L’assassino al funerale della vittima
di Felice Lima, Giudice del Tribunale di Catania
1. Le ragioni di questo scritto
Scrivo le cose dolorose che seguono solo perché credo che, anche in tempi terribili e in contesti molto degradati, a tutto ci debba essere un qualche limite.
E il comunicato emesso dalla Giunta Esecutiva Centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati ieri 23 gennaio 2009 (che si può leggere a questo link) supera francamente, a mio modesto parere, ogni possibile limite.
Esso, che incredibilmente si intitola addirittura “La chiarezza necessaria” (ma, in fondo “Pravda” – il titolo del più famoso quotidiano sovietico – non vuole forse dire “verità”?), contiene una tale quantità di mistificazioni e doppiogiochismi da imporre a ognuno che sia in grado di riconoscerli (e ogni magistrato lo è) di denunciarli, per non esserne complice e per rispetto al sacrificio di chi, per la giustizia è morto o ha perso l’ufficio o lo stipendio.
Questo terribile comunicato viene emesso il giorno dopo la pubblicazione della lettera di dimissioni dall’A.N.M. di Gabriella Nuzzi (che si può leggere a questo link) e dovrebbe servire a impedire che i contenuti di quella nobilissima lettera facciano capire a tutti cosa è l’A.N.M..
Preciso che non è in alcun modo mia intenzione qui offendere né polemizzare con nessuno e che scrivo queste cose solo per dovere di verità. Esse costituiscono esercizio del mio diritto di critica argomentata che fino a ieri (e spero ancora oggi e domani) era protetto dal precetto dell’art. 21 della Costituzione, che anche in tempi come questo dovrebbe costituire limite allo strapotere di ogni tipo di “padrone”, politico o corporativo.
Il mio scritto è lungo e me ne scuso, ma la storia è complessa e i mistificatori fondano le loro speranze di successo proprio nella complessità dei fatti.
Confido che ci siano ancora lettori disposti a fare la fatica dell’approfondimento, indispensabile per la comprensione di ciò che ci rende ciò che siamo diventati.
2. La “mistificazione cronologica”
In tutte le epoche della storia al funerale dei giusti hanno partecipato i complici degli assassini.
Tutti i regimi, tutti i crimini collettivi, tutti i “peccati sociali” sono stati commessi grazie alla complicità di tanti che il giorno dopo si sono sottratti a questa responsabilità.
E’ un doppio gioco che si fonda su quella che definirei una “mistificazione cronologica”, che sfrutta una peculiarità del modo con cui la mente umana archivia i fatti.
Dunque, “noi italiani” parliamo del fascismo in terza persona. Saremmo stati “vittime” del fascismo, che sarebbe stato altro da noi.
Mentre è evidente che, invece, siamo stati fascisti.
I tedeschi raccontano che Hitler ha ucciso sei milioni di ebrei. Ma Hitler quasi certamente materialmente non ne ha ucciso nessuno. A uccidere gli ebrei sono stati il capocondomino che ha redatto l’elenco dei condomini non ariani, il capostazione che li ha messi sul treno, il conducente del treno che li ha portati a Dachau, l’idraulico che ha aperto il gas nelle docce, eccetera.
Tutti costoro, il giorno dopo la caduta di Hitler, hanno dato la colpa a lui riuscendo a far si che non si parlasse di loro.
Grazie a questo espediente cronologico, essi possono oggi dirsi addirittura antinazisti.
Venendo a esempi più recenti, la magistratura associata riesce oggi a dirsi “amica di Falcone e Borsellino” e a commemorarne l’assassinio insieme a coloro che in vita Giovanni e Paolo li hanno perseguitati senza se e senza ma, isolati, sconfitti, eccetera.
Ieri, 23 gennaio 2009, la Giunta Esecutiva Centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati ha emesso un comunicato con il quale tenta per l’ennesima volta nella storia del mondo di sfruttare il deplorevole espediente della “mistificazione cronologica”.
Il passaggio più clamoroso di questo documento è, infatti, quello nel quale l’A.N.M. trova il coraggio di scrivere che a Catanzaro «Una indagine giudiziaria [quella di Luigi De Magistris] è stata prima ostacolata dal dirigente dell’ufficio e poi illegittimamente avocata dal procuratore generale».
Fantastico !
Così l’A.N.M. fra due anni (quando il passare del tempo avrà confuso le cronologie) si vanterà pure di avere denunciato con la “chiarezza” messa nel titolo del documento che l’avocazione di Favi fu illegittima e che il Procuratore capo di De Magistris ne ostacolò il lavoro.
Peccato che lo abbia fatto solo il 23 gennaio del 2009, dopo che De Magistris è stato ormai finalmente messo nella impossibilità di nuocere.
E peccato che l’avocazione di Favi sia stata eseguita – manu militari e peraltro con una tempistica molto preoccupante – IL 20 OTTOBRE 2007. Ossia, un anno e tre mesi fa !!!
