La trattativa Stato-mafia: sentenza, fatti e interpretazioni
Angelo Cannatà
Sono passati più di quattro anni da quando sul sito di MicroMega recensivo due testi particolari (“Trattativa Stato-mafia: le congetture di Fiandaca e i fatti di Travaglio”, 10 giugno 2014). Ecco l’incipit:
“Ho sul tavolo due libri: La mafia non ha vinto, di Fiandaca e Lupo, Laterza; E’ Stato la mafia, di Travaglio, Chiarelettere. Ho finito di leggerli da qualche giorno. Li riprendo in mano per evidenziare come la realtà possa essere manipolata nonostante le ostentate dichiarazioni di scientificità. Il tema è la trattativa Stato-mafia; le conclusioni, opposte. Fiandaca-Lupo: Cosa nostra non è stata salvata. Travaglio: c’è stata una resa ai boss delle stragi. Dove sta la verità?”
Rimane aperta la domanda – scrive Fiandaca – se sia corretto “che la giustizia penale si atteggi a ‘giustizia di emozioni’ sotto la prevalente angolazione dell’opinione pubblica” (p.72). L’attacco è alle “Agende Rosse” che si schierano fideisticamente; e alla magistratura che si fa condizionare dalle emozioni dei cittadini (p.88). Accusa pesante. C’è, nel libro, come un desiderio di occultare la realtà, coprendola con la dottrina.
Nel testo di Travaglio, invece, parlano i fatti. Ostinati. Dicembre 1991. “Cosa nostra attende la sentenza della Cassazione sul maxiprocesso” (p.17). Le condanne bruciano: “Dobbiamo fare la guerra per fare la pace”, dice Riina; la narrazione poggia sui documenti: una nota riservata del capo della polizia Parisi (p.22); l’incontro del capitano dei Ros De Donno sull’aereo Roma-Palermo con Massimo Ciancimino; eccetera. Il libro procede con rigore citando circostanze e date:
“21 giugno ‘92: Riina, felice per i contatti col Ros, confida a Brusca: ‘Si sono fatti sotto’. E inizia a preparare il ‘papello’ con le richieste allo Stato” (p.33). Non ci sono preamboli metodologico-scientifici nel libro di Travaglio. Solo fatti. Quelli che mancano o sono manipolati nel libro di Fiandaca. E’ Stato la mafia parla, con ragionevolezza, a chi voglia intendere la realtà senza pregiudizi. Ma è proprio questo il punto. L’impressione – molto forte – è che Travaglio mostri i fatti; Fiandaca interpreti e divaghi con una tesi giustificazionista che, proprio perché procede “ignorando” scientificamente i dati reali, si scontra con la loro oggettività.”
Perché ho riassunto l’articolo del 2014? Per porre domande: è possibile ancora (dopo la sentenza) procedere con letture e manipolazioni infinite? Anche oggi, che la Corte d’Assise di Palermo ha messo nero su bianco il patto Stato-mafia, è possibile negarlo? Anche oggi è definibile la “cosiddetta” trattativa? Anche oggi i giornaloni possono distrarre i lettori con fatti secondari (l’impresa di papà Di Maio) e oscurare una sentenza storica che condanna mafiosi e uomini dello Stato? Sì, anche oggi hanno il coraggio di mentire. Lo stanno facendo. Negano. Negano. Negano. E non vedono l’ora – intellettuali, tecnici, politici, giornalisti di regime – di tornare al governo, direttamente o come consiglieri del principe, per cancellare, con gli strumenti del potere, la Trattativa Stato-mafia.
“Il sistema politico-informativo – scrive Travaglio – non può permettere che trapelino le prove dell’immondo baratto che ha messo anche la Seconda Repubblica nelle mani della mafia”. E’ così. Anche per questo dobbiamo tenerci il governo giallo-verde, nonostante Salvini; e anche per questo dobbiamo leggere Padrini Fondatori di Lillo e Travaglio, Paper First: per restare ancorati ai dati reali: nelle pagine sulla mafia dopo l’arresto di Riina (253-258), in quelle sulla mancata proroga del 41-bis (327-333), in quelle su Dell’Utri intermediario di Cosa Nostra (580-591), eccetera, troviamo conferma di quanto letto per anni sul Fatto e in E’ Stato la mafia. Conferma, con una differenza: prima erano denunce giornalistiche, ora sono sentenza di un tribunale. “Questo processo non s’aveva da fare – scrive Travaglio –, se si è fatto… è anche un pochino merito nostro”. Di un giornalismo corretto ed efficace (penso anche alle infinite denunce di MicroMega) che sa ancora cosa significhi fare questo “mestiere difficile”.
(12 dicembre 2018)
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