La lezione di Celestino V

Raffaele Garofalo

, prete

Il 4 luglio Benedetto XVI sarà a Sulmona. L’ottavo centenario della nascita di Pietro da Morrone è l’occasione per i cristiani di seguire le sue tracce. La figura di Celestino non si presta a rafforzare una religiosità autoreferenziale che celebra se stessa, il prestigio delle proprie istituzioni. “Il clero ha divinizzato la Chiesa al posto di riconoscere nell’umanità il popolo di Dio, l’umanità-Dio, Dio nell’umanità” (Edmont Jouve).

La venuta del papa è stata preparata con la presenza di personaggi impegnati nella unanime esaltazione della Chiesa istituzione, animati dall’orgoglio di appartenere ad un mondo che darebbe sicurezze esclusive. Il Vangelo non celebra istituzioni, non garantisce sicurezze definitive ed effimere a nessuno.

Sulle orme del santo eremita, la “celebrazione” dell’anno di Celestino andrebbe avvalorata invece con la testimonianza di quanti, preti e laici, lavorano nel semi-anonimato. Essi testimoniano che nella Chiesa non ci sono solo scandali di abusi sui minori né quelli, altrettanto gravi, ma taciuti e rimossi, di speculazioni edilizie, finanziarie, significativamente rappresentate dalla vergognosa vicenda del caso Marcinkus e dagli “affari” che continuano a coinvolgere le istituzioni vaticane.

Tanti vivono nelle frontiere delle povertà estreme e lottano quotidianamente contro i mali dell’umanità. Spesso esprimono la loro Fede oltre il recinto delle chiese, vivono un “Vangelo da combattimento”. Sono parte integrante della Chiesa, la onorano, ma sono estranei “al fasto del Tempio, delle sue sovrastrutture, delle mitre in testa e degli anelli da baciare, tanto meno dei rapporti con un potere molto lontano dalla vita reale…che si appaga di una ritualità pomposa e noiosa che non arriva al cuore della gente” (Candido Cannavò). Sono i preti, e loro collaboratori, che accolgono gli extracomunitari sfidando le leggi razziste dello Stato.

Si potrebbe invitare a Sulmona il vescovo di Milano card. Dionigi Tettamanzi che verrà a dirci: “Non negate un ricovero ai clandestini, non negate la scuola ai loro figli…Uomini e donne che avete divorziato, la Chiesa non vi abbandona. Se qualcuno della comunità cristiana vi ha ferito, io vi esprimo il mio dispiacere”. Verranno a parlare di Celestino coloro che lottano per la difesa dell’ambiente e contro la privatizzazione dell’acqua come padre Zanotelli che, dopo aver passato anni da missionario in una zona discarica a Korogocho, in Kenia, ora condivide la vita e le lotte degli abitanti del quartiere Sanità a Napoli. Potrà venire don Luigi Ciotti, impegnato contro la Mafia e i poteri corrotti, fondatore di Libera, associazione di riscatto sociale per giovani che utilizzano il patrimonio confiscato ai malavitosi.

Verrà don Andrea Gallo, “gran cardinale della Basilica del Marciapiede”, come si definisce, animatore di comunità di accoglienza, ispirato dal Vangelo e dal verso di De André: “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”. Potrebbero essere ospiti i seguaci di don Oreste Benzi che trascorreva le notti ad offrire una via di uscita alle schiave del sesso a pagamento. Ospiteremo don Fortunato Di Noto che per primo si è impegnato a combattere la piaga di chi abusa dei bambini. Si può invitare mons. Giancarlo Bregantini, attuale vescovo di Campobasso, che nella sede vescovile di Locri si esponeva in prima persona nella lotta contro la ‘ndrangheta e per questo fu trasferito dall’oggi al domani nella diocesi molisana. Verrà a parlare don Alessandro Santoro che ha dato anima ad un quartiere abbandonato della periferia di Firenze, le Piagge.

Don Gino Rigoldi, cappellano al carcere minorile “Beccaria” di Milano, che fa della sua “cascina” un centro di accoglienza per giovani, ci dirà che quando guarda in faccia i suoi ragazzi “sbandati” si commuove e pensa: “I colpevoli sono altrove”. Costoro, pochi citati tra i tanti, affettuosamente chiamati “Pretacci” dal giornalista Candido Cannavò, non sono dediti alla religiosità pietistica delle apparenze, non hanno gran voce nei telegiornali. Il loro testimoniare Cristo nelle strade non fa rumore.

Lontani dall’austerità celestiniana, dall’invito di Cristo ad affrontare disarmati ogni pericolo e dalle necessità di una città anch’essa danneggiata dal terremoto, é stato speso molto per la visita e la sicurezza del papa. Se i santi vanno onorati con l’imitazione delle loro scelte, da papa Ratzinger ci si aspetterebbe il ritorno ad uno stile di vita vicino a quello del cristianesimo delle origini. Perché questo torni ad avverarsi oggi dovranno crollare altri “muri”, simboleggiati da quelli che difendono e isolano il Vaticano.

Il 20 giugno scorso Ratzinger ha lanciato un monito al clero affermando che “non ama Dio chi persegue l’accrescimento del proprio prestigio personale e del proprio potere”, ma il Vaticano non è la “riserva” di quanti professano la “vocazione” al potere e all’ambizione?
Onorare il papa eremita è rinunciare al trionfalismo degli apparati, ad ogni potere che non sia spirituale autorevolezza basata sulla coerenza evangelica. È la lezione di Celestino.

Intanto fervono gli ultimi preparativi per l’accoglienza al papa. L’entusiasmo della città è diviso tra l’attesa di Ratzinger, con le sue gigantografie esposte ovunque, e le incursioni di George Clooney nell’incantevole centro storico per le riprese cinematografiche.

Oscurato dai due “potenti” personaggi, Celestino V risulta il grande assente. Dopo otto secoli, sembra rinnovare il gesto evangelico di cedere il “potere” e la “scena”.

(29 giugno 2010)

Condividi Bookmark and Share



MicroMega rimane a disposizione dei titolari di copyright che non fosse riuscita a raggiungere.