Dove sono stati questi magistrati dell’A.N.M. in questi quindici mesi?
Perché hanno taciuto in ostinato e complice silenzio?
Eppure, l’illegittimità di quella avocazione è apparsa immediatamente evidente a tutti, tanto che il collega Antonio Ingroia, solo cinque giorni dopo (il 25.10.2007) l’ha definita “impensabile” ad Annozero; la stessa trasmissione nella quale il Segretario Generale dell’A.N.M. Cascini, il 18 dicembre scorso, ha fatto le sorprendenti dichiarazioni che tutti hanno udito e che si possono rivedere nei video che ho riportato in un articolo che si trova a questo ).
E, preso atto del colpevole silenzio serbato fino a ieri, per un anno e tre mesi, dall’A.N.M. su quelle vicende, non si può non prendere atto di come la condotta e le cose dette ad Annozero del 18 dicembre scorso dal suo Segretario ancora oggi in carica e, fra l’altro, il suo attacco ai colleghi di Salerno e, per contro, il silenzio assoluto da lui serbato su quanto accaduto a Catanzaro siano l’esatto opposto di ciò che viene scritto nel comunicato di ieri. Dal che la necessità che o si riconosca che il comunicato è una deplorevole ipocrisia furbescamente postuma o si faccia dimettere il Segretario Generale.
Intanto prendiamo atto che l’A.N.M. confessa finalmente “solo” un anno e tre mesi dopo che è accaduto ciò che tutto il resto del mondo denuncia dal giorno in cui è accaduto. E questa confessione fa astutamente, come si è detto, solo dopo che De Magistris è stato definitivamente “cacciato” e solo quando ormai la “denuncia” non servirà a null’altro che a tentare – paradossalmente – di fare apparire i vertici dell’A.N.M. – che NULLA hanno fatto mentre la “cacciata” avveniva – innocenti rispetto alla “cacciata” medesima.
Insomma: i complici degli “assassini” che un anno e tre mesi dopo il funerale scrivono una commossa commemorazione del “morto” sul bollettino della loro parrocchia.
Ma dinanzi alla gravità di quella avocazione che essi stessi qualificano oggi come illegittima, non avrebbero dovuto queste stesse persone assumere una onesta e cor
aggiosa posizione, quando essa era attesa e invocata da magistrati e cittadini?
E con che coraggio possono assumere oggi (che è inutile fino a essere offensiva) una posizione che hanno rifiutato di assumere quando sarebbe stata doverosa e preziosa?
3. I silenzi dell’A.N.M.
Nel comunicato di ieri che sto commentando si cerca di fare passare i silenzi dell’A.N.M. come frutto di una “tradizione consolidata” che sarebbe un valore positivo.
In realtà, si tratta di un evidente disvalore, frutto di una necessità “politica” dell’A.N.M., che discende dal coinvolgimento dei suoi principali protagonisti (i maggiorenti delle correnti) in tutte le vicende del potere interno.
L’A.N.M. non può assumere posizioni “vere” ed “efficaci” sui fatti gravi che riguardano la magistratura, perché in quei fatti sono coinvolti i suoi maggiorenti.
Dunque, l’A.N.M. parla poco perché parlare la esporrebbe al confronto e imporrebbe trasparenza.
Mentre l’A.N.M. è l’associazione sindacale o parasindacale più “silenziosa” di tutte.
Per scoprirlo, basterà andare sul sito dell’A.N.M. (a questo link) e constatare come sia un sito sostanzialmente “morto”, nel quale si trovano solo documenti dai contenuti del tutto generici e, quindi, sostanzialmente fumosi: diciamo, “propaganda”.
Basterà andare nel sito di qualunque altra associazione di qualsiasi genere e con qualsiasi obiettivo per fare il paragone fra la vitalità di chi ha interesse a farsi conoscere e chi, proprio al contrario, ha interesse a non parlare mai troppo chiaro e a non farsi scoprire.
4. La confessione paradossale
Nel comunicato si scrive anche che: «Magistrati professionalmente inadeguati o addirittura collusi con le diverse forme di potere illegale non hanno subito analogo rigore da parte degli organi disciplinari. Sulla vicenda di Catanzaro si è intervenuti in ritardo e in maniera inadeguata, lasciando nell’opinione pubblica e nei colleghi un senso di insoddisfazione e di incompiutezza. Una indagine giudiziaria è stata prima ostacolata dal dirigente dell’ufficio e poi illegittimamente avocata dal procuratore generale».
Bene, tutto questo è vero.
Ma è paradossale che a dirlo siano proprio i dirigenti dell’A.N.M..
Tutti, tranne loro, infatti, si chiedono (e da anni): ma costoro dov’erano quando è accaduto quello che loro fingono di denunciare?
