La corsa alla Casa Bianca passa per la Florida
di Emiliano Sbaraglia, da Miami
La settimana che Barack Obama ha concluso simbolicamente da Springfield (da dove annunciò la sua nomination) con la scelta del Senatore del Delaware Joseph “Joe” Biden per la vicepresidenza dei Democratici Usa, si era aperta con un viaggio da parte di entrambi i candidati alla Casa Bianca nello Stato della Florida, come già accaduto nel recente passato, anche nel prossimo “election day” potrebbe rivelarsi decisivo per la vittoria finale.
Nelle elezioni del 2000, quando Bush ottenne il suo primo mandato ai danni dell’allora vicepresidente democratico Al Gore, la proclamazione del vincitore fu rinviata per numerosi giorni (precisamente sino al 13 di dicembre, mentre il voto era stato espresso il 7 novembre), perchè in Florida i voti vennero ricontati addirittura a mano. Vicenda alquanto dubbia, risolta poi attraverso il ricorso alla giustizia, con la Corte Suprema degli Stati Uniti che alla fine decise di sospendere il riconteggio delle schede che stava avendo luogo in alcune contee. La motivazione fu una mai troppo charita “mancanza di basi coerenti”.
In quelle della riconferma dell’attuale presidente americano (3 novembre 2004), solo tre Stati cambiarono campo: il New Hampshire, che passò dai repubblicani ai democratici, mentre Iowa e New Mexico fecero registrare il processo inverso. Ma la Florida, che mette in palio ben 27 degli oltre 200 “Grandi elettori” necessari per vincere, anche in quel caso risultò praticamente decisiva, rimanendo tinta del rosso repubblicano solamente per pochi voti. Quando Kerry dichiarò di aver perduto in Florida, i giochi a quel punto erano fatti.
Naturalmente John Mc Cain e Barack Obama stanno concentrando le loro risorse fisiche ed economiche soprattutto in quegli Stati giudicati in bilico dai loro rispettivi staff; anche per questo sono giunti in Florida, pur evitando di atterrare su Miami, proprio in quei giorni alle prese con l’uragano “Fay”, che ha causato non pochi problemi nel Sud della costa. Un cambiamento di programma che ha indispettito i cittadini potenziali elettori di entrambi gli schieramenti, anche perchè il motivo principale sia per Mc Cain che per Obama è stato quello di non rischiare una mancata presenza al 109mo anniversario del “Veterans of Foreign Wars”, raduno quest’anno celebrato nella città di Orlando; appuntamento che (come i rispettivi portavoce hanno confermato) rimane uno dei più importanti nei mesi precedenti il voto, e che ha visto protagonisti Mc Cain nella giornata di lunedì 18 agosto, Obama in quella seguente, mentre la chiusura del mercoledì è stata come di consueto affidata al presidente in carica. Ad ascoltarli un pubblico di oltre quattromila persone, come da copione in tripudio per Mc Cain (per molti compagno di avventure in Vietnam), quanto abbastanza freddi nei confronti di Obama, e formato da vecchi militari che insieme compongono una lobby di potere molto influente: l’incontro svoltosi a taccuni chiusi e telecamere spente tra lo stesso Mc Cain e un gruppo di imprenditori arrivati ad Orlando da Miami appena terminato il suo intervento al “WFV”, ne è stata testimonianza piuttosto evidente.
Una Florida tradizionalmente conservatrice a maggioranza repubblicana, dunque, la cui fisionomia politica in alcuni dei suoi aspetti peculiari ci viene spiegata da Mike, un ragazzo biondo e cordiale che, comodamente seduto in uno dei tanti bar che affacciano sul mare caraibico della iperturistica South Beach-Miami, invita i passanti ad iscrivesi per votare (come regolamento elettorale statunitense impone) fornito di tutto l’armamentario messo a disposizione dall’entourage di Obama per l’occorrenza.
“La Florida sarà difficile da conquistare -è il suo esordio-, soprattutto perchè popolata da moltissimi cittadini di origine latinoamericana che da sempre votano repubblicano in grande maggioranza, risultato di eventi particolari della nostra storia, dei rapporti con Cuba che è proprio qui di fronte, e di tutto il resto che sappiamo”. Gli ricordiamo però che molti latinoamericani hanno votato per Hillary Clinton in questi anni, come dimostrato dalle recenti primarie democratiche. “Certo, ed è per questo che sono qui insieme ad altri sei miei colleghi sparsi lungo la spiaggia: per convincere quelli che hanno scelto la signora Clinton durante le primarie a convertire il loro voto in favore di Obama, piuttosto che non votare o, ancor peggio, votare per Mc Cain”.
Fatto sta che, risorta dall’ennesimo uragano e in attesa di altri (ne sono previsti almeno sei entro la fine dell’anno), osservando i cittadini di Miami fare il bagno e spingere l’accelleratore delle loro fuori serie sulle larghe strade della città, il quattro novembre appare essere ancora ben lontano. I due candidati provano a scuoterli, in particolare Mc Cain, che in un’intervista rilasciata al “Miami Herald” ha giocato dialetticamente soprattutto con il sentimento della paura, ricordando l`incubo mortale di Katrina e promettendo margini di sicurezza allora non concretizzati, in questo modo criticando indirettamente la gestione-Bush, come già accaduto in precedenza nel corso della sua campagna elettorale.
Gli ultimi sondaggi resi noti qui in Usa sembrano dare ragione alla tattica adottata dal senatore dell’Arizona in queste ultime settimane: addirittura, un pool commissionato da Wall Street Journal e NBC certifica il sorpasso avvenuto sul rivale democratico, in testa di dodici punti soltanto pochi mesi fa. Rilevamenti resi verosimili proprio dal contrattacco di Obama, che ha iniziato a sua volta ad occupare molti spazi pubblicitari televisivi, con una serie di spot elettorali piuttosto duri nei confronti di Mc Cain, come mai erano stati visti prima, ultimo dei quali la gaffe sulle proprietà immobiliari (Mc Cain non ha saputo dire quante case possiede) subito trasformata dallo staff di Obama in un’arma elettorale per disinnescare l’immagine che i repubblicani tentano di dare del loro rivale, vale a dire quella di un cool troppo lontano dalla realtà quotidiana e dai reali problemi delle persone comuni. Una chiave, questa, per spiegare anche la scelta “solida” per il ruolo di vicepresidente come quella rappresentata da Joe Biden, consumato navigatore di politica americana, interna e soprattutto estera.
Questa settimana l’attenzione del mondo si sposterà a Denver, città che ospiterà la Convention che ufficialmente candiderà alla presidenza degli Stati Uniti Barack Obama, il cui intervento concluderà i lavori nella serata di giovedì 28 agosto, giorno del 45mo anniversario del mitico “discorso della montagna” di Martin Luther King. Un altro passaggio fortemente simbolico della campagna elettorale del primo afroamericano in corsa per la Casa Bianca.
(24 agosto 2008)
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