La morte civile del Paese

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Immagino che di degrado in degrado si possa anche morire. Morire di vergogna certamente. Dopo anche nello spirito. La carne si consumerà in fretta non trovando più altro scopo per restare in vita.

Un Paese martoriato da una lunga gestazione necessaria per unificarsi da una invadente, petulante e indigesta presenza di una chiesa pretenziosa e insensibile, da due guerre malamente condotte e peggio concluse, da anni di malgoverno doroteo e moroteo, da cannibalismi sociali e politici ed economici per il controllo del mercato interno, tutto sottomesso ad alcune famiglie imperturbabilmente e saldamente nel governo di banche e affari e prodotti effimeri.

Un Paese già depauperato della sua storia per mano di un ridicolo personaggio col fez e la camicia nera oggi non ha altro orizzonte che un ometto in grisaglia, pettoruto, ridanciano e puttaniere indefesso che lo tiene in pugno con la collaborazione per nulla disinteressata di una combriccola disgustosamente sbavante ai suoi piedi.

Le cronache ci riportano (nel bene e nel male) fatti e misfatti del personaggio il quale non sembra rendersi conto dei danni che produce. Le sue gesta, assai poco eroiche invero, e le sue parole, altrettanto poco solenni, hanno ridotto la politica a commedia dei guitti, hanno oscurato le coscienze degli italiani attenti e calpestato quelle degli italiani distratti.

Adesso, quando l’età porterebbe chiunque a più morigerati comportamenti e più sagge parole egli, ineffabilmente si mostra senza pudore, senza vergogna, senza idee se non quelle che gli vengono come un rigurgito direttamente dal basso ventre.
Il re è morto. Viva il re. Forse. In realtà è moribondo ma in molti lo tengono in vita per inconfessabili motivi di autoconservazione.

Cosa potrebbe mai fare un personaggio come La Russa, così privo di estro politico e di formazione storica da apparire gretto quanto un contadino sotto lo zar Nicola? Che futuro politico potrebbe costruirsi un personaggio come Gasparri il cui merito migliore è quello di aver appreso il modo di parlare senza sputarsi sulla cravatta ogni tre sillabe? E che meriti può vantare un cicisbeo come Bondi che si fregia del titolo di ministro della cultura senza rendersi conto minimamente di cosa sia un gesto poetico, un’opera d’arte o una rappresentazione teatrale?

A cosa potrebbe aspirare un oscuro e sinistro personaggio come il ministro Alfano, o cosa potrà mai fare da adulta una ministrella per caso che del dicastero della ricerca e dell’università ha fatto il suo patio di giochi? Oppure la Ministra per le pari opportunità (ma per chi poi?) di bell’aspetto e di sicumera comprata a peso alla corte del reuccio?

Un elenco breve fin qui che potrebbe essere molto lungo e molto divertente se alla fine non desse la misura di una tragica condizione. Un Paese morto. Ogni tanto qualcosa sembra uscire dalle ceneri e respirare nuova aria, qualcosa sembra essere ancora cosa viva. Ogni tanto. Ma poi la realtà diventa elemento di sopraffazione, l’ossigeno manca, gli sguardi si abbassano e gli occhi si intristiscono. Sembra non esserci speranza alcuna.

Guardo mia figlia, ha quattordici anni. Ancora non sa cosa sia il presente in cui vive ma dalla mia epidermica rassegnazione si rende conto e me ne fa muto rimprovero. Lo so, lo vedo.
Penso che dovrò istruirla all’arte della fuga.

Gennaro Caravella

(26 gennaio 2010)

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