E scrivo “fingono” di denunciare, perché, come sempre, la denuncia è anche in questo caso, oltre che inaccettabilmente tardiva (è come se io “denunciassi” che sono state le BR ad uccidere Aldo Moro: sai che “denuncia”), del tutto generica e non accompagnata, come invece sarebbe doveroso, da alcuna concreta iniziativa che possa far sperare che a ciò che si denuncia si voglia anche in quale modo provare a porre fine.
Quando mai loro hanno fatto qualcosa contro quello che oggi denunciano?
In definitiva, ciò che scrivono più che una denuncia finisce con l’essere, come ho detto, una confessione.
Il pianto dell’assassino al funerale della vittima.
E per fare uno dei tanti esempi concreti che potrebbero farsi di altre gravissime situazioni che meriterebbero una grande attenzione e sulle quali, invece, l’A.N.M. continua a tacere (adesso, però, sappiamo che un comunicato sarà emanato fra tre anni, quando non servirà più a nulla), basti citare qui la vicenda della quale dà dettagliata notizia Carlo Vulpio in un prezioso (come sempre) articolo del suo blog, che può leggersi a questo link.
Carlo Vulpio è uno dei giornalisti più documentati sulle vicende giudiziarie di Catanzaro e su quanto accaduto in questi ultimi mesi nella vicenda qui in discussione ha scritto sul suo blog quattro articoli decisamente inquientanti, che si possono leggere ai quattro link che seguono: “Vento forte tra Salerno e Catanzaro 1”, “Vento forte tra Salerno e Catanzaro 2”, “Vento forte tra Salerno e Catanzaro 3” e “Vento forte tra Salerno e Catanzaro 4”.
Dove si entra nel paradosso assoluto è nel brano del comunicato che sostiene: «Noi vogliamo proseguire, non con le parole ma con i fatti, in un percorso di rinnovamento della magistratura e dell’associazionismo, che porti al superamento delle logiche di appartenenza correntizia nel governo della magistratura e del corporativismo nel suo significato di difendere a tutti i costi qualsiasi condotta dei colleghi che non risponda a canoni di deontologia professionale».
Parole messe nero su bianco da chi è stato ed è nei posti chiave dell’«appartenenza correntizia», come loro stessi testualmente la definiscono.
Scrivono, poi, «proseguire … in un percorso di rinnovamento …» come se un tale percorso fosse mai stato avviato.
E il tutto mentre un consigliere del C.S.M., Fabio Roia di Unicost, senza che nessuno lo smentisca, si spinge solo la settimana scorsa a negare sui giornali addirittura che esista un problema di “correntismo” (cfr a questo link), dicendo cose come: “I detrattori delle correnti parlano invece di presunte degenerazioni, del fatto che certe nomine avvengano solo sulla base di appartenenze a questo o quell’altro gruppo. Dico che questo non è mai avvenuto perché noi nominiamo, ad esempio, procuratore della Repubblica una persona che sia meritevole della nomina, a prescindere dalla sua adesione o meno ad una corrente. La corrente, poi, è un veicolo di conoscenza del magistrato”.
L’A.N.M., per favore, informi il cons. Roia di quello che succede, evidentemente a sua insaputa, al C.S.M..
E chi vuole avere un esempio di come vengono fatte le nomine dal C.S.M. e di come il cons. Roia non dica la verità in quella intervista, legga, fra i mille casi che si possono citare, quello raccontato nei particolari nell’articolo a questo link, che riguarda proprio il caso della nomina di un socio di corrente del Consigliere Roia, fatta in palese e ostinata violazione di legge, con i voti di tutti i consiglieri di Unità per la Costituzione insieme ai consiglieri di nomina politica (quelli, per intenderci, di cui Berlusconi e Violante vorrebbero aumentare il numero). L’“ostinazione” di cui parlo sta nel fatto che Roia e i consiglieri di Unicost, pur essendo evidente l’illegittimità della nomina e pur essendo stata dichiarata tale anche dal TAR, hanno resistito nei loro intenti fino alla parola definitiva del Consiglio di Stato, che, per l’ennesima volta ha dovuto dire a tutti che il C.S.M.
agisce al di fuori della legge.
In ogni caso, se le cose avessero un senso, in un mondo normale e non “al contrario” come il nostro, i vertici dell’A.N.M., nel mentre confessano che «Magistrati professionalmente inadeguati o addirittura collusi con le diverse forme di potere illegale non hanno subito analogo rigore da parte degli organi disciplinari. Sulla vicenda di Catanzaro si è intervenuti in ritardo e in maniera inadeguata, lasciando nell’opinione pubblica e nei colleghi un senso di insoddisfazione e di incompiutezza. Una indagine giudiziaria è stata prima ostacolata dal dirigente dell’ufficio e poi illegittimamente avocata dal procuratore generale», dovrebbero o dire cosa di concreto – come dicono proprio loro «con i fatti e non con le parole» – hanno fatto per opporsi a tutto questo la cui gravità è sotto gli occhi di tutti o, prendendo atto che ne sono stati e purtroppo ne sono ancora a molti titoli politicamente complici, dimettersi.
