La democrazia in Val di Susa

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C’è un nesso fra la linea ferroviaria ad alta velocità che dovrebbe passare attraverso la Val di Susa ed Aurelio Peccei (1908-1984)? Peccei era torinese e dirigente della FIAT. Nel 1968 contribuì a fondare il Club di Roma. Nel 1972 fu pubblicato il libro "I limiti dello sviluppo", che il Club di Roma aveva commissionato al MIT (Massachusetts Institute of Technology).
Quel rapporto sui limiti dello sviluppo, che ebbe vasta risonanza, avrebbe voluto introdurre un nuovo approccio alla politica economica: non era più possibile perseguire lo sviluppo economico come obiettivo fine a sé stesso, perché bisognava iniziare a fare seriamente i conti con la limitata disponibilità delle risorse naturali.

Sono nato a Messina e non sono mai stato conquistato dal progetto del ponte sullo Stretto. E’ una "grande opera", che movimenterebbe una quantità enorme di denaro. Ma rientra in una concezione dello sviluppo rispettosa degli equilibri naturali? A partire dal fatto che Sicilia (soprattutto Orientale) e Calabria sono ad alto rischio sismico. La costruzione del ponte che sviluppo darebbe a Messina? In tutta la fase dei lavori potrebbe essere assorbita un po’ di manodopera (ma molto meno di quanto si immagini, perché le caratteristiche del progetto richiedono operai e tecnici altamente specializzati, difficilmente reperibili in loco). Una volta realizzata l’opera, Messina vedrebbe ancora più accentuata la sua caratteristica di città di transito. La si oltrepasserebbe, molto più velocemente di quanto avvenga oggi. Resterebbero modifiche permanenti (non certo in meglio) nell’assetto del territorio: Torre Faro, i laghetti di Ganzirri, il bel litorale fino a Messina, sarebbero completamente altro rispetto a come li abbiamo conosciuti.

Mi chiedo cosa penserei dei treni ad alta velocità se fossi nato ed abitassi in Val di Susa. Sarei contrario. Il problema è che — a quanto pare — la stragrande maggioranza degli abitanti dei Comuni della Val di Susa sono appunto contrari. I Sindaci in prima linea. C’è qualcosa che non funziona. Tutti gli organi di informazione, che liquidano come anti-moderne ed ostili al progresso le posizioni dei no-TAV, muovono dalla premessa che non si può eternamente rimettere in discussione quanto è stato già deciso. Ma chi ha deciso? Evidentemente, non i diretti interessati, cioè i residenti nella Val di Susa.
La questione non è nuova. Il 28 marzo 1998 si suicidò, nel carcere torinese delle Vallette, Edo Massari. Pochi mesi dopo, l’11 luglio 1998, si suicidò la sua compagna Maria Soledad (detta Sole) Rosas. Erano giovani libertari; più precisamente anarchici, oppositori della TAV in Val di Susa.

I maestri di democrazia non avvertono che c’è qualcosa che non va nel fatto che una decisione che modificherà per sempre lo stato dei luoghi in Val di Susa sia stata adottata senza aver previamente ottenuto l’assenso della maggioranza delle persone che nella Valle sono nate, vivono e lavorano?
Chi deve decidere di una grande opera di rilevanza europea? Il capo del Governo (che si chiami Prodi, o Berlusconi, importa poco)? Il Parlamento italiano? Il Consiglio della Regione Piemonte? I maestri di democrazia risponderanno che Governo, Parlamento e Regione hanno titolo per decidere. Tutti hanno titolo, meno coloro che vedranno la loro esistenza letteralmente stravolta dalla realizzazione dell’opera.

In tempi di crisi economica, qualcuno osserva timidamente che si potrebbero recuperare importanti risorse tagliando proprio gli stanziamenti per quest’opera. Lasciando tranquilli gli abitanti della Valle. Preservando una bellezza del Creato. Non si potrà accorciare di due ore la durata della percorrenza del tragitto ferroviario Torino – Parigi? Pazienza, ce ne faremo una ragione. Potremo sempre prendere un aereo, se proprio abbiamo fretta. Che poi l’alta velocità serva al trasporto merci è una favola che non sta in piedi. E’ un business, in primo luogo per i politici che la vogliono, per i progettisti e per i tecnici che devono definirla, per le grandi imprese che devono realizzarla. L’utilità generale è tutta da dimostrare.

Non ho particolare simpatia nei confronti di Beppe Grillo, ma colgo un’insopportabile unanimità nell’attaccarlo. Come scriveva Piero Gobetti (anche lui torinese): "Il contrasto vero dei tempi nuovi come delle vecchie tradizioni non è tra dittatura e libertà, ma tra libertà ed unanimità: il vizio storico della nostra formazione politica consisterebbe nel’incapacità di pesare le sfumature e di conservare nelle posizioni contraddittorie un’onesta intransigenza suggerita dal senso che le antitesi sono necessarie e la lotta le coordina invece che sopprimerle". Signori della Destra, continuate pure a baloccarvi con la formula della "Rivoluzione Liberale" e noi vi continueremo a ricordare che quella formula fu inventata da Gobetti, martire antifascista, liberale amico di Antonio Gramsci.

Io ho stima e rispetto nei confronti degli Agenti delle Forze dell’Ordine. Depreco e condanno ogni violenza nei loro confronti. Giudico vile lanciare contro di loro bottiglie incendiarie o piene di ammoniaca. Tuttavia quegli Agenti sono esecutori di ordini che qualcuno impartisce loro. Coloro che hanno il potere di impartire gli ordini seguono una logica ed una sola: bisogna porre fine, con la forza, ad ogni manifestazione di protesta. La TAV si deve fare, costi quello che costi.

Il rimedio sarebbe la democrazia presa sul serio: non spetta al Governo, non spetta al Parlamento, non spetta al Consiglio regionale, il potere di decidere un’opera la cui realizzazione modificherà in modo irreversibile e per sempre le caratteristiche di un determinato territorio. La procedura democratica presuppone che la decisione di ultima istanza spetti alle popolazioni interessate, convocate con un apposito referendum. Solo la democrazia consente di superare la violenza, da qualunque parte si manifesti.

Oltre tutto, se venisse affermato questo principio, diverrebbe molto più forte il punto di vista di chi vuole che ci siano limiti allo sviluppo: d’ora in avanti si realizzerebbero soltanto le opere che vengono giudicate veramente utili, dopo un dibattito pubblico al cospetto dei diretti interessati, i quali poi votano e decidono. Un colpo mortale per i faccendieri.

Livio Ghersi

(5 luglio 2011)

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