Laicità senza aggettivi

Cinzia Sciuto

, cinziasciuto.blogspot.com

Ci sono cose che dovrebbero essere talmente scontate da non aver bisogno di essere ribadite. La laicità dello Stato è una di queste. Costituisce (dovrebbe costituire) una delle regole di base della convivenza civile, quel terreno comune prepolitico da nessuno messo in discussione, da tutti condiviso, che consente un confronto schietto e alla pari. In democrazia, almeno. Dove in linea di principio nessun ‘orizzonte di senso’ particolare ha uno statuto privilegiato e merita di essere imposto a tutti, salvo quell’unico orizzonte di senso condiviso che è costituito proprio dalle regole di base della convivenza democratica. Che questioni di fede non possano entrare nelle leggi che regolano questa convivenza dovrebbe essere ovvio, anche solo per il fatto che – essendo le fedi tante e diverse – prediligerne una – per quanto maggioritaria – è già di per se stesso atto antidemocratico: la democrazia infatti non è dittatura della maggioranza, ma tutela dei diritti di ciascuno.

In Italia, come sappiamo, la laicità non è affatto un valore condiviso, anzi al contrario è parola che divide. Non c’è però chi non ne riconosca la necessità, sebbene con la precisazione che si debba avere a che fare con una «laicità positiva» contro il tanto odiato «laicismo». Questo voler delimitare con un aggettivo i confini della laicità è sintomo, per un verso, dell’imbarazzo dei nemici della laicità, che si rendono conto di non potere esplicitamente ammettere di volere uno Stato teocratico, e per l’altro, di una subdola operazione di svuotamento del concetto di laicità che, quando diventa «positiva» si snatura, tramutandosi nel suo contrario. Il punto, infatti, lapalissiano per chi vuol vedere, è chi decide quando la laicità è positiva e quando invece siamo di fronte all’aborrito laicismo.

Per esempio: pretendere la completa libertà per ciascuno di decidere sulla propria vita è sfrenato laicismo o puro e semplice buon senso democratico? Che si tratti di questioni delicattissime non v’è chi non veda. Ma, proprio perché sono questioni delicatissime, bisogna starne fuori il più possibile, lasciando tutte le decisioni a ciascun individuo e alle persone care che lui vorrà coinvolgere. Il sedicente partito della vita – che poi è lo stesso che portava acqua e pane fuori dalla clinica dove era ricoverata Eluana Englaro, nella piena consapevolezza, e dunque in evidente malafede, che quell’acqua e quel pane Eluana non avrebbe mai potuto neanche toccarli, e non certo per volontà del padre che avrebbe venduto l’anima al diavolo pur di riavere sua figlia – porta avanti una posizione semplicemente antidemocratica. Voler imporre a chiunque, anche contro la sua volontà, un qualunque trattamento sanitario, comprese idratazione e nutrizione artificiale, su questa terra è semplicemente un abominio totalitario. Fosse anche fatto con le migliori intenzioni di salvargli l’anima e nella convizione di fare la volontà di Dio.

Di tutto questo si parlerà a Reggio Emilia dal 15 al 17 aprile durante le , iniziativa promossa da MicroMega, Iniziativa laica e Arci Re, che già prima di cominciare ha suscitato forti polemiche sulla stampa regionale. A conferma che di un festival della laicità c’era proprio bisogno. Tutte le informazioni su: www.giornatedellalaicita.com

(11 aprile 2011)

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