5. Il pubblico ministero immaginario
Tutte le imposture per essere compiute richiedono una certa audacia e non poca sfrontatezza.
Nel comunicato dell’A.N.M. ne vengono profuse in quantità.
Il passaggio più surreale – diciamo il “surreale assoluto” – è quello che recita: «Così come riteniamo necessario che le indagini in corso non vengano obliterate ma siano condotte a termine senza indugi».
Qui è come se gli “assassini” al capezzale del morto dicessero: «Noi riteniamo necessario che lui risusciti».
Se non si dovessero piangere lacrime amare, ci si potrebbe abbandonare a una risata liberatoria.
Ciò che i vertici dell’A.N.M. autori del proclama qui in discussione sanno benissimo è:
1. che, rimosso Iannelli, capo della Procura Generale di Catanzaro torna ad essere ad interim il Favi autore della avocazione da loro stessi definita illegittima e ora indagato per corruzione in atti giudiziari dalla Procura di Salerno;
2. che i termini per la chiusura delle indagini preliminari a Salerno sono molto vicini alla scadenza;
3. che chiunque assuma la titolarità di quelle indagini dovrà leggere centinaia di faldoni di carte processuali, che i colleghi Apicella, Nuzzi e Verasani “masticavano” da tempo e conoscono benissimo.
Dunque, all’A.N.M. che, addirittura, «ritiene necessario che le indagini in corso non vengano obliterate» (e d’altra parte si tratta di una affermazione banalmente ovvia: c’è forse qualcuno che si sognerebbe di dire in pubblico che ritiene necessario che le indagini in corso vengano insabbiate?), bisogna chiedere: colleghi cari e chi le porterà avanti quelle indagini, un pubblico ministero con i poteri di Mandrake?
Quale immaginario inquirente avrà le capacità per studiare nel poco tempo che resta le carte del procedimento e il coraggio leonino per sfidare un C.S.M. che manda a casa senza stipendio in una settimana chi si permette di condurre quelle indagini in un modo che non gli piace?
In sostanza: cari colleghi dell’A.N.M., premesso che, in ipotesi, i colleghi di Salerno avrebbero potuto essere puniti con un procedimento disciplinare dai tempi “normali” (cioè di un paio d’anni come quelli della maggior parte degli altri magistrati), così da consentirgli per intanto di concludere le indagini che l’A.N.M. dice di non volere “obliterate” (ma usare parole più comprensibili no, vero?), averli “spazzati via” in un paio di settimane con le modalità di cui dirò qui appresso è secondo voi in qualunque modo compatibile con l’auspicio che le indagini vadano avanti? O non è proprio compatibile con un auspicio esattamente opposto?
E togliere addirittura lo stipendio al Procuratore Apicella (come se egli risultasse inidoneo già in sede cautelare anche a fare il consigliere di una sezione civile di Corte di Appello) ha o no una terribile efficacia intimidatoria nei confronti di chiunque prenderà il suo posto?
6. Il gioco delle tre carte delle responsabilità disciplinari
Anche i colleghi dell’A.N.M. sembrano comunque avere una qualche percezione del senso e degli effetti degli interventi dei loro soci di corrente del C.S.M. e, dunque, danno luogo nel comunicato all’ennesima mistificazione.
Scrivono, infatti: «Magistrati professionalmente inadeguati o addirittura collusi con le diverse forme di potere illegale non hanno subito analogo rigore da parte degli organi disciplinari. Sulla vicenda di Catanzaro si è intervenuti in ritardo e in maniera inadeguata, lasciando nell’opinione pubblica e nei colleghi un senso di insoddisfazione e di incompiutezza. Una indagine giudiziaria è stata prima ostacolata dal dirigente dell’ufficio e poi illegittimamente avocata dal procuratore generale. Comportamenti che certamente non possono giustificare le gravi e inaccettabili torsioni degli strumenti processuali che pure si sono verificate, ma sui quali sarebbe stato doveroso intervenire con altrettanto rigore e tempestività».
La parte che voglio commentare qui è quella in neretto.
I vertici dell’A.N.M. fanno da sempre in questa vicenda un orribile gioco delle tre carte, consistente nell’“entrare” e “uscire” dal merito delle vicende medesime.
A parole dicono costantemente – anche in questo comunicato – di non volerci entrare, ma poi ci entrano pesantemente. Bastino per tutti gli interventi del Segretario Generale Cascini ad Annozero (che, come detto, si possono rivedere nei video a questo ).
