La Costituzione svuotata. Un appello

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Fallita la riforma Costituzionale nel 2006, provano ora a svilire la Costituzione con la modifica dei regolamenti parlamentari.

da liberacittadinanza.it

Si avvia, lontano dagli occhi della pubblica opinione, la revisione dei Regolamenti Parlamentari. Dopo aver archiviato, almeno per ora, la riforma della Carta costituzionale, la maggioranza ha escogitato una via più veloce per ottenere il medesimo risultato di riforma, senza incappare nelle procedure delle revisioni costituzionali. Questa volta mirano alla riscrittura del rapporto tra parlamento e governo "dall’interno", modificando cioè i regolamenti di camera e senato, che definiscono minuziosamente l’esercizio dei poteri pubblici che la Costituzione esprime in termini generali.
Scottato dalla provvidenziale bocciatura popolare della pericolosa riforma costituzionale del 2006, il Popolo delle Libertà sembra aver compreso come sia assai più semplice cambiare i regolamenti parlamentari (a maggioranza assoluta dei componenti di una Camera) piuttosto che modificare la Costituzione (due deliberazioni, di due Camere, a maggioranza qualificata e possibile referendum). L’obiettivo è dichiarato nella premessa della proposta di riforma a firma Gasparri e Quagliariello per il Senato e Bocchino ed altri per la Camera: "mutare la concreta configurazione della forma di governo in modo più sotterraneo ed assai più penetrante delle stesse previsioni costituzionali".
E’ necessario sventare questo tentativo di manipolazione, perché un’operazione endoscopica potrebbe riconsegnarci in tempi rapidi una forma di governo pericolosamente mutata.
Questo processo silenzioso e in apparenza innocuo sarà sufficiente alla maggioranza per portare a compimento un vero e proprio rovesciamento degli equilibri costituzionali, in grado di scardinare dall’interno le regole dei rapporti tra parlamento e governo.
Nei regolamenti parlamentari si traccia infatti l’architettura del nostro Parlamento repubblicano: del procedimento legislativo, dei diritti del Governo, delle prerogative della maggioranza e delle garanzie per le opposizioni. Ecco l’inganno: modificarli significa creare un cavallo di Troia capace di portare a termine in breve tempo quanto una riforma della Costituzione non avrebbe mai potuto fare.
Sin dall’ultima campagna elettorale gli esponenti delle principali forze politiche sembrano concordi sulla necessità di procedere, in tempi rapidi, ad una revisione dei regolamenti parlamentari in riferimento al rafforzamento dei poteri del Governo in Parlamento, alla velocizzazione dell’iter legislativo, allo statuto dell’Opposizione.
Ma nella proposta di revisione del Popolo della Libertà il tema del rafforzamento delle garanzie concrete per le minoranze rimane, tuttavia, completamente assente: sostenere la necessità di riforme e tacere sulla contestuale urgenza di rivedere le "forme" e i "limiti" del potere pubblico equivale a tradire l’armonia e la legalità costituzionale, a violarne i "sistemi di sicurezza". Gli stessi che furono posti, con lungimiranza, dai nostri Costituenti contro la tirannia di qualunque maggioranza.
Il Popolo della Libertà sostiene pervicacemente la tesi per cui il Presidente del Consiglio italiano gode di pochi poteri ed ha "le mani legate" di fronte alle "lungaggini del Parlamento". Per questa ragione ritiene necessario un rafforzamento in chiave presidenzialista. Ma a smentire questa tesi sono i fatti.
Le recenti riforme costituzionali approvate In Francia e proposte nel Regno Unito, dove il premier ha molto più potere rispetto al nostro, esprimono l’esigenza di riequilibrare il rapporto tra esecutivo e legislativo, sbilanciato a causa della eccessiva concentrazione di poteri del primo a scapito del secondo.
Da noi, lo sbilanciamento dei poteri a favore di un gigantismo del Governo e conseguente svilimento del ruolo del Parlamento mette ormai in discussione la stessa sussistenza della forma di governo parlamentare delineata dalla Costituzione, nonché il principio di separazione dei poteri.
Il Governo italiano ha già conquistato un ruolo di incontrastata supremazia.
Lo strumento di legislazione primaria in capo al Governo, il decreto legge, del tutto eccezionale nel disegno costituzionale, è divenuto un modo ordinario di legiferare, un sistema per mettere in atto la volontà del premier senza interpellare il Parlamento.
L’abuso di decreti, accompagnato dal ricorso abnorme alla questione di fiducia, (spesso su maxi emendamenti che riscrivono i testi legislativi sottraendo al Parlamento ogni possibilità di ulteriore approfondimento e modifica), rafforza il primato dell’Esecutivo.
Si aggiunge, poi, l’approvazione da parte del Parlamento di deleghe legislative talmente evanescenti da risultare veri e propri "assegni in bianco": il Governo ha mani libere per legiferare, in via primaria, su materie sempre più ampie e rilevanti.
Nonostante tutto questo, il PdL è ingordo di potere, e mette a punto una riforma regolamentare che avvalora il ruolo dell’Esecutivo, sottraendo al Parlamento la sua funzione primaria: fare le leggi.
La proposta Gasparri – Quagliariello prevede infatti, una "corsia preferenziale" per il disegni di legge governativi, consistente nel limite massimo di sessanta giorni di tempo alla Camere per l’approvazione del testo. Tra le proposte in esame vi sarebbe anche l’inemendabilità di alcuni provvedimenti, ovvero l’impossibilità per i parlamentari di proporre modifiche a specifici articoli dei disegni di legge.
Per saggiare la consistenza degli intenti è sufficiente ricordare che il Presidente del Consiglio propose di concedere il diritto di voto ai soli capigruppo: la negazione del più elementare concetto di democrazia.
L’insidia è accresciuta da fatto che la modifica dei regolamenti non è sottoposta al giudizio della Corte Costituzionale né al referendum popolare abrogativo. Una volta approvata resta lì e può essere modificata solo da un mutamento di volontà delle Camere.
Il Pd ha messo sul piatto la partita di scambio: lo statuto dell’opposizione. Si tratta di una sorta di riconoscimento formale del più consistente gruppo d’opposizione(con buona pace della tutela delle minoranze) senza un reale incremento delle garanzie per le minoranze, ottenibile solo e soltanto con una modifica costituzionale.

