La Madonna della mafia
don Aldo Antonelli
Guardo la foto e leggo il contesto. Un madonna, intronizzata come regina, incorniciata in una raggiera dorata, portata a spalle da una masnada di giovanotti biancovestiti, nel caos festante di una folla accalcata che non si capisce bene se prega, canta o chicchiericcia. Osservo la foto e mi chiedo quale rapporto può esserci tra questa “Madonna Regnante” e la semplice, umile ragazza di Nazareth di cui narrano i Vangeli. Mi domando come possa essere accaduto che colei che nel Magnificat inneggia al Dio che “depone i potenti dai troni”, possa a sua volta sedere su un trono ed essere chiamata “Regina”! Come possa essere beffardamente ricoperta di ori e di argento la Madre di Colui che comandò ai suoi discepoli di non portare con sé né oro, né argento.
Siamo di fronte ad una metamorfosi depravata e deformante, funzionale ad una società auto-referente e lontana anni luce da quell’espressione di fede, coscienza critica della società, che la teologia più attenta vorrebbe evidenziare.
Secondo l’analisi funzionalistica di Emile Durkheim, la religione non è altro che un riflesso della società che venera se stessa. Con questa espressione, dalle connotazioni decisamente provocatorie, il grande sociologo intendeva sottolineare il carattere sociale e civile della religione, intesa come un sistema di riti grazie al quale una società si rinforza e crea legami profondi fra gli individui che la compongono. Secondo il sociologo francese, la religione serve alla società per salvaguardarsi, ma, soprattutto consente all’individuo di sentirsi parte di un’entità collettiva, nella quale assumere un ruolo definito. I riti religiosi, quindi, accompagnano le trasformazioni personali e sociali, permettendo, attraverso la loro capacità di regolamentare il caos e, insieme, di esprimere una forte carica simbolica, di creare, problematizzare e rafforzare le realtà sociali stesse.
Naturalmente, in una società mafiosa la religione diventa la legittimazione morale del sistema-mafia! In una società capitalistica, la religione consacra, facendone degli assoluti, i principi di “proprietà” e di “libertà“! In ambito politico, la religione si fa veicolo di consenso verso pratiche che pur contraddicendo i valori ne sposano la difesa. L’espressione più evidente di questo diabolico potere è offerta dal fenomeno di quelle persone che si definiscono come «atei devoti».
In questa formula, vi è evidente una contraddizione che, però, finisce con lo spiegare meglio il senso e le forme della religione civile. Scrive Marco Gallizioli sul numero 8 dal 2011 della rivista cattolica “Rocca”, della Cittadella di Assisi: «Alcuni individui, infatti, pur negando validità trascendente alle religioni, ne sposano le linee etiche e ne ri-conoscono il valore insostituibile nel tessere un abito identitario dai colori netti. In altri termini, le fedi vengono svuotate del loro proprium, e imbalsamate nella loro funzione sociale, perché fungano da moltiplicatori di identità e di etica… Così facendo, la religione rischia di trasformarsi in una lobby di potere, che, grazie alle sue funzioni sociali, può giocare un ruolo decisivo nella politica degli stati, rischiando di mercificare la sua proposta spirituale».
Analisi precisa, puntuale e senza sconti di parte. A mio avviso, tanta strumentalità e, diciamolo pure, tanto abbrutimento è stato possibile anche grazie agli interessi di bottega e/o alle pigrizie di comodo di una chiesa e di un clero più inclini a tradurre la fede nella comoda e compensativa religiosità popolare che impegnati alla difficile e scomoda testimonianza. In questo, grande supporto è dato dalla teologia di palazzo, tutta ideologia e affatto evangelica. Ma qui si apre un altro discorso.
Per ora dobbiamo dire grazie al richiamo forte di papa Francesco e allo scandalo salutare di Oppido Mamertina.
(14 luglio 2014)
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