“La sinistra ci ha tradito”. La battaglia laica e illuminista degli ex-musulmani

Cinzia Sciuto

A Colonia è stato festeggiato il decimo anniversario dalla costituzione della prima associazione di ex-musulmani fondata da Mina Ahadi proprio in Germania: un movimento per la promozione della laicità e dei diritti umani che nel frattempo è cresciuto e che oggi conta decine di associazioni in tutto il mondo. Perché la libertà non è prerogativa occidentale, cosa che la sinistra sembra aver dimenticato.

“Finché nel mondo ci saranno persone che rischiano la vita per aver abbandonato l’islam, sarà necessario dichiarare apertamente e orgogliosamente, loud and proud, che noi lo abbiamo fatto”. Così risponde l’attivista inglese di origini iraniane Maryam Namazie ogni volta che le viene fatta la domanda: “Ma perché vi chiamate proprio ‘ex-musulmani’?”. Un’espressione che a Mina Ahadi – che esattamente dieci anni fa ha fondato a Colonia, in Germania, il primo Consiglio centrale degli ex-musulmani tedeschi (Zentralrat der Ex-Muslime, ZdE) – all’inizio non piaceva: “Siamo atei e agnostici, alcuni di noi erano credenti e poi hanno abbandonato l’islam, altri non sono mai stati musulmani. Quello che ci accomuna sono i valori universali dei diritti umani e della libertà di espressione: siamo umanisti”. Ma alla fine ha dovuto ricredersi: in un momento in cui dichiarare pubblicamente di aver abbandonato l’islam, o di non averlo mai praticato, era un tabù, non solo nei paesi retti da regimi islamisti, ma persino in Europa, era appunto necessario manifestarsi apertamente. Sopratutto per dare ad altri il coraggio di manifestare il proprio ateismo e di affrancarsi dalla comunità di origine.

“Non tutti coloro che provengono dai paesi cosiddetti musulmani sono musulmani. Sembra una banalità, e invece è necessario sottolinearlo perché ci viene automaticamente messa addosso questa etichetta”, spiega Ahadi nel corso della cerimonia per i dieci anni del movimento degli ex-musulmani che si è svolta ieri sera a Colonia. “Fino a qualche anno fa – continua Ahadi, fuggita per ragioni politiche più di trent’anni fa dall’Iran – in Germania c’erano quattro milioni di stranieri provenienti da diversi paesi, a un certo punto siamo improvvisamente diventati quattro milioni di musulmani, e sono saltate fuori associazioni che pretendono di parlare a nome di ciascuna di queste quattro milioni di persone, tra cui invece ci sono molti non credenti o credenti che non si sentono comunque rappresentati dalle autoproclamate associazioni di musulmani”.

Quello dell’omogenizzazione di tutti coloro che provengono genericamente da un paese a maggioranza musulmana è un problema che si fa grave quando si tratta di persone che fuggono da quei paesi esattamente perché perseguitati per il loro ateismo o la loro apostasia, e che spesso in Europa ritrovano le stesse dinamiche di persecuzione da cui erano fuggiti. È il caso, per esempio, di Rana Ahmad, che è fuggita dall’Arabia Saudita perché atea e che, non appena arrivata in Germania, si è ritrovata in una struttura di accoglienza per rifugiati nella quale ha ritrovato le stesse logiche islamiste da cui era fuggita: “Ho lasciato la mia famiglia e la mia terra a migliaia di chilometri per poter vivere la mia vita liberamente, e invece mi sono di nuovo ritrovata nella stessa situazione da cui ero fuggita. Un incubo”.

Un incubo che proprio grazie a Mina Ahadi e al ZdE ha trovato una soluzione: Rana ha trovato un appartamento e ha potuto lasciare la struttura di accoglienza, dove evidentemente non valevano le leggi a garanzia della libertà individuale che valgono fuori, come si trattasse di uno Stato nello Stato, una società parallela dove le norme costituzionali sono sospese. Una storia analoga a quella vissuta da Ahmed Nadir, originario del Bangladesh, che per il suo ateismo ha subito pesanti aggressioni nella struttura di accoglienza di Bracht, dove ha vissuto un anno fra il 2013 e il 2014. Alla luce della propria esperienza personale, Rana Ahmad, con il sostegno del ZdE e della Fondazione Giordano Bruno tedesca, ha fondato un’associazione che ha il preciso scopo di fornire assistenza ai rifugiati non credenti.

Uno degli obiettivi del movimento degli ex-musulmani, che in dieci anni è enormemente cresciuto e conta oggi su decine di associazioni in diversi paesi al mondo, è mostrare all’opinione pubblica occidentale, e in particolare la sinistra, che la separazione fra religione e Stato, la laicità – con tutto il corredo di diritti che si porta appresso, primo fra tutti la libertà di espressione – non è una prerogativa occidentale, ma un valore universale, per il quale in molti paesi a maggioranza musulmana ogni giorno centinaia di attivisti rischiano la vita: “Nessuno conosce il valore della laicità più di coloro che vivono sotto regimi teocratici”, spiega Maryam Namazie, che insiste: “Nei confronti di queste persone noi in Europa abbiamo una grave responsabilità: dobbiamo essere la loro voce”.

Gli attivisti per i diritti umani che si sono ritrovati ieri a Colonia, infatti, si sentono abbandonati dalla sinistra, accusata di non guardare in faccia la realtà dell’islamismo, anche in Europa. E questo per diverse ragioni, spiega Michael Schmimdt-Salomon, presidente della Fondazione Giordano Bruno, che fin dall’inizio sostiene il movimento degli ex-musulmani: “Innanzitutto perché la sinistra tende a rubricare automaticamente ogni critica all’islam come ‘di destra’, favorendo con questo una forma di autocensura; in secondo luogo, perché una parte di essa è convinta che l’islam sia un prezioso alleato nella lotta antiimperialista; terzo perché è ancora influenzata dall’idea che la religione non sia determinante perché quel che conta davvero sono le relazioni socio-economiche (la ‘struttura’); e infine per una certa inclinazione a difendere le minoranze in quanto tali. Ma una posizione reazionaria rimane reazionaria anche se a sostenerla è un minoranza”, conclude  Schmidt-Salomon. Un atteggiamento, quello della sinistra europea, che lascia molta amarezza negli attivisti del movimento degli ex-musulmani, così sintetizzata dalla giornalista turca Arzu Toker: “La sinistra ci ha tradito”.

(18 novembre 2017)



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