Liberacittadinanza e tutti i firmatari di questo appello si impegnano a diffondere ovunque la percezione del rischio cui è esposta la nostra democrazia.

E’ necessario contrastare l’ipotesi di stravolgimento concreto della Costituzione materiale. La "corsia preferenziale" per i disegni di legge governativi in cambio dello Statuto dell’opposizione è uno scambio sbilanciato: tutto a favore del governo e della maggioranza (attuale e futura). Senza appigli costituzionali, lo Statuto dell’opposizione infatti non è altro che una"bolla d’aria".
Si può capire che la maggioranza miri a saldare il suo rapporto col governo per creare una dittatura del premier nel governo e sulla maggioranza stessa. Ma è necessario impegnarsi a far capire al maggior partito di opposizione che di fronte a nuovi incisivi poter dell’esecutivo la contropartita offerta è una scatola vuota.

La difesa della nostra Carta Costituzionale passa – qui ed ora – per la difesa dei regolamenti parlamentari.
La nostra repubblica non può essere soffocata da una preminenza assoluta del Governo con cui si nega, nei fatti, il principio democratico fondativo: la separazione dei poteri.

Il rispetto della legalità costituzionale è
valore supremo, da salvaguardare in ogni occasione, non sacrificabile sull’altare di illusori incrementi della produzione legislativa, senza regole e senza limiti.

Nell’interesse di tutti, per mantenere vivo lo spirito che disegnò ed ispirò l’essenza democratica della nostra Carta fondamentale, condensato nel suo articolo 1 in cui si legge: "La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione".

Primi firmatari: Francesco “Pancho” Pardi, Anna Silvia, Anna Maria Bianchi, Carlotta Nao, Enrico Insom, Gabriella Magnano San Lio, Galab Koch, Manuele Galli, Maria Rosano, Maria Pia Losi, Maria Ricciardi Giannoni, Maria Vittoria Marchi, Nicola Ferrari, Nicola Giampietro, Stefano Con salvi, Tommaso Donati, Vittoria Pagliuca

FIRMA L’APPELLO

(18 maggio 2009)



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