La prefazione di Luca Mercalli a “Una questione scottante”

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Per gentile concessione dell’editore pubblichiamo la prefazione al volume "Una questione scottante. Cosa possiamo fare contro il riscaldamento globale" di Gabrielle Walker e Sir David King (Codice edizioni, pp. 264, euro 25,00).
Sul sito della casa editrice è disponibile un capitolo del libro in pdf: "Come potete cambiare il mondo".

di Luca Mercalli, Presidente della Società Meteorologica Italiana

In un’intervista che una studentessa di un corso universitario in scienze della comunicazione mi ha fatto in treno mentre correggevo le bozze di questo libro, la domanda che mi ha colpito di più è stata: «Ma se la situazione è davvero così delicata e il nostro futuro dipende dalle azioni collettive di oggi, basteranno i libri che parlano del cambiamento climatico e delle soluzioni per contenerlo a rendere consapevoli le persone?».
Se guardiamo alla modesta percentuale di “lettori forti” (almeno 10 libri in un anno) in un paese come l’Italia, che è dell’ordine del 6%, e alla ancor più ristretta cerchia di coloro che leggeranno un libro come questo, allora è chiaro che la battaglia è statisticamente persa. Ma la società non è un sistema fatto di soli numeri. La cultura e i ruoli che le persone ricoprono possono fare una grande differenza. Sarebbe certo auspicabile che tutti i muratori leggessero queste pagine per essere più motivati a costruire case con un buon isolamento termico. Ma basterebbe la lettura da parte di un numero ben inferiore di architetti e ingegneri che poi le progettassero bene per ottenere un risultato più efficace, e una sola copia letta da un capo di stato che rendesse subito effettiva una legge molto restrittiva sulla qualificazione energetica degli edifici avrebbe risultati ancora più efficaci. Ecco perché le relativamente poche persone di cultura e di curiosità superiori alla media che leggeranno il lavoro di King e Walker, una volta che avranno assunto la consapevolezza del problema, sono chiamate a fare tre cose: applicare immediatamente le soluzioni proposte a casa propria, premere affinché anche nella propria attività professionale esse vengano recepite (praticamente tutti i mestieri possono dare il loro contributo all’efficienza energetica e alla riduzione del consumo di materie prime e della produzione di rifiuti), e infine estendere ciò che hanno appreso alla maggior parte delle persone che frequentano, a cominciare dalla cerchia familiare allargata, fino agli amici e alle persone che incontrano sull’autobus. Si genererà un effetto moltiplicatore, un feedback positivo molto efficace, in quanto proveniente da una classe sociale che in genere, proprio perché legge libri, ha una maggior probabilità di appartenere a posizioni imprenditoriali, decisionali, amministrative, del mondo dell’informazione o della cultura. Allora ecco che questo o altri libri sull’argomento avranno, pur nell’esiguità del loro numero, svolto la funzione che una piccola quantità di lievito compie sulla pasta. Indubbiamente si potrebbe fare di più, e se la gente oggi legge poco guarda invece molto di più la televisione. Abbiamo fatto anche questo: David King ed io siamo stati intervistati insieme per quasi 10 minuti da Fabio Fazio a Che tempo che fa, nel febbraio 2008. Non avremo certamente cambiato l’atteggiamento dei circa tre milioni di italiani che ci hanno guardato, ma forse abbiamo attirato in loro l’attenzione sul tema.
È chiaro tuttavia che l’informazione è solo la primissima parte della questione climatica; occorre poi che le persone siano messe nelle condizioni di agire virtuosamente. Ciò non è per nulla facile anche per le persone dotate delle migliori intenzioni. Abbiamo costruito in cinquant’anni di abbondanza energetica una società basata sull’inefficienza e sullo spreco, che ci avvinghia con i suoi tentacoli dai quali non riusciamo a sfuggire. Sto scrivendo queste righe in una giornata molto calda e afosa: ci sono 35 gradi, la gente suda per strada e si lamenta per il disagio. Penso che non sarebbe bello avere un mondo futuro dove queste ondate di caldo diventino sempre più intense e frequenti. Sul treno dove sto viaggiando, nei dintorni di Bologna, per fortuna c’è l’aria condizionata, uno dei privilegi offerti dai combustibili