Qui le condotte dei colleghi De Magistris, Apicella, Nuzzi e Verasani vengono qualificate testualmente dai vertici correntizi dell’A.N.M. «gravi e inaccettabili torsioni degli strumenti processuali».
Dunque, non ci si può esimere dall’affrontare il merito di questa grave accusa.
Se De Magistris avesse commesso «gravi e inaccettabili torsioni degli strumenti processuali» sarebbe stato condannato dal C.S.M. per «gravi e inaccettabili torsioni degli strumenti processuali».
Invece è stato condannato dal C.S.M. con la sentenza che si può leggere tutta intera a questo link.
Si tratta di una sentenza la cui motivazione mi appare tecnicamente indifendibile (le osservazioni critiche mie e di altri si possono leggere a questo link). Ho pregato in tutte le sedi i miei colleghi – e anche quelli ai vertici correntizi dell’A.N.M. – di dire qualunque cosa su quella sentenza. A tutt’oggi non ho trovano nessuno, dico NESSUNO, che abbia preso la parola per difenderla in qualche modo.
Dunque, allo stato, non solo manca la prova che De Magistris abbia compiuto «gravi e inaccettabili torsioni degli strumenti processuali» ma abbiamo una sentenza del C.S.M. che contiene essa «gravi e inaccettabili torsioni degli strumenti» motivazionali. Basti per tutte il sostenere la tesi (con riferimento al Capo E di incolpazione) che “errore evidente” equivalga, nella lingua italiana e nella legge, a “errore grave”.
Delle eventuali responsabilità dei colleghi Apicella, Nuzzi e Verasani dirò quando avrò letto la motivazione
del provvedimento del C.S.M..
Escludo, comunque, che il brano del comunicato dell’A.N.M. che sto commentando si possa riferire con un qualche fondamento ai colleghi di Salerno, perché, in mancanza (non sono state ancora depositate) delle motivazioni del C.S.M., l’affermazione dell’A.N.M. che quei colleghi avrebbero commesso «gravi e inaccettabili torsioni degli strumenti processuali» sarebbe una del tutto gratuita presa di posizione nel merito della vicenda, che loro dicono di non aver mai voluto prendere.
Intanto, fino al deposito delle motivazioni (che ho il terrore di scoprire, per necessità di cose, ancora peggiori, sotto il profilo della fondatezza tecnica, di quelle della sentenza su De Magistris), ciò che possiamo giudicare sono solo le procedure seguite dal C.S.M. per mandare via nel più breve tempo possibile (il Presidente della Prima Commissione del C.S.M. Bergamo promise ai giornali “se non prima delle feste, entro l’anno”) i colleghi di Salerno, procedure che destano tutte le preoccupazioni di cui dirò appresso in ordine alla loro legittimità.
In ogni caso, intanto, si deve prendere atto che l’A.N.M. fa nel suo comunicato un altro gioco delle tre carte, consistente nell’esprimere valutazioni negative di merito contro i colleghi di Salerno, tacere delle valutazioni negative di merito che appaiono evidenti con riferimento alla condotta del C.S.M. e usare la decisione del C.S.M. – allo stato addirittura non ancora motivata (e non motivata in violazione da parte del C.S.M. del codice di procedura penale, che esige che i provvedimenti cautelari devono avere la motivazione contestuale ed essere depositati entro cinque giorni dalla deliberazione) – come “prova” (?!) della fondatezza delle censure di merito dell’A.N.M. ai colleghi.
Il paradosso assoluto.
Il suicidio morale di questa associazione.
7. Le illegittimità delle procedure seguite al C.S.M. contro i magistrati di Salerno
Delle procedure seguite dal C.S.M. contro i colleghi di Salerno ho scritto in un articolo dal titolo “Il C.S.M. da garante a carnefice dell’indipendenza dei magistrati”, che si può leggere a questo .
