La “rivolta dei mouse” e l’impotenza della società civile
Caro Flores d’Arcais,
Ho letto il Suo articolo “” sul sito di Micromega proprio nello stesso giorno in cui Berlusconi ha sferrato un ennesimo attacco alla Costituzione italiana, colpevole, a suo dire, di rendere il paese di difficile governabilità. Si tratta di capire, ovviamente, dove sta l’asticella che rende la governabilità “difficile” o “facile”, e di che sostanza sia fatta. Ma senza dilungarmi in analisi della concezione berlusconiana di concetti quali potere, costituzione, democrazia e affini, vorrei invece proporLe alcune considerazioni e farLe alcune domande a partire dal Suo articolo.
Parto dal fondo. Lei chiude l’articolo dicendo che la società civile in realtà spera di poter cambiare le cose, altrimenti “non continuerebbe a firmare appelli”; e che il cambiamento non si potrà ottenere che attraverso la lotta, da fare anche nelle piazze. Mi viene da pensare che in buona misura la società civile non sta facendo altro (e forse altro non può attualmente fare) che “resistere informandosi” e “rivoltarsi firmando”. A questo punto della contestazione, dopo alcune manifestazioni che, partite dal web, sono riuscite a concretizzarsi in Piazza San Giovanni e altrove, la maggior parte delle energie che si oppongono al regime berlusconiano stanno lavorando in una fase che si potrebbe forse chiamare fase ante-propositiva. Fanno opposizione decostruttiva (il che naturalmente nella nostra situazione non solo è encomiabile, ma chiaramente fondamentale). Articoli, post, links che girano in Internet diffondono la conoscenza di aspetti della realtà che i circuiti ufficiali di (contro)informazione occultano per vocazione e, forse, per sadico piacere. La Sua proposta però indica una via di uscita da questa fase e l’entrata in una nuova fase dell’opposizione civile: quella progettuale e costruttiva. Ma, e veniamo al punto, chi può avanzare questa idea di un governo di lealtà istituzionale? Quali forze deve coordinare, a quali si deve, per così dire, collegare? Come si può sostanziare di tutta quella attività di resistenza che si svolge nelle stanze virtuali del web, ma che pure è energia reale?
Il passo di valzer che la società italiana sembra incapace di compiere è proprio questo passaggio alla seconda fase della contestazione civile. Ma è chiaro, come Lei rimarca, che sarebbe ingenuo, attualmente, riporre la fiducia del cambiamento nel momento elettorale: la legge elettorale non è una legge democratica e ha trasformato le camere in camere corporative, esautorando nei fatti la libertà del voto pur lasciandolo vigere formalmente; contemporaneamente, come ancora Lei stesso ricorda, il “quarto potere” crea una iniquità sostanziale se possibile ancor più pericolosa. Sappiamo benissimo che la formalità apparente è il più pericoloso degli inganni. Così, nell’impotenza generale, la nostra democrazia ha virato verso il decisionismo del colpo di fiducia abrogando nei fatti, con la legge elettorale, la nostra Costituzione, la cui difendibilità è sempre più complessa proprio per la distinzione sostanza/forma, come dimostrano le difficoltà di Napolitano di fronte all’avanzata dell’autoritarismo berlusconiano. È evidente, dunque, che una difesa dei meccanismi democratici, da attuarsi mediante un governo di lealtà istituzionale, è necessaria ed urgente, perché ben presto potremmo ironicamente arrivare a chiederci: come difendere la Costituzione se, in effetti, “Ogni società nella quale la garanzia dei diritti non è assicurata e la separazione dei poteri non è determinata non ha costituzione” (art. XVI della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, corsivo mio)?
Se però la proposta di un movimento costruttivo dell’opposizione civile non deve rimanere un puro appello, da firmare come ne sono stati firmati fino ad ora a centinaia (e lo dice uno la sua firma l’ha apposta ovunque), non può e non deve prescindere da una precisa risposta alle domande sopra poste, nonché da una attenta analisi dell’aspetto, per tanti versi innovativo, della “massa critica” in formazione ed espansione, che sfrutta in maniere sempre diverse e spesso impreviste i nuovi canali di comunicazione. A mio modo di vedere, questa Sua è una proposta fondamentale per la vita civile e politica dell’Italia, e chiunque abbia a cuore il rispetto della Costituzione e della libertà dovrebbe collaborare affinché, nel caso di una (auspicata) caduta del governo attuale, il Presidente Napolitano possa trovarsi davanti, come alternativa reale, ben strutturata e ben sostenuta a livello di pubblica opinione, l’ipotesi di un governo come quello da Lei vagheggiato.
Se dovessi provare a rispondere alle domande che sopra Le ho posto, in attesa delle Sue risposte, direi che una via possibile è quella che passa attraverso la creazione di piattaforme stabili all’interno del mondo web, che raccolgano e aggreghino i cittadini che già in quel mondo tentano una resistenza al sistema berlusconiano. Ma queste piattaforme stabili, però, non potrebbero che essere gestite, almeno inizialmente, da nodi già relativamente stabili e strutturati, quali i portali di informazione che raccolgono un ampio bacino di utenza. Solo queste piattaforme potrebbero lanciare l’opposizione civile in un percorso progettuale costruttivo, che godrebbe anche del vantaggio di modalità davvero nuove, partecipative e pienamente democratiche, favorendo il contatto tra il mondo intellettuale e la massa critica della quale, al momento opportuno, il Presidente Napolitano non potrebbe non tenere conto senza mancare di onorare il suo ruolo.
La “rivolta dei mouse” è stata un capitolo importante nella resistenza civile italiana di questi due anni, e sicuramente non finirà. Ma non è essa anche, almeno in parte, un sintomo dell’impotenza della società a organizzarsi in forme di azione? E, allora, di nuovo, quale strada intraprendere per andare oltre?
Stefano Pippa
(10 giugno 2010)
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