non solo le coppie non fertili (come stabilito nella versione varata dal centrodestra) ma anche quelle in cui il partner sia portatore di malattie virali trasmissibili come Hiv e Epatite B o C.
Per la sottosegretaria al Welfare con delega alla bioetica Roccella si deve parlare di una sentenza dagli "effetti molto dubbi". Rispetto a cui annuncia l’emanazione di "nuove linee guida" emanate sulla base dei pareri scientifici elaborati dal Consiglio Superiore di Sanità, l’organo tecnico scientifico di consultazione del ministero. Quello che conta, secondo la sottosegretaria cattolica, è che "resta il divieto di congelamento degli embrioni e di soppressione di questi", una pratica che avviene, ha aggiunto, "quando per la diagnosi preimpianto se ne producono in sovrannumero. Per questo a suo dire ci sarebbe "un evidente problema di interpretazione delle norme e di contraddizioni" su cui "bisognerà fare chiarezza".
Dunque la sentenza ridotta a carta morta? Lo teme l’opposizione che con il segretario del Pd Franceschini attacca: "Le sentenze della Corte vanno sempre rispettate", anche sul fronte del biotestamento, recentemente licenziato dal Senato e ora in discussione alla Camera. "I temi nuovi, come anche quello sull’idratazione e alimentazione, gradualmente richiederanno regole e che si adeguino gli strumenti legislativi. Per il nostro ordinamento, il pronunciamento della Corte non potrà che essere recepito", ricorda il democratico. Mentre per la radicale Bonino, "è ora che i si fermi anche sul testamento biologico" perchè la Consulta richiama articoli della Costituzione, come il 2, il 13, il 32, che "sono gli stessi che vengono violati dal ddl Calabrò", ovvero il testo sul biotestamento. La strada è allora, sostiene la Bonino, quella di "rimettere mano anche alla legge 40".
Da Sinistra, Prc e Sel, ma anche verdi e Pdci, oltre al partito Di Pietro, il coro di soddisfazione è unanime. Come è la stessa la felicitazione verso la scelta dei giudizi della Consulta che esprime uno dei pionieri della provetta: "una bella notizia, non c’è che dire e la magistratura non è la prima volta che ci salva", dice il ginecologo Flamigni.
Come previsto tuonano, oltre al governo, le associazioni cattoliche e la Chiesa, che non hanno mai nascosto il sostegno alla legge. Radio Vaticana parla di "un rischio per il diritto alla vita". Mentre l’ala teodem critica facendo asse con la maggioranza: per la Binetti oggi non è altro che una delle "tappe della costante malevolenza" con cui è stata guardata la legge, oggetto di una "bocciatura parziale" che comunque "salva l’impianto complessivo". Ovvero "il divieto della diagnosi preimpianto e della sperimentazione sugli embrioni". Ma se fosse così, allora perchè tanta preoccupazione e allarme dalla Chiesa?
COSA PREVEDE LA LEGGE 40
La legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita è stata varata nel 2004. L’anno successivo è stata sottoposta a un referendum che ha visto la vittoria del fronte astensionista. La nuova disciplina è stata dunque applicata, pur fra contestazioni giudiziarie e amministrative. Con le linee guida emanate dall’ex ministro della Salute Livia Turco nel 2008, rispetto alle precedenti risalenti al luglio 2004, per la legge 40 sulla procreazione assistita (prevista per le coppie definite infertili) arrivano due novità: il sì alla possibilità di effettuare la diagnosi preimpianto sull’embrione da impiantare in utero (prima vietata, eccetto la diagnosi preimpianto di solo tipo osservazionale) e la possibilità di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) anche per le coppie in cui l’uomo sia portatore di malattie virali sessualmente trasmissibili, in particolare virus Hiv ed epatiti B e C, riconoscendo che tali condizioni sono assimilabili ai casi di infertilità per i quali è concesso il ricorso alla fecondazione assistita. Queste, in sintesi, le norme previste dalla legge in 18 articoli.
PROCREAZIONE ASSISTITA: è consentita per risolvere problemi di sterilità o infertilità e solo se non ci sono altri metodi terapeutici efficaci;
sterilità e infertilità devono essere documentate e certificate dal medico. Previsto l’accesso anche alle coppie in cui l’uomo è affetto da malattie virali sessualmente trasmissibili.
NO ALL’ETEROLOGA: il testo vieta il ricorso alla fecondazione eterologa, cioè con seme di persona estranea alla coppia.
CHI NE HA ACCESSO: le coppie formate da persone maggiorenni di sesso diverso, sposate o conviventi, in età potenzialmente fertile ed entrambe viventi. No a single, mamme-nonne e fecondazione post mortem.
TUTELA DEL NATO: la legge assicura il diritto a nascere del concepito. I bambini che nascono dall’applicazione delle tecniche hanno lo stato di figli legittimi o di figli riconosciuti della coppia.
CONSENSO INFORMATO: la coppia deve essere costantemente informata sulle tecniche e sulle fasi della loro applicazione. Una volta che l’ ovulo è fecondato deve essere impiantato e non è possibile alcun ripensamento. Tra la manifestazione della volontà e l’applicazione della tecnica deve intercorrere un termine non inferiore a sette giorni. La volontà può essere revocata da ciascuno dei soggetti indicati fino al momento della fecondazione dell’ovulo.
EMBRIONI E SPERIMENTAZIONE: sono vietate la sperimentazione sugli embrioni e la clonazione umana. Ricerca clinica e sperimentazione sull’embrione sono ammesse solo se finalizzate alla tutela della sua salute e del suo sviluppo. È vietata anche qualsiasi tecnica che possa predeterminare o alterare il patrimonio genetico dell’embrione. La violazione di tali divieti è punita con la reclusione da due a sei anni e con la multa.
PRODUZIONE EMBRIONI: è possibile produrre non più di tre embrioni per volta, ovvero il numero necessario a un unico e contemporaneo impianto.
CRIOCONSERVAZIONE: è consentita solo quando il trasferimento nell’ utero degli embrioni non risulti possibile per gravi e documentati problemi di salute della donna che non erano prevedibili. Gli embrioni possono rimanere congelati fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile.
SÌ DIAGNOSI PREIMPIANTO: le precedenti linee guida limitavano invece le indagini sullo stato di salute dell’embrione a quelle di solo tipo «osservazionale».
MEDICI "FUORILEGGE": chiunque utilizza a fini procreativi gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 600mila euro. Chiunque realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600mila a un milione di euro. Chi realizza un processo volto a ottenere un essere umano discendente da un’unica cellula, eventualmente identico, quanto al patrimonio genetico nucleare, a un altro essere umano in vita o morto, è punito con la reclusione da dieci a venti anni e con la multa da 600mila a un milione di euro. Il medico è punito, altresì, con l’interdizione dalla professione.
OBIEZIONE COSCIENZA: il personale sanitario non è tenuto a prendere parte alle procedure per l’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione.
(Ansa)
(2 aprile 2009)
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