La politica dell’urlo che uccide la democrazia

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La puntata di Annozero del 16 Dicembre è stato uno spettacolo avvilente in un paese che si voglia ancora definire civile e democratico. Non certo per la calma quasi ascetica del conduttore e dei rispettivi ospiti, quanto per la voce fuori binario dell’On. La Russa permeata da un solo carattere: l’intolleranza.
Sono una studentessa, come i ragazzi invitati a (tentare di) parlare in trasmissione e che sono stati verbalmente aggrediti e insultati dal Ministro della Difesa col primario scopo di non fargli esprimere le ragioni di una protesta che oramai è lotta in nome di diritti civili troppo a lungo calpestati dalle finte mani tese di questo governo.
In quell’arena potenzialmente ricca di risorse, idee e linguaggi si sono manifestati solo i più beceri (proprio ad opera di chi governa) tralasciando:
– Il Dialogo: che La Russa avrebbe potuto intavolare ascoltando gli studenti, lasciandogli spiegare l’esasperazione di una protesta inascoltata pur avendola effettuata con i mezzi più dignitosi, civili e creativi dal 2008 ad oggi.
– Il Dibattito: che ne sarebbe potuto seguire, aggiungendo altre voci, invece che perseguire un processo alle intenzioni di chi insorge per poter studiare e ancora spera in una vera…
– Discussione: sul proprio futuro per arricchire di vita, strumenti e sincero pluralismo il proprio paese.

Sono anni che il potere della nostra lingua è svilito dagli slogan che dalla pubblicità hanno attecchito in politica, alla definitiva perdita di consapevolezza di questo tesoro verbale se la stessa Accademia della Crusca si vedrà negare riconoscimento statale ed economico.
Anni che politica non è dialettica ma scontro di portavoci, comizio invece che confronto, dichiarazione invece che opinione, metafore calcistico sportive e calciomercato delle idee. Ed è diventato più facile comprarle che spiegarle, sostenerle con le proprie gambe ed enumerarle con le proprie dita (un simbolo di onestà intellettuale che illustrissimi capolavori della pittura moderna hanno spesso rappresentato).

La politica, per tramutarsi in un’azione efficace, è un lavoro di lima e non d’accetta del pensiero per scolpirlo (nonché scoprirlo) ed evitare di abbatterlo. Noi studenti ad un esame non urliamo durante l’esposizione per esprimere più convinti il nostro discorso, né diamo ripetutamente del “vigliacco” al docente, se la nostra risposta viene messa in discussione. Cara Ministra Gelmini, i veri facinorosi sono i suoi compagni di banco parlamentare e non noi che abbiamo perso le parole per farle capire che al diritto allo studio non rinunceremo mai.
L’urlo nel dialogo equivale a tacere, inibisce e rende buia la mente, la parola la rischiara e distende come l’Onda ha cercato di fare con assemblee, lezioni in piazza, facendo addirittura “parlare” i monumenti e ricevendo strette di mano e commossa solidarietà da moltissime persone.
Gli scontri violenti di Roma sono stati il risultato di una città militarizzata, una metaforica auto blu da cui tener alla larga un corteo la cui sola arma era il numero e a cui hanno sottratto perfino la possibilità di marciare fino al luogo che dovrebbe rappresentarci e per giunta nel giorno in cui se ne discutevano le sorti. Il governo ha avuto la fiducia, ma il parlamento ha perso quella dei cittadini.

Perché in politica si urla più che in tutti gli altri mestieri, quando il loro è la riflessione?
D’ora in poi l’aula chiamiamola “urlamento”: la camera approverà sicuramente.

Egle Radogna – Università di Firenze

(20 dicembre 2010)

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