Mi limito, dunque, qui a una sintesi delle abnormità che in tanti abbiamo ravvisato:
1) apertura di un procedimento ex art 2 legge guarentigie, in violazione della legge medesima, che la consente solo per le ipotesi di fatti “non colpevoli”; l’illegalità di questa procedura nel caso di specie è evidente, clamorosa e inconcepibile;
2) la procedura, assurdamente, è ancora pendente; si ha dunque una procedura amministrativa – non “garantita” e ancora pendente – quando si aveva diritto a un processo che, peraltro, è già in corso;
3) in quella sede i colleghi sono stati indotti a difendersi e in relazione alla collega Nuzzi sono state indicate a comprova della sua asserita responsabilità disciplinare le dichiarazioni rese in quella sede (dichiarazioni il cui utilizzo in sede disciplinare appare palesemente illegittimo);
4) con riferimento ai colleghi diversi dal dr Apicella, non si capisce ai sensi di quali norme si sia agito in sede cautelare disciplinare, ossia se ex art. 13 o art. 22 della legge disciplinare (sono radicalmente diversi quanto a presupposti e sanzioni); i termini a difesa in ipotesi ex art 13 sono più lunghi; i colleghi sono stati convocati mercoledì per sabato, ovvero con soli 2 gg interi (cfr art 172 comma 5, c.p.p.) di intervallo, quindi forse con violazione del termine minimo a difesa; l’art 22, comma 2, pone un termine minimo inferiore a quello che si da a tanti delinquenti e un CSM con maggiore propensione garantista ben poteva dare un termine maggiore (cambiava molto se avessero avuto, per esempio, sette giorni per difendersi?);
5) tutta la procedura è stata fatta sui giornali, con continue “esternazioni” di Consiglieri del C.S.M. e i colleghi hanno appreso le notizie dall’ANSA prima che da comunicazioni ufficiali (ma a De Magistris non era stato contestato anche questo disciplinarmente, rilevando peraltro poi che, per De Magistris, l’accusa era infondata?);
6) Consiglieri del CSM hanno in molte occasioni anticipato giudizi alla stampa, sicché la loro imparzialità non è neppure ipotizzabile;
7) il C.S.M. non poteva procedere disciplinarmente d’ufficio, perché esso è il “giudice”; l’azione la devono promuovere il P.G. della Cassazione o il Ministro; il C.S.M. ha invocato sui giornali l’intervento di quelle autorità e anche i vertici dell’A.N.M. hanno chiesto sui giornali quell’intervento; questa cosa pregiudica ulteriormente la già difficile da ipotizzare imparzialità dei giudici e dell’A.N.M.;
8) ma c’è di molto peggio, perché, per le ragioni ampiamente spiegate nell’atto difensivo a questo link, il C.S.M. ha agito in mancanza di una richiesta rituale del Ministro, utilizzando come “richiesta” contro i colleghi diversi dal dr Apicella quella che era una “comunicazione” (quella di cui all’art. 14 della legge 109/2006), inviata, peraltro, al C.S.M. e non alla Sezione Disciplinare (si tratta di due “autorità” formalmente diverse e l’atto inviato all’una non legittima l’altra ad agire);
9) incomprensibilmente, il Procuratore Generale della Cassazione, a fronte della prospettata “guerra fra Procure”, ha chiesto provvedimenti cautelari solo contro il Procuratore Apicella e nessun altro;
10) nonostante non ci sia alcuna paragonabilità fra le condotte ascritte ai colleghi di Salerno (redazione con motivazione che non piace di un decreto confermato poi dal Tribunale del riesame) e quelle dei magistrati di Catanzaro (resistenza illegittima a un legittimo provvedimento giudiziario anche con l’adozione di un provvedimento – il c.d. “controsequestro” palesemente e sotto molti profili abnorme) i colleghi di Salerno sono stati sanzionati assai più di quelli di Catanzaro, perché al Procuratore Apicella è stato addirittura tolto lo stipendio, sospendendolo dalle funzioni: è tecnicamente sostenibile che la gravità dei fatti ascritti al Procuratore Apicella sia tale che, ai soli fini cautelari, egli non potesse neppure essere trasferito a una sezione collegiale di Corte di Appello? E questa sanzione così sproporzionatamente grave non ha uno straordinario effetto intimidatorio su chiunque si potesse sognare di prenderne il posto?
Tutto questo l’A.N.M. finge di non averlo visto.
Su tutto questo rifiuterà per sempre di dare una qualche risposta. Se costretta sotto tortura a una risposta, la rifiuterà dicendo … di non volere entrare nel merito !!!
Così si deve interpretare tutta la contorta e illogica prima parte del comunicato di ieri: «In quei documenti non vi è stato alcun riferimento al merito delle indagini, ma solo a profili attinenti alla professionalità e al metodo, tanto nei confronti dei colleghi di Salerno quanto di quelli di Catanzaro. Noi non plaudiamo alle sentenze di assoluzione e condanna e, a maggior ragione, in occasione di una decisione della sezione disciplinare. Non esistono dichiarazioni in tal senso dei dirigenti dell’associazione. Comprendiamo l’amarezza dei colleghi nei cui confronti sono state inflitte gravi sanzioni. Noi riteni
amo, tuttavia, che spetti solo agli organi istituzionalmente competenti stabilire, nel pieno rispetto delle garanzie procedurali, chi deve essere condannato o assolto e che sia sbagliato da parte della politica prendere spunto da queste vicende per preannunciare riforme».
Quanto al fatto che, come si sostiene nel brano del comunicato testé riportato, non ci sarebbero dichiarazioni di plauso alle sanzioni inflitte da parte di dirigenti dell’A.N.M. ci si deve chiedere come qualificare le dichiarazioni del Presidente Palamara, che dopo le sanzioni inflitte ai colleghi ha dichiarato ai giornali: «Prendiamo atto di come il sistema dimostra di avere gli anticorpi»; «E’ stata data una risposta sollecita di fronte a una vicenda delicata che è stata una pagina nera della giustizia. Non entriamo nel merito della decisione che rispettiamo».