fossili. Dovrei rinunciare a questa comodità? Mi auguro di no, però c’è un chiaro segno che stiamo facendo di tutto per cadere nella trappola. Il segno è il giornale che ho dovuto mettere sulla mie spalle per proteggermi dal flusso troppo freddo dell’aria condizionata. Comincio a sentire i primi indolenzimenti dopo due ore sotto questa cascata gelida. È bizzarro vedere fuori dai finestrini persone grondanti di sudore mentre nel treno la gente cerca di vestirsi il più possibile. Un visore dice che all’interno ci sono 25 gradi, ma probabilmente la progettazione di questo nuovissimo treno è stata fatta male, l’aria fredda precipita giù dalle bocchette proprio sulla testa dei viaggiatori, e il sensore sicuramente misura in un’altra posizione. Basterebbe aumentare un po’ il valore del termostato, ma non si può fare: il congegno è manovrabile solo dal capotreno. Inoltre, nonostante fuori ci sia un sole tropicale, l’illuminazione del treno è completamente accesa; centinaia di lampadine che assorbono energia e non servono a nulla, e nessuno le può spegnere. È chiaro che gli ingegneri che hanno progettato il treno non avevano in testa l’obiettivo della massima semplicità di gestione delle apparecchiature per ottenere insieme al massimo comfort anche la massima efficienza energetica. È assurdo che io scenda tra un po’ da questo convoglio con i reumatismi contratti in piena ondata di caldo africano, ed è ancora più assurdo che io mi sia reso involontariamente complice dell’emissione di qualche chilogrammo in più di anidride carbonica.
C’è tanto lavoro da fare, capillare e innovativo. Un nuovo pensiero deve pervadere la mente delle persone, quasi come una gara a chi ottiene il risultato desiderato con il minimo costo ambientale. Per ora non è così. Nessuno tra i viaggiatori che mi circondano immagina le connessioni tra il caldo che c’è là fuori, il freddo che c’è qui dentro e tutte le complesse strade percorse da un’antica radiazione solare trasformata centinaia di milioni di anni fa in carbonio fossile, estratta a migliaia di chilometri da questo paese, bruciata in una rete di centrali elettriche, distribuita a questo treno al prezzo di qualche guerra e dell’alterazione della composizione chimica dell’atmosfera sotto forma di co2, che a sua volta interferisce con la radiazione solare in arrivo in questo momento dal sole accrescendo la temperatura dell’atmosfera. No, qui si parla del caldo, è vero, ma se ne parla con la stessa leggerezza di una partita di calcio. Solo che se la perdiamo, è per sempre.
Ben venga dunque questo limpido e fluente lavoro di Sir King e Gabrielle Walker. I dati sono tutti aggiornatissimi, l’approccio è semplice ma basato sulla bibliografia scientifica più attendibile che ci sia. L’autorevolezza di Sir David fa il resto: oltre che esponente di primo piano come docente di chimica, in grado di maneggiare tutti i concetti legati al clima e all’energia, King &egrave
; stato un protagonista delle negoziazioni diplomatiche, e sapere che in molti degli incontri chiave sugli accordi per la riduzione delle emissioni lui era lì come delegato del governo britannico conferisce a tutto il libro credibilità e concretezza. «Siamo tutti parte del problema, e ognuno di noi deve far parte della soluzione»: in queste pagine è descritto sia il problema sia le tante soluzioni. Alcune assolutamente condivisibili, altre forse che necessitano di una riflessione preventiva, come l’invito a ricorrere al massiccio uso di energia nucleare; ma l’approccio è sempre pacato e razionale, mai ideologico, mai radicale. Pur nell’ottimismo delle prospettive, gli Autori sottolineano comunque l’urgenza dell’azione nel breve lasso di tempo dei prossimi dieci anni affinché la stabilizzazione della quantità di co2 atmosferica a 450 parti per milione sia perseguibile. «Man mano che si diffonde l’accettazione della scienza del cambiamento climatico, l’atteggiamento del pubblico renderà sempre più difficile per i leader politici sminuire l’importanza di un’azione civile». La loro esortazione è l’unica che può portare a una soluzione pacifica e poco dolorosa della sfida che abbiamo di fronte. Se disattesa, sarà la termodinamica a decidere la nostra sorte. Quando e come essa vorrà.

© Codice edizioni 2008

(22 ottobre 2008)



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