La fine dei blocchi storici
di Giorgio Galli
Dal emerge l’incapacità di costruire a sinistra un aggregato elettorale di interessi-emozioni, competitivo con quello del Popolo della libertà. Preferisco l’espressione aggregato elettorale, perchè neanche Berlusconi ha costruito un blocco storico, almeno sinora. Blocchi, in senso gramsciano, erano quelli della prima repubblica: la sinistra, pur divisa tra Pci e Psi, con la definizione “keynesiano-fordista” (con oscillazioni attorno al 40 per cento in un quarto di secolo, 1953-1978, due terzi di voto operaio, ceti medi urbani e rurali), contro la Dc, due punti percentuali di oscillazione attorno al 40 per cento nello stesso quarto di secolo (borghesia urbana e rurale, un terzo di voto operaio). La punta massima di sinistra (44 per cento nel 1976, col Pci che partito dal 22 occupa il 34 per cento del blocco), precede il comune declino, con la Dc che negli anni Ottanta torna al 35 per cento del 1946.
Da allora credo non si siano ricostituiti blocchi storici. Forza Italia è partita dal 21 per cento nel 1994, ha toccato punte del 30, per tornare poco sopra il 23 nel 2006: sbalzi elettorali che confermano la mancanza di un blocco sociale.
Le cifre assolute lo provano. Cito solo i quasi due milioni di voti persi dopo l’esperienza di governo 2001-2006. Nel 2008 il Popolo della Libertà ha perso al Nord un milione di voti a favore della Lega, altro e diverso soggetto politico per interessi-emozioni; voti recuperati al Sud, che aveva votato a sinistra nel 2005, ma aveva cominciato a pentirsene appena un anno dopo. Questo sinora. Vedremo il futuro del “Popolo della libertà”. Comunque Berlusconi ha costruito, se non un blocco, un aggregato elettorale al 37 per cento. Il Pd non era lontanissimo, solo quattro punti in percentuale, ma il suo 33 per cento potrebbe suggerire un massimo. E il partito non ha quella capacità di coalizione che aveva la Dc e che ha Berlusconi (con percentuali paragonabili).
Concordo con Pellizzetti che la sinistra dovrebbe valorizzare la centralità del conflitto e puntare a una coalizione di interessi (aggiungo emozioni) orientati al cambiamento. Concordo con Carnevali che puntare a una fiscalità in alto (una sorta di patrimoniale?) potrebbe suggerire uno spartiacque. Ma non sono credibili i dati sui veri ricchi. Le due posizioni mi paiono comunque compatibili. Ma escludo che sia l’attuale personale dirigente della sinistra ad avere la credibilità per costruire un progetto di aggregazione. Il passaggio potrebbe essere un trauma e la formula alchemica del “solve et coagula”.
(18 maggio 2009)
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