Solo Palamara e i suoi soci di corrente e di A.N.M. possono sostenere che questo non sia un plauso alle sanzioni. Solo chi è così tanto abituato a distinguo fittizi, può sostenere che plaudire alla pronuncia di una sanzione e sostenere che essa ha costituito l’“anticorpo” non significhi anche approvare nel merito quella sanzione.
Se le cose stessero come sostiene – contro ogni buon senso ed evidenza – il comunicato dell’A.N.M., deve immaginarsi che essa avrebbe applaudito anche a una sentenza chennesò di condanna a morte di Apicella, dicendo: “Non entriamo nel merito della sentenza. Siamo lieti che una sentenza sia stata emessa”.
Mentre è ovvio che puoi essere lieto che una sentenza sia stata emessa solo se la puoi ritenere giusta. Se hai elementi per ritenerla non giusta, non devi gioire della sua emissione, ma dolertene grandemente. Perchè per chi fa il giudice, ma anche per chi fa qualunque altro lavoro, una sentenza è “una cosa buona” solo quando è giusta. L’idea che una sentenza possa essere buona in ogni caso, anche se sbagliata, possono averla solo il collega Palamara e i suoi compagni di corrente e di Giunta dell’A.N.M. e solo perchè è funzionale oggi alla loro politica, anche a costo di violentare ogni tipo di logica.
8. La finta “necessità politica”
Il brano riportato da ultimo contiene, nelle ultime righe, un’altra inaccettabile mistificazione.
Si cerca di giustificare quanto si è fatto cercando di dare a intendere che in ogni caso si dovrebbe stendere un velo pietoso sulla condotta del C.S.M. e dell’A.N.M. perché esse sarebbero giustificate dalla necessità di evitare che il potere politico traesse spunto dalla vicenda di Catanzaro per fare le minacciate riforme.
Si vuole dare ad intendere, in sostanza, che se in danno dei colleghi di Salerno si fossero fatte delle “forzature” e delle illegittimità, ciò sarebbe stato fatto per il nobile fine di togliere alibi al potere politico per la minacciata riforma.
Ma è, invece, di tutta evidenza che il potere politico farà le riforme che ha minacciato, perché esse sono funzionali ai suoi disegni di potere. Ed è altrettanto evidente che non sono i fatti di Catanzaro a fornire alibi al potere. Quegli alibi, purtroppo, glieli fornisce, invece, l’indifendibilità del nostro autogoverno.
Ci si deve chiedere, infine, con quale audacia i vertici dell’A.N.M. scrivono che il loro «pensiero va in particolare ai familiari delle vittime della mafia, ai ragazzi di Locri e più in generale a tutti coloro che per questa causa hanno sacrificato la propria vita e che per noi sono costante punto di riferimento».
Ma i vertici dell’A.N.M. dove li hanno mai visti e sentiti “i ragazzi di Locri” e con che coraggio li menzionano nel mentre ne tradiscono clamorosamente le speranze? Lo slogan dei ragazzi di Locri – “E adesso trasferiteci tutti” – fa riferimento, infatti, proprio all’ingiusto trasferimento di De Magistris.
Ma chiedere un minimo di pudore è troppo?
Come possono mai questo autogoverno e questa A.N.M. chiedere il sostegno dell’opinione pubblica contro un potere politico che non può che gioire per l’oggettivo vantaggio che trae dalla condotta proprio di questo C.S.M. e di questa A.N.M.? La “malapolitica” ha chiesto strillando che i colleghi di Salerno venissero fermati lo stesso giorno delle perquisizioni e mentre queste erano ancora in corso. In un tempo record (magari tutti i processi fossero così fulminei) è stata accontentata. Perché mai l’opinione pubblica dovrebbe credere che il C.S.M. e l’A.N.M. siano un baluardo contro il “potere” e difenderne l’indipendenza (che allo stato non traspare proprio da nulla) dal “potere”?
9. Il gioco delle tre carte complessivo nella vicenda di Salerno
Per concludere, è indispensabile una ricostruzione estremamente sintetica dello “schema di gioco” che è stato seguito nella dolorosa vicenda di cui si occupa il proclama di ieri dell’A.N.M..
