La crociata conservatrice contro la comunità “lgbt” polacca
Alessandro Zaffanella
Secondo una ricerca pubblicata a maggio dalla ONG “ILGA-Europe” la Polonia sarebbe il peggior Paese dell’Unione Europea per quanto riguarda la tutela legislativa e l’accettazione sociale dei diritti del mondo omo e transessuale. Un anno fa il gay pride di Bialystok terminò con insulti, pestaggi e lanci di feci. Nella primavera del 2019 tre attiviste avevano distribuito a Płock delle immaginette della Vergine Nera di Częstochowa (raffigurante la Madonna col Bambino), la cui aureola originariamente dorata aveva assunto i colori della bandiera arcobaleno: gesto di protesta contro la chiusura mentale della comunità locale, sono oggi accusate di oltraggio al sentimento religioso e rischiano fino a due anni di reclusione. Oltre cento Comuni si sono autoproclamati nell’ultimo anno zone “LGBT-Free”, libere dalla filosofia omofila, a conferma di un’idiosincrasia sempre più dilagante. Questi sono solo alcuni degli aspetti che descrivono il clima generale in un largo strato della società polacca. Vi è poi la questione della situazione politica a livello nazionale.
Il ballottaggio del 12 luglio ha sancito la riconferma alla Presidenza della Repubblica (con il 51,03% dei consensi) di Andrzej Duda, rappresentante del partito populista conservatore Diritto e Giustizia (PiS). Lo sfidante, il sindaco di Varsavia Rafał Trzaskowski, esponente della formazione centrista ed europeista Piattaforma Civica (PO), è stato sconfitto con uno scarto di appena 422.385 voti. La Polonia è una repubblica semi-presidenziale, in cui il Capo dello Stato gode di una lunga lista di prerogative, tra le quali il diritto d’iniziativa legislativa e il potere di veto (superabile solo con maggioranza qualificata del Sejm, la camera bassa). Le elezioni per la presidenza sono disgiunte da quelle del Parlamento, che si sono tenute nel 2019 e hanno visto la vittoria delle forze governative con il 43,59 dei consensi contro il 27,40 di Coalizione Civica (che raduna diversi partiti d’ispirazione liberale tra cui PO e il Partito Verde). Tuttavia al Senato vi è una differenza risibile tra i due schieramenti, 48 seggi contro 43. Questo complesso panorama politico potrebbe incidere ulteriormente su un quadro sociale già instabile.
Durante la campagna elettorale la questione dei diritti civili delle persone omosessuali e transessuali ha assunto un ruolo centrale. In un comizio del 13 giugno Duda aveva dichiarato che “l’universo LGBT” è portatore di una “ideologia del male”, peggiore perfino del già detestato comunismo. Si è pertanto impegnato per l’adozione di una “carta della famiglia”, tra i cui punti si possono annoverare: il ribadimento della contrarietà al matrimonio tra persone dello stesso sesso e alle adozioni (invero già infattibili secondo la legislazione vigente); il divieto della “propaganda LGBT” nelle istituzioni pubbliche (scuole in primis), comportante l’impossibilità di avviare con le nuove generazioni un confronto e una sensibilizzazione su temi quali l’orientamento e l’identità sessuale; l’obbligo per i genitori di essere direttamente responsabili dell’educazione sessuale dei propri figli, formula che letta nel contesto complessivo parrebbe aprire a un’impartizione in chiave esclusivamente eterosessuale: ciò che potrebbe rivelarsi un’imposizione contro le naturali pulsioni di molti bambini e ragazzi.
Sulle adozioni la dose è stata inoltre rincarata agli inizi di luglio, con l’annuncio di un emendamento alla Costituzione per vietarle espressamente, in quanto costituenti una forma di “schiavitù” per i fanciulli.
Diversi mesi fa Duda aveva mostrato segnali di apertura nei confronti di una legge che regolamentasse almeno le unioni civili. Il cambio di rotta sembra essere stato dettato da diversi motivi.
Dal suo ingresso nella competizione elettorale, Trzaskowski si è dimostrato un rivale duro, in grado di insidiare la rielezione del presidente (anche per una gestione insoddisfacente dell’emergenza CoViD-19 da parte dell’Esecutivo conservatore). Il primo cittadino di Varsavia è inoltre colui che ha promulgato lo scorso anno una carta dei diritti a favore delle persone omo e transessuali (seppure si sia comunque dichiarato contrario alle adozioni): in un Paese fortemente cattolico, tradizionalista e conforme ai dogmi della Chiesa ma in cui i “movimenti arcobaleno” sono in espansione, questo aspetto rappresentava per Duda un’occasione – se opportunamente strumentalizzato – per recuperare consensi.
Ha influito inoltre l’ombra di Jarosław Kaczyński, il vero leader di Diritto e Giustizia, che ha ripetutamente polemizzato contro la “sessualizzazione dei bambini” nonché contro il movimento LGBT “di origini straniere”, costituente una minaccia per lo Stato e la famiglia “normale”. Nei giorni precedenti il ballottaggio ha inoltre definito il Paese “un’isola delle libertà” che va tenuta al riparo dalle degradate tendenze occidentali e dalla corruzione morale.
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Si presentano ora diverse incognite. L’affermazione di Duda è stata netta soprattutto nelle aree rurali e popolari dell’Est. Le grandi città dell’area occidentale hanno invece dato per lo più il proprio appoggio a Trzaskowski, preferito in particolare dai più giovani. Ciò che testimonia una profonda divisione della Polonia attuale. Dall’altro lato la Commissione europea ha fatto trapelare l’intenzione di negare l’accesso agli aiuti economici per la crisi sanitaria ai Paesi che non rispetteranno i basilari principi dello Stato di diritto. Ora che la mancata rielezione è un rischio scongiurato, il PiS deciderà di mettere da parte la strategia dell’intransigenza moralistica o insisterà sulla strada intrapresa, a costo di inimicarsi ulteriormente l’Unione Europea? Questa dal canto suo sarà in grado di far sentire la propria voce nell’eventualità che vengano adottate politiche discriminatorie? E Coalizione Civica potrà (o vorrà) battersi per l’approvazione di riforme che garantiscano una maggiore eguaglianza?
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