La Patria contesa
Jacopo Custodi
L’ultimo libro di Christian Raimo, Contro l’identità italiana, ricostruisce efficacemente i retroscena politici del rinato nazionalismo italiano di destra, ma la sua ricetta per la sinistra risulta tanto semplice quanto fallimentare.
Nella prima parte del libro l’autore presenta una ricostruzione storica, tanto sintetica quanto efficace, del recente ritorno del nazionalismo italiano. Nel farlo, mostra come la nostra ‘identità italiana’, e con essa il patriottismo che ne deriva, sia di fatto frutto di scelte politiche deliberate. L’esempio lampante su cui l’autore si sofferma maggiormente è l’operazione identitaria avviata dal presidente Ciampi alla fine degli anni novanta. Si trattava di un’imponente iniziativa istituzionale volta a frenare il secessionismo anti-italiano della Lega Nord, attraverso l’uso massiccio di un rinnovato patriottismo istituzionale. Così facendo però, il mito fondativo della Resistenza venne svuotato del suo carattere antifascista e trasformato in una memoria collettiva ma apolitica. Paradossalmente, le velleità patriottiche di Ciampi non solo contribuirono alla perdita dei valori della Resistenza, abbandonati sbrigativamente nella ricerca di un’identità italiana condivisa, ma finirono per favorire la stessa Lega contro cui erano diretti: prepararono il terreno per il nazionalismo identitario della nuova Lega di Matteo Salvini.
Questa ricostruzione è, a mio avviso, la parte migliore del libro, perché sottende una grande verità: l’identità nazionale non è una caratteristica oggettiva, non è né immutabile né predeterminata, ma è una costruzione politica che viene articolata da diversi soggetti politici in base alle loro rispettive ideologie. ‘Decostruendo’ l’identità nazionale italiana degli ultimi vent’anni, Raimo riesce a mostrare il di quest’ultima. Purtroppo però, questa visione ‘non-essenzialista’ della nazionalità tende a scomparire ogni qual volta l’autore si interroga su come rispondere, da sinistra, al nazionalismo reazionario. Qui avviene un paradosso: l’identità nazionale smette di essere per l’autore qualcosa di contingente, artificiale e politicamente costruito, e diventa qualcosa di essenzialmente di destra, di naturalmente reazionario, di aprioristicamente razzista e maschilista. Dunque, qualcosa da respingere in toto, qualcosa verso cui essere ‘contro’ a priori, indipendentemente dalla sua costruzione contingente. È così che Raimo arriva a suggerire il rifiuto di ogni identificazione con l’Italia. Quest’ultima parte risulta essere la più debole del libro, anche per l’uso discutibile delle fonti. Ad esempio, cita in suo favore un testo di Hobsbawm sulla sinistra e le politiche identitarie, ma lo fa capovolgendone il contenuto: proprio alla fine di quello stesso testo, infatti, lo storico inglese rivendicava per la sinistra l’uso dell’identità nazionale, differenziandola da altri tipi di identità contro cui si era schierato nelle pagine precedenti. Il dubbio che l’autore abbia saltato la seconda parte del testo di Hobsbawm sorge spontaneo.
In ultima analisi, l’errore dei Raimo risiede nel considerare l’identità nazionale italiana come qualcosa di intrinsecamente negativo solo perché ‘artificiale’, dimenticando così il grande insegnamento di Benedict Anderson, secondo cui analizzare le identità nazionali in termini di falsità/genuinità è sempre fuorviante e ingannevole, perché tutte le identità (nazionali e non) sono costruite socialmente, e ciò che conta è “lo stile in cui sono immaginate”.
Un’altra risposta
Ad ogni modo, non è necessario scomodare le star della sinistra del XXI secolo per capire che questa sia la risposta più efficace al nazionalismo xenofobo della destra, perché è esattamente quello che fa già la gente comune che si oppone quotidianamente al razzismo dilagante. Quando un uomo nei pressi della stazione di Milano Centrale, vestito Armani e proprietario di tre appartamenti in centro, ha insultato due ragazze di colore ed ha rivendicato il suo razzismo dicendo che «l’Italia è questa», la risposta del ragazzo che lo ha affrontato è stata «l’Italia non è questa, l’Italia è solidarietà».
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