La pietra di Pietro
di Gianni Perazzoli
Qualche riflessione in margine a Pietro e alle sue pietre, dopo le ultime dichiarazioni del cardinale Tarcisio Bertone. Ricapitoliamo. Per quanto sconcertante possa sembrare, il Vaticano preferisce che gli omosessuali vengano impiccati, pur di non correre il rischio che si sposino civilmente. Questa sconcertante conclusione sembra che abbia qualcosa a che fare con la “libertà religiosa” e con il “rispetto della vita”. Di che cosa si tratta?
Che non si potessero sposare in chiesa, era chiaro e fuori di dubbio. Ancora una volta, però, a preoccupare l’ansiosissima Chiesa cattolica è proprio ciò che non la riguarda, perché riguarda gli uomini liberi. Ma, evidentemente, nulla può trovarsi fuori della Chiesa: non lo stato laico, non la facoltà di decidere sulla continuazione della propria vita, non il matrimonio. Anche l’uomo libero è un’aberrazione. Benché nessuno impedisca ai cattolici di non mangiare carne il venerdì, il Vaticano vuole imporre a tutti quello che considera, dal suo punto di vista relativo e contingente, “diritto naturale”. Il laicismo nemmeno esiste: nei suoi aspetti migliori, com’è noto, è già cristianesimo. Poiché la Chiesa non ammette l’esistenza di qualcosa che abbia un senso al di fuori di se stessa, si appropria, da sempre, di tutto ciò che, con la sua semplice esistenza, ne smentisce la pretesa universalità.
Nonostante questo, non bisogna badare alle apparenze: il Vaticano ha molto a cuore la lotta contro ogni discriminazione. Nella dichiarazione del suo osservatore all’Onu, l’arcivescovo Migliore, emerge senza ombra di dubbio il bisogno di tutelare la libertà religiosa. Non altrimenti si spiega la sollecitudine con la quale questa posizione si è eretta a barriera contro tutte le possibili “nuove implacabili discriminazioni” che scaturirebbero, se si chiedesse a quei Leviatani degli Stati, “di aggiungere nuove categorie protette dalla discriminazione”. Ne seguirebbe una catastrofe umanitaria, un olocausto delle libertà religiose. Una terribile apocalissi. I sostenitori del matrimonio eterosessuale arsi vivi, inseguiti come gli ugonotti per le strade dai sostenitori del matrimonio omosessuale. Scene così terribili, da meritare un affresco in Vaticano. Non sapevamo, per altro, che esistesse un problema d’inflazione anche delle categorie protette dalla discriminazione. Si capisce però perché, non da oggi, la Chiesa di Roma abbia sempre preferito, per il loro catalogo, una politica di austerità, improntata soprattutto ai tagli.
Il cardinale Tarcisio Bertone, commemorando i 60 anni della dichiarazione dei diritti dell’uomo alla presenza del Papa, ripropone la stessa chiave di lettura: "Si constata che quando viene meno il riconoscimento del diritto alla vita e alla libertà religiosa anche il rispetto per gli altri diritti vacilla". In altre parole, o si fa come diciamo noi, oppure il fondamento dell’Essere svapora. La cosiddetta “libertà religiosa” viene prima del diritto degli omosessuali a non essere ammazzati. Il piccolo problema è che questa non è “libertà religiosa”, ma vecchio assolutismo.
Occorrerebbe però rassicurare il prelato e l’intero Vaticano. La discriminazione rispetto agli assolutismi della fede, non potrà mai essere la conseguenza di niente, essendo piuttosto la premessa di quelle costituzioni laiche e, dunque, civili, che riconoscono i diritti elementari degli individui, persino quello della “libertà religiosa”, che la Chiesa cattolica ha peraltro sistematicamente calpestato, spargendo sangue a fiumi, almeno fin quando non è stata messa in condizioni di non nuocere. L’opinione di chi crede all’incontrovertibilità originaria e santissima del matrimonio eterosessuale può non essere accolta: ma questa non è discriminazione, si chiama democrazia. Al contrario, la secolare politica della Chiesa verso gli omosessuali si chiama persecuzione.
Potrebbe al contrario costituire una ragione seria di “discriminazione”, il fatto che il Vaticano veda discriminata la “libertà religiosa” dai principi costituzionali degli stati laici, ma si trovi in sintonia con i macellai assolutistici – anche se di libertà religiose diverse (certi furori di libertà, del resto, hanno un certo profumo di famiglia).
Esiste, per la verità, e per fortuna, una discriminazione che la Chiesa di Roma subisce all’interno di se stessa. L’ostinata disposizione al capriccio, infatti, la allontana sempre di più dai cristiani. Succede da lungo tempo. Ma non ne verrà fuori uno scisma. Non è più il tempo dei Lutero e dei Calvino: allora ci si prendeva molto sul serio. Lo scisma c’è già stato, più comodamente e senza i rischi del passato, nei fatti e senza dichiararlo, neanche a volte a se stessi. La maggioranza dei cattolici vive un cattolicesimo che è il frutto di una propria riforma individuale, e del magistero della Chiesa non fa gran conto. Un gran numero di cattolici sono in realtà quasi dei protestanti, o, se si vuole, dei modernisti, anche se non lo sanno. E non mettiamo nel conto, naturalmente, gli ipocriti. Il loro è, in generale, un cristianesimo molto libero, a volte, persino libertino. E meno male che è così.
Naturalmente, non sarà sfuggito a nessuno che davanti al problema della depenalizzazione del reato di omosessualità, la Chiesa di Roma avrebbe avuto una fonte non proprio secondaria a cui ispirarsi. Qualcuno, infatti, davanti a un’adultera che stava per essere lapidata disse: Chi è senza peccato, scagli la prima pietra. Ma forse in questo modo Gesù Cristo voleva depenalizzare il reato di adulterio, per mettere sullo stesso piano la moglie e l’adultera e distruggere il diritto di famiglia (diritto naturale), per poi creare le premesse della famiglia allargata, dell’amore libero, della promiscuità sessuale. Il passo successivo sarebbe stato, se non fosse stato fermato per tempo, la discriminazione e la persecuzione dei cattolici bigotti, oltre che dei paesi inclini ad uccidere le donne a sassate. E forse questa lettura potrebbe persino essere difesa. Ma il Vangelo è una potente opera dell’umanità, un libro rivoluzionario e una fonte di ispirazione per egualitarismo e giustizia. Ci voleva la Chiesa di Roma – che ci si è seduta sopra come un macigno o, meglio, come una pietra – per schiacciarlo e dargli la cupezza insipida della “cristologia”. Seguendo il suo stesso testo fondativo, la Chiesa avrebbe dovuto rilanciare e chiedere che si depenalizzasse anche il reato di adulterio. E non per far valere il “perdono”, perché nel contesto del diritto non c’è proprio niente da perdonare: il riferimento evangelico doveva essere preso per quello che in fondo è: un monito contro ogni assolutismo che impicchi gli omosessuali e lapidi le adultere in nome della libertà religiosa. È successo, invece, che la pietra più scandalosa sia stata, ancora una volta, quella di Pietro.
(16 dicembre 2008)
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