I punti logici e cronologici in cui si è articolato lo schema sono i seguenti:
1) le indagini di De Magistris vengono fermate in maniera illegittima (da ieri, finalmente e dopo che siamo sicuri che De Magistris non possa più nuocere, lo dicono anche quelli dell’A.N.M.): avocazione illegittima e illegittima interferenza del Procuratore Capo;
2) sulla illegittimità di questa interferenza tutti tacciono e l’A.N.M. “fa finta di niente” quando sarebbe dovuta intervenire e duramente, salvo poi venire a confessare – senza le coerenti inevitabili dimissioni e quando ormai non serve più a nulla – che «magistrati professionalmente inadeguati o addirittura collusi con le diverse forme di potere illegale non hanno subito analogo rigore da parte degli organi disciplinari. Sulla vicenda di Catanzaro si è intervenuti in ritardo e in maniera inadeguata, lasciando nell’opinione pubblica e nei colleghi un senso di insoddisfazione e di incompiutezza»;
3) De Magistris viene punito e trasferito con una sentenza del C.S.M. tecnicamente indifendibile, della quale ho già detto sopra; e anche su questo l’A.N.M. ha taciuto complice;
4) la Procura di Salerno avvia delle indagini su quanto accaduto e, non ottenendo atti che la Procura Generale (titolare illegittima dell’indagine, perché, se, come sostiene ormai anche l’A.N.M. – il che è quanto dire –, l’avocazione è illegittima, illegittima è conseguentemente la titolarità di quelle indagini in capo a quella Procura Generale e l’A.N.M. dovrebbe chiedere che esse tornino all’ufficio che legalmente le dovrebbe avere) le nega, dispone perquisizioni e sequestri ritenuti legittimi dal competente Tribunale del riesame;
5) subito – il giorno delle perquisizioni – insorge la malapolitica, che sui giornali strepita contro la Procura di Salerno, chiedendo che la si fermi;
6) l’indomani la Procura di Catanzaro fa l’assurdo e paradossale “controsequestro” del quale ho scritto nel mio articolo che ho citato sopra (e che si può leggere a questo );
7) la malapolitica e la malastampa si inventano il “conflitto fra Procure”, mentre invece si tratta di una Procura che procede ad atti legittimi (confermati, infatti, dal competente Tribunale del riesame) e di indagati (“i
ndagati”, non “procure”) che resistono illegittimamente;
8) la tesi del “conflitto fra Procure” è come l’uovo di colombo, perché offre a tutti e anche all’A.N.M. l’alibi per dire che loro non vogliono “entrare nel merito” e che vogliono solo “sedare un conflitto”;
9) l’A.N.M. emette il comunicato del 10.12.2008, che si può leggere a questo link; si tratta di un comunicato poco chiaro, che nasconde tutto sotto una cerchiobottistica neutralità falsa e strumentale;
10) ma il 18 dicembre ci pensa il Segretario Generale dell’A.N.M. Cascini a svelare l’ipocrisia, andando ad Annozero, dove spara – scusate il bisticcio, ma va detto “a zero” – nel merito e solo contro i colleghi di Salerno; dovendosi escludere che Cascini sia uno sprovveduto, la sua condotta corrisponde a una precisa strategia politica: partiti con l’alibi della “guerra fra Procure”, si va verso l’epurazione dei soli salernitani;
11) e infatti il Procuratore Generale della Cassazione chiede il trasferimento cautelare del solo Procuratore Apicella; l’accusa al C.S.M. viene sostenuta dal dr Giovanni Palombarini, magistrato di grande prestigio ed esponente di primissimo piano di Magistratura Democratica;
12) il C.S.M. procede con le illegittimità di cui ho già scritto sopra, nel più totale silenzio complice dell’A.N.M.;
13) il C.S.M. e l’A.N.M. pregano accoratamente e ripetutamente il Procuratore Generale della Cassazione e il Ministro della Giustizia di chiedere sanzioni contro i nostri colleghi, alla faccia della imparzialità del giudice – il C.S.M. – e della “neutralità nel merito” che non si comprende come l’A.N.M. ancora provi a sbandierare nel comunicato di ieri;
14) il Ministro comunica al C.S.M. di avere chiesto al P.G. della Cassazione di procedere disciplinarmente nei confronti di tutti – salernitani e Catanzaresi – e chiede che si tolga lo stipendio al solo Apicella (vai a capire perché gli si deve togliere lo stipendio e vai a capire perché solo a lui);
15) il C.S.M. fa quello che abbiamo visto;
16) la collega Nuzzi dà le dimissioni dall’A.N.M.;
17) l’A.N.M., questa A.N.M., fa il comunicato di ieri che sto commentando.
Come ho detto all’inizio, credo davvero che ci debba essere un limite a tutto.
Scrivere quello che ho analizzato e commentato fin qui e addirittura intitolarlo «La chiarezza necessaria» mi sembra francamente al di là di tutto.
In ogni caso, questa è “la magistratura”, questo è il suo “autogoverno”, questa la sua associazione.
Il sacrificio di Luigi, Gabriella, Dionigio e Luigi ha avuto, fra gli altri, questo ulteriore merito: fare apparire tutto per ciò che è.
Ogni persona di buona volontà, ogni magistrato con un’anima, da oggi non potrà più dire di non saperlo o di non averlo capito.
(26 gennaio 2009)
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